Dopo i secoli "bui" del Medioevo che però per la nostra isola, con i bizantini, gli arabi ed i normanni, tanto bui non furono, nel Settecento in tutta Europa cresce la moda fra gli intellettuali di visitare e scrivere di un passato glorioso della Sicilia (Grand Tour).
Cominciano fra il 1767 e il 1771 il barone tedesco von Riedesel e lo scozzese Patrick Brydone che pubblicano le loro riflessioni ed i resoconti del loro viaggio nella terra del classicismo greco.
Erano rimasti tanto affascinati dai templi greci e dalle meraviglie della natura da invitare i loro connazionali a scoprire un mondo ignoto alla sensibilità' di fine settecento del Nord europeo.
Con l'aiuto di numerosi libri pubblicati in anni recenti da storici, sociologi, giornalisti e cattedratici proveremo nel corso di alcune puntate di svelare tanti aspetti della nostra isola che noi, noi siciliani che qui viviamo, non sempre cogliamo e che invece chi viene da fuori coglie e ne resta pure affascinato.
Cosa cercavano a fine settecento i tanti studiosi europei con i loro numerosi e duraturi giro dell'isola ?
Volevano anzitutto riscoprire le origini della "grecità" su cui, ancora oggi, è fondata la cultura europea. La cercavano qui per due ragioni:
1) la Grecia di fine settecento era inaccessibile, come l'intera penisola balcanica, perché dominata dagli ottomani,
2) la Sicilia possedeva e possiede un patrimonio di monumenti incontaminati dell'antichità greca che è vastissimo e sufficientemente caratterizzante della sua lunghissima permanenza nell'ambito ellenico e poi bizantino.
Fra gli studiosi nordeuropei di quegli anni di fine settecento tanti erano abati di ricchi e potenti monasteri, come Jean-Claude de Saint-Non che per piu anni sostenne le spese per numerosi artisti, archeologi e incisori per cogliere ciò che restava e trasmettevano all'animo umano le rovine degli antichi templi, teatri e le bellezze naturalistiche entro cui queste erano inserite.
Accanto ai personaggi e abati dei potenti monasteri nordeuropei a riscoprire in Sicilia la grande portata della cultura greca cominciarono a venire e a permanervi per più anni furono anche i grandi cultori del crescente "illuminismo".
Nel 1787 Goethe e' a Palermo e scrive che la Sicilia è "la chiave di ogni cosa" e poi aggiunge "l'Italia senza la Sicilia non lascia nessuna immagine nello spirito".
La seconda metà del Settecento è stata davvero una grande stagione di riscoperta della Sicilia guardata come palese sorgente della cultura classica greca che viene posta come fonte di identità e di cultura dell'intero continente europeo.
Dopo che nel 1787 il tedesco Winckelmann pubblica "Le osservazioni sull'architettura dell'antico tempio di Girgenti" e migliaia e migliaia di nordeuropei visitano l'isola -e i tanti paesini isolati e privi di contatti col mondo della Sicilia-. Le trazzere dell'isola sono attraversate in lungo e in largo per raggiungere le mitiche Girgenti, Siracusa etc.
Flusso di visitatori che continuerà fino ai primi albori delle linee ferroviarie a metà Ottocento.
In quegli anni in tutta Europa (fino alla lontana Russia) la Sicilia più che terra di mafia è sempre descritta in maniera quasi leggendaria come terra di rigogliose piante alimentari: grano, vite, olivo, frutteti che accanto alla grecità dei templi abbellivano la visione dell'occhio e dell'animo umano.
Non esiste paese nordeuropeo che non conservi nei musei opere di grandi artisti di fine settecento e pure dell'ottocento che non abbiano ritratto i templi agrigentini, le rovine di Taormina e/o di Siracusa, le rovine di varie fortezze e castelli e i ruderi della storia dell'isola che era stata dimenticata dagli stessi siciliani.
I ricordi che qui abbiamo a lunghe spanne tratteggiato stanno all'origine delle piu' grandi denominazioni degli alberghi di Sicilia, frequentati fino ai tempi della "Bella époque" ai primi del novecento dai nordeuropei (Villa Igea a Palermo, San Domenico a Taormina, Hotel des Étrangers di Siracusa...).
Fino all'inizio del Novecento pure per le case regnanti d'Europa e non (di Germania, Russia, Cina, Gran Bretagna etc.) era tappa obbligata sostare in lunghi periodi in Sicilia. Venire in Sicilia era come venire ad abbeverarsi alle sorgenti della civiltà.
Amare questa terra anche in questo brutto periodo che stiamo attraversando con i politici arruffoni ed ignoranti, con l'economia che perde pezzi ed i giovani che fuggono in cerca di lavoro, con le stesse Università dell'isola che non godono più dell'antico prestigio, sta a noi, a noi tutti che amiamo questa terra e la sua storia fare qualcosa per farla nuovamente risplendere. Come ? ognuno facendo bene ciò che fa.
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