Da L'Osservatore
Romano (di MANUEL NIN)
Dall’antica Siria un’omelia per la Natività della Madre di Dio
Oggi il mondo invecchiato accoglie gli inizi di una seconda creazione
La festa della Natività della Madre di Dio è la prima nel calendario liturgico bizantino.
Di questa parlano alcune omelie patristiche di tradizione greca, soprattutto quelle di due autori contemporanei tra di loro, ambedue di origine siriaca: Giovanni Damasceno e Andrea di Creta, di cui è importante la prima delle sue omelie sulla festa odierna. Andrea nacque nella seconda metà del VII
secolo a Damasco, e divenne monaco a Gerusalemme presso il Santo Sepolcro. All’inizio
dell’VIII
secolo fu nominato vescovo di Gortina nell’isola di Creta; morì verso il 740.
La figura della Madre di Dio occupa un posto rilevante nella sua riflessione
teologica, legata sempre al mistero dell’incarnazione del Verbo e svolta in
quattro omelie sulla Natività di Maria, in una sull’Annunciazione e in tre
sulla Dormizione.
Andrea
inizia la prima omelia mettendo l’accento sulla completezza o, se si vuole,
sulla perfezione del mistero: «La celebrazione odierna è per noi l’inizio delle
feste; è la prima per quanto riguarda la Legge e l’ombra, ma in realtà è anche
l’inizio per quanto riguarda la grazia e la verità. Inoltre è anche centrale e
finale, poiché essa contiene l’inizio che è il passaggio della Legge, il centro
che è il collegamento degli estremi, e la fine che è la manifestazione della
verità». Andrea presenta subito i due pilastri su cui si fonda il suo discorso,
cioè la celebrazione della natività di Maria da una parte e il suo collegamento
col mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio dall’altra: «Questo è l’insieme
dei benefici di Cristo verso di noi, questa è la manifestazione del mistero: la
natura rinnovata, Dio e uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto».
L’espressione
«natura rinnovata» adoperata qua da Andrea deve essere vista in riferimento
alla natura umana rinnovata grazie all’incarnazione, benché una variante
testuale sia «natura spogliata», con un riferimento alla natura divina fattasi
piccola, svuotata, sulla base della lettera ai Filippesi (2, 9).
La festa della Natività di
Maria è segnata dalla gioia, tema che si trova ripetutamente sottolineato nei
testi della liturgia bizantina. È una gioia che per Andrea scaturisce sì dalla
nascita della Madre di Dio, ma sopratutto dal suo collegamento con l’incarnazione
del Verbo: «E tuttavia, al soggiorno di Dio fra gli uomini
splendido
e luminoso, bisognava che ci fosse anche un inizio di gioia, attraverso la
quale il grande dono della salvezza cammina verso di noi. Questo giorno gradito
a Dio, il primo delle feste, portando sul capo la luce della verginità e come raccogliendo
una corona di fiori illibati dai pascoli spirituali della Scrittura annuncia la
gioia comune a tutta la creazione dicendo: Abbiate fiducia, la celebrazione è
per il genetliaco ma anche per la rigenerazione della stirpe umana. Ora una
vergine è generata, nutrita e plasmata, ed è preparata come Madre di Dio».
Andrea sviluppa poi il
parallelo tra Maria e Davide, con uno sfondo cristologico chiaramente ispirato
al concilio di Calcedonia: «Colei che discende da Davide ha
riunito per noi, insieme a Davide, quest’assemblea spirituale: l’una, come
Madre di Dio, presentando la sua nascita donata da Dio; l’altro mostrando la buona fortuna della
sua stirpe e la straordinaria familiarità di Dio con gli uomini. Mirabile
prodigio! L’una s’interpone fra l’altezza di Dio e la piccolezza della carne, e
diventa madre del suo creatore; l’altro
profetizza il futuro come già presente».
