Damasco, la capitale siriana, oggi araba ed islamica, è stata la culla del primo
cristianesimo, la città dove l’apostolo Paolo è rimasto folgorato dall’amore di
Dio. I cristiani in Siria, dopo essere stati maggioranza fino al 700 d.c., sono una minoranza frastagliata tra fedi e chiese mentre
gli islamici costituiscono (costituivano ?) una maggioranza apparentemente tollerante. Nel paese
non esistono invece se non 30 ebrei
rimasti dopo le persecuzioni e gli esodi della seconda metà del Novecento.
Prima dell’esplodere della guerriglia anti governativa esisteva fra le
religioni una convivenza dettata dall’abitudine. I venti del fondamentalismo hanno però spirato pure qui
ed il governo autoritario di Assad non è riuscito a “tenersi fuori”.
Per conoscere la Siria, quella del deserto, delle montagne, dei grandi siti
archeologici, dei gruppi etnici e religiosi ci vorrebbero anni. Esistono
piccole comunità dove ancora oggi si parla l’aramaico, la lingua materna di
Gesù.
Nelle città antiche fra reticoli disordinati, pittoreschi e nello stesso
tempo confusi di strade, chiese, mosche e un tempo pure sinagoghe si aprono stradoni
di tipo sovietico addobbati di faccioni del presidente. Oggi Damasco, prima
culla del Cristianesimo, si presenta come una città senza nulla di speciale per
i cristiani se non i ricordi, la Storia.
Nella Moschea degli Omayyadi si venera la testa di Giovanni il Battista e le
donne cristiane velate di nero si distinguono perché fanno il segno della croce.
Nella cosiddetta Casa di Anania è facile cogliere che in realtà si tratta di
una costruzione del tempo dei crociati.
Il quartiere ebraico è abbandonato e nessuno –ancor meno le guide
turistiche- ha intenzione di parlare di ebrei. L’apostolo Paolo è, qui,
considerato un arabo, al limite un romano.
Tra le montagne dell’Antilibano non lontano da un confine di guerra sorgono luoghi
come il monastero di Deri Mar Musa.
La Siria religiosamente plurale, in questi lunghi mesi di guerra fomentata
da guerriglieri islamici che però dispongono di moderne armi occidentali fornite dall'America di Obama, ha
finora visto scappare dalle abitazioni oltre 500 mila cristiani (su un totale di 1,5 milioni). Scappano,
hanno paura. Costituivano l'8% della popolazione, prevalentemente ortodossi e
questo spiega, almeno in parte, l’appoggio al governo Assad di Putin e spiega
chiaramente l’auspicio di Pace di Papa Francesco.
Nel Medio Oriente una
percentuale di cristiani così consistente la si ha solamente in Libano ed in
Egitto.
E’ stata comunque una sfida quella di essere cristiani in Siria sotto il
governo di Assad, non perché manchi la libertà di esserlo, ma perché i
cristiani sono pochi, una minoranza e peraltro frastagliata. Il monastero di
Deir Mar Musa è un monastero del VI secolo dedicato al santo Mosè l’Abissino,
ricostruito, distrutto, decorato e abbandonato nei secoli a 1320 metri sul
livello del mare. Un luogo di devozione che ha iniziato una nuova vita
cristiana in perfetto stile siriano, mescolando culture e fedi. È un esempio
per tutti, soprattutto per gli occidentali che cercano di immergersi nel
profondo del mare delle religioni.
Molti cristiani occidentali si sono innamorati della Siria sin dagli anni
80 è lì sono rimasti immersi fra la miriade di fedi cristiane che a stento,
prima dell’attuale situazione di guerra civile, raggiungevano un milione
e mezzo di credenti dispersi in mezzo ai musulmani, divisi come dicevamo in decine di
denominazione orientali che si confondono fino ad essere, in verità, uguali fra
loro e -al punto- che spesso usano, si prestano le rispettive chiese. Non è un problema di
ecumenismo. Il dialogo teologico che si attorciglia sul filo di
capello non c’è, non esiste, tra le numerose Chiese di Damasco e le loro gerarchie: in
Siria i cristiani vivono insieme e basta.
La Chiesa plurale di Siria ha il suo
simbolo in San Paolo.
Il presidente-dentista Assad ha finora tenuto molto alle minoranze e i cristianti -in
questo frangente che sta vivendo il paese- non nascondono di preferire l’attuale regime
rispetto ad una “primavera araba” che potrebbe peggiorare il loro stato, come
già accaduto in Tunisia, Libia ed Egitto.
D'altronde per Assad le minoranze cristiane sono
il passaporto per essere accettato dall’occidente.
I luoghi sacri per i cristiani spesso lo sono anche per i musulmani, come il
Monastero di Seidnaya.
Fino a quando la Siria riuscirà ad essere laica, fino a quando il regime di
Assad considererà importante difendere le minoranze, i cristiani non rischiano
di fare il destino degli ebrei rimasti in 30 in un paese dove erano parte
significativa della popolazione.
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