CONTINUA A VOLGERE NEGATIVAMENTE
L'ECONOMIA EUROPEA: come mai a guadagnare sui
mali altrui è solamente la Germania ?
La… certificazione viene dal Ministero del lavoro: i licenziamenti crescono del 7,4%. Molti sono contratti a tempo determinato, ma anche quelli a tempo indeterminato pure ancora in crescita sembrano agli… ultimi fuochi in attesa di novità. Non e’ una fotografia della occupazione che può sorprendere: il rallentamento economico non è il frutto di menti preconcette ma è solo semplice realtà. E questa volta non c’è spazio per trasmigrazioni dalla precarietà a lavoro stabile. Ora bisogna attendere la riapertura completa delle attività economiche per capire cosa veramente sta accadendo.
Non ci sono solo i rischi di ulteriori licenziamenti e le chiusure di imprese, ma anche le richieste di mobilità (anticamera della risoluzione del rapporto di lavoro) e la cig straordinaria a far paura. La speranza è che si segua un percorso fisiologico, il timore che si vada oltre. In ogni modo appare fuori luogo sostenere che tutto va bene. Un ottimismo svincolato da dati di fatto convincenti non incanta nessuno.
Renzi ripete che c’è molto da fare. Giusto, è il molto che fatica a emergere
ANTONIO MAGLIE, giornalista
Diventa utile provare a cercare le cause reale di questa situazione (sociale ed economica) individuando anche le responsabilità.
Partiamo dal turn over. È evidente che lo “scalone” pensionistico creato da Elsa Fornero ha prodotto un impazzimento del sistema, cosa, peraltro, prevedibilissima se la situazione fosse stata valutata con attenzione. Al contrario Mario Monti e la ministra erano interessati più a trasferire in Italia gli “ordini di Bruxelles”, a ripetere, come si diceva un tempo, a “pappagallo” le lezioni loro impartite dagli euroburocrati, che a fare i conti con gli interessi dell’Italia e degli italiani. Le conseguenze di tutto questo le stiamo ancora pagando, esodati compresi.
Non è dunque colpa degli anziani se non vanno in pensione né si può chiedere loro di rinunciare a quelli che vengono definiti diritti acquisiti (contro cui molti puntano il dito pronti, contemporaneamente, a guerreggiare sino alla morte per difendere i propri) senza prendere in considerazione gli aspetti, come dire, morali sintetizzati in questa semplice domanda: si può chiedere a chi ha subito già un danno (la pensione ormai a portata di mano ma in una notte spostata cinque anni più avanti) di accettare un altro danno (il taglio dell’agognato assegno nelle diverse e fantasiose forme che verranno messe a punto)? Se si nasconde tutto questo dietro la formula (utilizzata in maniera demagogica) della difesa dei diritti acquisiti (cioè della difesa di posizioni corporative e di rendita) non si rende un buon servizio all’informazione.
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