Nella Sicilia del Settecento accanto alle attrazioni della cultura classica greca che interessavano regnanti e intellettuali dell'intero continente europeo comincia a svilupparsi fra le frange più colte della popolazione una idea-forza, quella dell'isola-nazione.
Si cercano e si alimentano concezioni e valori tipici e autenticamente localistici che esprimano una identità nazionale dell'isola. Caratterizzazione in senso sicilianista e per contrapporle alle intenzioni innovative, quasi progressiste, della iniziale Monarchia borbonica del napoletano.
Come e dove trovare questi simbolismi ?
Tutta la storia dell'isola viene in quel XVIII secolo ricostruita da parecchi studiosi che cominciano dai sicani, dai siculi, dagli elimi e dai greci. La cultura greca comincia in Sicilia nel 600 a.C. resiste nei periodi delle guerre puniche e durante il dominio romano -per tutta la durata di governo di Roma- l'isola conserva integralmente la sua natura di terra di lingua greca; per questa ragione amministrativamente non viene mai integrata al resto della penisola ma diviene una "provincia", al pari dell'Egitto, Siria etc.
Dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente IV secolo d.C., dopo brevissime invasioni barbariche, è l'Impero Romano d'Oriente (o bizantino) a riappropriarsi e a governare l'isola e a consolidare su essa la presenza della cultura greca che permaneva da quasi un millennio e mezzo, da quel 600 a.C. quando arrivarono i primi coloni ellenici.
Ai greci-bizantini subentrano -a conclusione della guerra di invasione durata 150 anni- gli arabi e dopo un paio di secoli i normanni.
Nel Settecento, quando comincia la moda "sicilianista" di cui dicevamo sopra e si vuole dare carattere di "nazione" all'isola, distinta dal resto del Sud Italia, sfogiando una propria storia intellettuali e classi dirigenti non individuano però la plurimillenaria presenza e cultura greca in terra di Sicilia come loro punt di forza, bensi la breve o piuttosto breve presenza dei Normanni nell'isola.
Lo spiega bene lo storico Giuseppe Giarrizzo secondo cui la tradizione culturale sicilianista prende origine dal durissimo scontro che nella seconda metà del Settecento contrappose nell'isola l'aristcrazia feudale, gelosa custode dei propri privilegi e la monarchia borbonica intenzionata (in quegli anni) ad ammodernare la struttura economica e sociale del regno siculo-napoletano.
Negli anni quindi in cui la Sicilia veniva scoperta e valorizzata dai nordeurpei per i tesori del classicismo greco, si sviluppa un vero e proprio conflitto di egemonia fra l'aristocrazia feudale che punta a far risalire il suo ruolo di privileggi e di potere con il periodo normanno ed il potere borbonico.
Quei privileggi che la iniziale monarchia borbonica si era proposta di abolire, o quanto meno contrarre, resteranno infatti quasi intatti fino al 1812 con l'introduzione legale della proprietà privata e poi come latifondi fino al 1950, anno della riforma agraria in Sicilia.
La Sicilianità dell'isola si caratterizzò sul piano culturale -quindi- nel mantenimento dei privileggi feudali che la monarchia normanna aveva in un certo senso sacralizzato nel corso della sua relativa breve presenza nell'isola.
Quando si dice che la Storia la scrivono e la plasmano i "forti" !!!
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