Il Pd è peggio del Pdl, afferma nell’aula di Montecitorio un oratore dei Cinquestelle, Di Battista. E la presidente Boldrini subito lo interrompe: non offenda. Tre volte - non offenda, non offenda, non offenda - per sottolineare la gravità inaudita del paragone. Dopo avere consultato l’ufficio Arrampicata sugli Specchi siamo pronti a credere alla teoria dell’equivoco: l’imperativo che Boldrini ha intimato con la consueta voce marmorea dai riflessi color ghiacciolo era rivolto al tono del Di Battista più che al contenuto. Altrimenti dovremmo pensare che il nome di uno dei partiti rappresentati alla Camera da lei presieduta sia da considerarsi un insulto. «Pdl a me? Badi come parla: Pdl sarà sua sorella». «Sai che hai proprio una bella faccia da Pdl?». Oppure uno spauracchio da utilizzare con i bambini più impressionabili. «Se non mangi la verdura, da adulto diventerai un capogruppo del Pdl». «Se non smetti di piangere, chiamo una Pdl con la faccia di plastica e la scopa di pitone».
Naturalmente ciascuno può avere sul Pdl l’opinione che crede. Berlusconi, per dire, ne ha una talmente pessima che ha deciso di rottamarlo. Però rimane il fatto che alcuni milioni di italiani lo hanno votato. Questo accidente, piuttosto frequente in democrazia, non giustifica - per quanto ne so - un trattamento preferenziale per qualche leader di quel partito che eventualmente incappasse in una sentenza di condanna definitiva. Ma dovrebbe indurre i rappresentanti delle istituzioni a una forma elementare di rispetto. Dire che il Pd è peggio del Pdl non è un insulto. Anche se, dal punto di vista politico, non è nemmeno un complimento.
BARAK OBAMA, presidente Usa
“Assad ha ucciso con i gas oltre mille persone”.
FERRUCCIO DE BORTOLI, direttore del Corriere della Sera
Assad pronto a mostrare arsenali chimici e a bloccare la produzione
PAPA FRANCESCO, nella lettera a Scalfari
"La fede, per me, è nata dall'incontro con Gesù. Ma senza la Chiesa non avrei potuto incontrare Gesù".
Estratto
Pregiatissimo Dottor Scalfari, è con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere alla lettera che, dalle pagine de "La Repubblica", mi ha voluto indirizzare il 7 luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello stesso quotidiano il 7 agosto". Inizia così la lettera che papa Bergoglio ha indirizzato al giornale e che il quotidiano pubblica nella sua edizione oggi in edicola.
"Mi pare dunque sia senz'altro positivo - prosegue papa Francesco - non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù". Un "dovere" al dialogo che Bergoglio fa nascere da quello che definisce "un paradosso", che "la fede cristiana, simbolo della luce, lungo i secoli della modernità sia stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d'ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d'impronta illuminista, dall'altra, si è giunti all'incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro".
E per chi cerca "di seguire Gesù nella luce della fede" - spiega - "questo dialogo è una espressione intima e indispensabile del credente. La fede, per me, è nata dall'incontro con Gesù". Ma - aggiunge - senza la Chiesa non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell'immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d'argilla della nostra umanità".
Quindi papa Bergoglio risponde a due dei temi chiave che il laico Scalfari aveva posto: "Mi pare che ciò che Le sta a cuore è capire l'atteggiamento della Chiesa verso chi non condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che - ed è la cosa fondamentale - la misericordia di Dio non ha limiti... La questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza".
"Nell'ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio.
"Mi pare dunque sia senz'altro positivo - prosegue papa Francesco - non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù". Un "dovere" al dialogo che Bergoglio fa nascere da quello che definisce "un paradosso", che "la fede cristiana, simbolo della luce, lungo i secoli della modernità sia stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d'ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d'impronta illuminista, dall'altra, si è giunti all'incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro".
E per chi cerca "di seguire Gesù nella luce della fede" - spiega - "questo dialogo è una espressione intima e indispensabile del credente. La fede, per me, è nata dall'incontro con Gesù". Ma - aggiunge - senza la Chiesa non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell'immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d'argilla della nostra umanità".
Quindi papa Bergoglio risponde a due dei temi chiave che il laico Scalfari aveva posto: "Mi pare che ciò che Le sta a cuore è capire l'atteggiamento della Chiesa verso chi non condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che - ed è la cosa fondamentale - la misericordia di Dio non ha limiti... La questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza".
"Nell'ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio.
Dio - risponde Bergoglio - non è un'idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell'uomo... non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell'uomo sulla terra, l'uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l'universo creato con lui".
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