Andrea presenta poi
colei che generò la Parola eterna fattasi carne: «Celebriamo in modo
conveniente il mistero di questo giorno, e presentiamo in dono alla madre della
Parola
proprio
le parole, dato che a lei null’altro è caro se non la parola e l’onore che
viene dalle parole». La liturgia bizantina — e anche Andrea nella sua
omelia ne è testimone — sottolinea i diversi ruoli che Maria stessa e Anna sua
madre svolgono nella celebrazione odierna: sterile, donna, vergine, madre. «Le
sterili accorrano con slancio, poiché colei che era sterile e senza figli ha
generato la vergine del Figlio divino. Le madri esultino, poiché la madre senza
prole ha partorito la madre e vergine pura. Le vergini gioiscano, poiché
la
terra non seminata ha prodotto mirabilmente colui che deriva dal Padre senza
mutamento. Le donne si facciano forza poiché la donna, che anticamente con
leggerezza diede inizio al peccato, ora ha introdotto la primizia della
salvezza, e si mostra come eletta da Dio: madre che non conosce uomo, scelta
dal creatore e restaurazione della nostra stirpe».
L’autore
continua il suo testo con una lunga serie di frasi che iniziano con la parola
«oggi», dove presenta in modo sintetico e con immagini bibliche molto
suggestive, il ruolo della Madre di Dio nel mistero della salvezza, e applica a
Maria tutta una serie di titoli che verranno accolti dalla tradizione liturgica
bizantina: «Oggi è stato edificato il santuario creato dal creatore di tutte le
cose, e la creatura diventa per il creatore sua divina dimora. Oggi la natura prima
ridotta a terra è divinizzata e la polvere si innalza verso la gloria suprema.
Oggi Adamo, che presenta per noi a Dio la primizia che proviene da noi, gli
offre Maria; e per mezzo di lei la primizia diventa pane per la rigenerazione
della stirpe.
Oggi
la genuina nobiltà degli uomini riceve di nuovo il dono della prima divinizzazione.
Oggi la natura generata, rimanendo unita alla madre di colui che è il più
bello, riceve il fulgore della bellezza. Oggi la sterile [Anna] è scoperta come
madre al di là di ogni speranza, e a sua volta la madre di un figlio senza
padre [Maria] rende sante tutte le generazioni.
Oggi
inizia la rigenerazione della nostra natura, e il mondo invecchiato accoglie
gli inizi di una seconda creazione da parte da Dio».
Per
Andrea di Creta Maria partorisce senza le doglie del parto; non per mettere in
dubbio la realtà dell’incarnazione del Verbo di Dio – il testo sottolinea
appunto che Maria allatta il figlio – ma per preservarne la verginità anche
dopo il parto: «Egli era Dio, anche se scelse di essere generato carnalmente,
ma senza le doglie: in modo che da una parte ella, la madre, evitasse ciò che è
proprio delle madri, pur nutrendo con il latte colui che aveva generato senza
opera d’uomo; e in modo che dall’altra ella, la vergine, partorendo senza seme
una prole, rimanesse vergine casta».
Andrea
prosegue con un bel paragone tra la creazione di Adamo dalla terra vergine, e
la ricreazione della stirpe umana da una madre vergine: «Il redentore del
genere umano volendo presentare una nuova generazione, come prima plasmò il
primo Adamo avendo preso del fango dalla terra ancora intatta e vergine, così
anche ora operando da se stesso la sua propria incarnazione scelse da tutta la
natura umana questa vergine pura e immacolata: e l’artefice di Adamo diventò
nuovo Adamo affinché quello nuovo ed eterno salvasse l’antico». Andrea, infine,
conclude la sua omelia esortando a imitare coloro che per noi sono dei modelli,
cioè Gioacchino e Anna, genitori della Madre di Dio: «Se fra voi qualcuno è
padre, imiti il padre della vergine. Se una madre sta allattando, gioisca con
Anna, che dopo la sterilità allatta la fanciulla. Se c’è una vergine casta,
divenga madre della Parola, ornando con la parola la fermezza della sua anima».
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