Il momento sociale ed economico
L'Italia che non ce la fa
L'Italia si impoverisce e a nulla servono le arti renziane di farci credere che il benessere è dietro l'angolo, sta per arrivare con lo 0,001 di aumento del PIL.
Ilvo Diamanti in un articolo su La Repubblica scrive che la stragrande maggioranza degli italiani si sente come su una scala mobile, però in discesa. Il famoso ceto medio, a cui la maggioranza degli italiani ebbe accesso nella seconda metà del Novecento negli anni del primo centro-sinistra, adesso, negli anni di Renzi-Verdini si è dimezzato nella consistenza statistica.
La gente è diventata pessimista, pure le banche dei papà infatti falliscono.
Renzi prova a tirarci su di morale. Prima di lui a farci sentire tutti benestanti ci provava Berlusconi che definiva comunista chiunque gli apparisse pessimista.
Gli italiani non si fidano più di nessun politico; oggi i politici vengono liquidati tutti come "ladri", compresi quelli onesti che -pure- esistono e non sono pochi.
Due italiani su tre ritengono secondo -sostiene Ilvo Diamanti su La Repubblica di ieri- che sia «inutile fare progetti per sé e per la propria famiglia», «Perché il futuro è incerto e carico di rischi».
Contessa che si svuota
Se l'insicurezza è cresciuta su dimensione nazionale guardando più vicino a noi, a Contessa Entellina, non possiamo non rilevare che nel nostro piccolo contesto umano sta avvenendo lo svuotamento sociale ed economico, ossia sta per disfarsi il tessuto che ne fa un "paese", una comunità. Sta venendo meno quello che da secoli chiamiamo Hora.
Nelle settimane scorse giovani a gruppi di quattro/cinque sono, quasi con frequenza cadenzata, partiti con una borsa a tracollo e senza alcun contratto di lavoro che li attendesse altrove. Hanno portato con loro solamente la speranza e la convinzione che migliaia e migliaia di contessioti prima di loro, negli ultimi 180/200 anni, sono partiti e mai nessuno di loro è tornato a riferire che oltre la "Cascia" i rapporti di lavoro manchino oppure che siano "insani", umilianti, come da noi.
Contessa si svuota, in silenzio. Nessuno manifesta disappunto o attribuisce responsabilità ai politici o agli amministratori pubblici per lo stato di disfacimento umano, ambientale, e territoriale che si coglie tutt'attorno.
No, a Contessa da 200 anni si parte, si lascia, e tutto questo fuggi fuggi è considerato ovvio.
Resta in tutti i nostri emigranti certamente la nostalgia di questo luogo, ma solamente il 2 o il 3 per cento di chi lascia il paese un giorno tornerà a fissare la residenza qui.
Eppure qui ci sarebbe moltissimo da fare
Nel secolo passato, nel Novecento, la popolazione subì una inversione nella curva discendente solamente in due doppi decenni. Nel ventennio fascista, quando per legge fu imposto il divieto di emigrare ed ovviamente le condizioni di vita divennero più dure e pesanti dovendo in tanti attingere alle risorse insufficienti, e nel quasi ventennio di amministrazione locale democratica e socialista sotto la guida di un grande uomo "politico", Francesco Di Martino.
La sindacatura di Di Martino non su solamente una gestione del quotidiano tram tram come in Sicilia ne esistono tante. Egli era un politico di caratura regionale e non interpretò il mandato di sindaco come un attendere "ficu cadimi mmucca".
Prima del tragico terremoto del 1968 Contessa era già un cantiere di lavori e di realizzazione di opere pubbliche.
Di Martino, dirigente regionale socialista, sfruttò in pieno la svolta politica avvenuta al livello nazionale col centro-sinistra del 1963. Quella svolta implicò una politica espansiva della spesa pubblica (politica keynesiana) e quelle numerose opere pubbliche progettate ed eseguite già prima del terremoto erano frutto di chi sapeva leggere la realtà sociale locale, misera e sfruttata da pochi grandi proprietari terrieri, e la realtà politica che il primo centro-sinistra seppe imporre; svolta che i sindaci dei comuni limitrofi invece non seppero -generalmente- leggere nella completa portata storica, come -per esempio- ancora oggi molti sindaci non sanno leggere le implicazioni della politica europeista.
Quello che Di Martino fece dal 1964, e poi nel dopo-terremoto, non fu solo un saper mettere a frutto la legislazione contro il sottosviluppo della nostra zona e del meridione in genere. Da vero politico egli programmava in relazione ai bisogni e necessità della società che amministrava.
Certo, il terremoto offrì poi, sotto l'aspetto degli interventi in opere pubbliche e private, ulteriori opportunità occupazionali e occasioni frenanti rispetto al fenomeno migratorio.
Durante quella sindacatura la popolazione non solo non diminuì ma si accrebbe.
Oggi, molte condizioni sono cambiate e la politica keynesiana è stata bandita dal "liberismo" trionfante. Liberismo oggi sostenuto dal centro-destra e dal partito partorito dai politicanti post-comunisti.
Eppure di opere pubbliche da attivare o riattivare, a Contessa, ne esistono:
(a) non una sola strada di collegamento di Contessa col resto del mondo è decentemente praticabile;
(b) Tutta l'edilizia pubblica post-terremoto versa in condizioni di disfacimento;
(c) la dizione "manutenzioni" a Contessa (e in tutti gli enti locali del meridione) è sparita dal vocabolario.
Pure la speranza tende a spegnersi
La maggior parte degli italiani oggi ritiene di appartenere a una classe sociale “bassa o medio-bassa”. È una percezione condivisa dal 54% delle persone (intervistate da Demos-Coop): 12 punti in più rispetto al 2011.
Il "ceto medio" oggi, secondo la ricerca sopra ricordata, coinvolge meno del 30% degli italiani.
Renzi, faccia a meno di emettere bollettini di crescite socio-economiche inesistenti.