Ieri, un
amico scherzando mi disse: “tu cerchi in ogni evento elementi di
socialismo”.
Può
darsi che nella battuta scherzosa egli abbia avuto più di una ragione, purchè
per socialismo egli non si sia riferito a modelli di stampo comunistoide, da me
sempre aborriti, ma ad umanesimo, all’uomo prima di qualsiasi altra idea, alla
socialdemocrazia.
Il liberismo, oggi condiviso da chi è stato comunista: D'Alema, Veltroni, Bersani, Violante ...
La
fase storica che stiamo attraversando non è una crisi ordinaria di quelle che
capitano ciclicamente ogni ventennio e che hanno la funzione di stabilizzare il
sistema, ma configura una grande transizione della storia dell’uomo quando ad
un modello culturale collassato ne subentra un altro; il cambiamento che stiamo
vivendo è in un certo senso di quelli inscritti nell'agenda della storia.
La
sensazione è che stia finendo il paradigma culturale di tipo tecnico-razionale
che ci ha portati al pensiero unico liberista e al principio di verità fondato
sull’idea incontrovertibile che la verità è solo ciò che si vede, si tocca e si
misura, di conseguenza la dimensione più intima e spirituale dell’uomo, in
quanto non misurabile è ritenuta non vera e pertanto emarginata dal dibattito.
Il passaggio finale di questa
visione razionalista è stata l’estensione del paradigma anche all’economia, una
scienza sociale, che ha finito per essere studiata con l’abito mentale delle
scienze positive cioè solo sui fatti misurabili ed indipendentemente dalla
natura dell’uomo; l’economia da sapere tecnico ha assunto lo statuto di sapere
morale – è divenuta verità incontrovertibile – è divenuta un fine (spread, pil,
borsa, …) mentre l’uomo che era “fine” è diventato “mezzo”.
Assurdamente
l’economia è divenuta il fondamento primo della società di quest’ultimo
ventennio.
L’incremento
dell’economia, di conseguenza, va realizzato come fine supremo perché ne
consegue naturalmente (così ci viene detto) il miglioramento della società
espresso dai principi universali di libertà, uguaglianza, solidarietà – bene
comune - e addirittura di felicità.
Il
modello sociale che si propone di estendere ed accrescere l’economia è il liberismo, termine che pone come fine
la massimizzazione del profitto individuale – l’opposto della
"societas".
Una
volta definito lo scopo i mezzi, ossia gli uomini, lo devono realizzare nel
migliore modo possibile.
Come siamo arrivati a togliere l’uomo dal
centro dell’attenzione sociale per trasformarlo in mezzo ?
1) Prima fu la
deregulation di Reagan
2) poi la finanziarizzazione dell’economia reale con tanta "carta straccia" rifilata nelle borse
3) dopo la caduta del muro di Berlino, fatto ovviamente positivo ma sfruttato non a fini sociali ma di profitto.
Tutti questi passaggi sono serviti allo scopo.
L’assurdo
è che da un bel po’ di anni pur di legittimare questa verità (l’uomo è uno strumento dell’economia)
con autorevolezza si lasciano fioccare i premi nobel solo sui teorici del
pensiero unico liberista, sui cantori del “mercato infallibile e
razionale”. Asserzione falsa e ben nota,
se è vero che negli ultimi 20 anni i derivati (ricchezza finta, inesistente) da 1/20 del Pil
mondiale sono diventati venti volte tanto e il 96% di essi sono in mano solo
a 5 grandi banche.
Il liberismo
senza regole, –oggi dominante- valorizza
1) la illimitata e suicida avidità dell’uomo e
2) il
principio (dominante nella natura umana) secondo cui il più forte deve dominare
sempre gli altri.
Se il concetto di democrazia esprime il dovere di dover rafforzare i
valori di uguaglianza, di libertà e di solidarietà ed invece nell’attuale contesto
produce un risultato opposto, cioè massima disuguaglianza, privazione della
libertà mediante crescenti bisogni ed un individualismo conflittuale esasperato ben lontano dalla
solidarietà, significa che siamo arrivati al suo fallimento storico. Cosa che non deve invece avvenire !
Questa crisi che stiamo vivendo
dal 2008 è stata determinata da uomini non da eventi naturali ed imprevedibili
e questi uomini si sono spesso laureati nelle università di (ex) eccellenza, dove spesso insegnano gli insigniti del premio "Nobel" per l'economia.
Quali valori si insegnano in
quelle università? Quali responsabilità hanno i maestri di quegli uomini che ci
hanno messo in questa drammatica situazione? Costoro sono ancora lì e
pontificano contro l’unica alternativa democratica al pensiero unico liberista,
quella socialdemocratica..
Alternativa
Non è l’economia infatti il fondamento
della società. E’ la società, l’uomo con la sua dignità, che devono essere il fine.
E’ tempo quindi di
ripensare al senso del nostro tempo, della vita dell’uomo per riportarlo al
centro del nostro interesse con un rispetto ed un equilibrio meno precari. Ciò non
può essere fatto senza un ripensamento profondo del ruolo dell’economia nella
nostra vita e dei suoi metodi di studio. Per fortuna nelle Università dell'Occidente si continua ad insegnare il pensiero keynesiano e le evoluzioni da esso subito.
Vale la pena parlare ogni tanto dell'uomo e delle possibili strade per rimetterlo al centro.
Nessun commento:
Posta un commento