L'Osservatore Romano
La Nascita della Madre
di Dio nella tradizione bizantina
Ecco la regina che germoglia da Iesse
di MANUEL NIN
Come prima grande
festa dell’anno liturgico, l’8 settembre la tradizione bizantina celebra la
Nascita della Madre di Dio, con un giorno di prefesta e quattro di ottava (solo
quattro per la vicinanza con la
seconda delle grandi feste, quella dell’Esaltazione della santa Croce il 14
dello stesso mese).
L’icona della festa è
molto simile a quelle della nascita di Giovanni Battista e nascita di Cristo:
Anna sdraiata al centro della scena iconografica e accudita da tre donne, guarda
Gioacchino oppure la neonata, che viene lavata e curata dalle levatrici. A un
lato dell’icona troviamo Gioacchino che guarda la moglie e la bimba.
L’amore sponsale dei
due anziani è sottolineato dal loro sguardo tenero e sereno. Due donne lavano Maria,
avvolta in fasce come Cristo nell’icona di Natale e come l’anima di Maria accolta in
cielo da Cristo stesso nell’icona della Dormizione della Madre di Dio. Come se
il ciclo liturgico, in questa sua prima grande festa, volesse ricordarci
attraverso l’icona l’ultima delle
grandi feste, quella appunto della Dormizione: il mistero della nascita della Madre
di Dio e quello della sua glorificazione in cielo.
Nell’ufficiatura, tema
di sottofondo è la gioia che la nascita di Maria porta a tutto il mondo, per la
sua nascita, ma anche perché questa preannuncia quella di colui che da lei si
incarna per opera dello Spirito Santo: «Con la tua natività, o immacolata, sono
sorti sul mondo i raggi spirituali della gioia universale, che a tutti
preannunciano il sole della gloria, Cristo Dio perché sei tu che ci procuri la
presente letizia, sei tu la causa della gioia futura, tu il gaudio della divina
beatitudine».
Riprendendo poi il
saluto angelico del vangelo di Luca e sul modello dell’inno Akàthistos
, Maria stessa è invitata alla gioia: «Gioisci, ricapitolazione dei
mortali; gioisci, tempio del Signore; gioisci, monte santo; gioisci, mensa
divina; gioisci, candelabro tutto luminoso; gioisci, vanto dei veri credenti, o
venerabile; gioisci, Maria, madre del Cristo Dio; gioisci, tutta immacolata;
gioisci, trono di fuoco; gioisci, dimora; gioisci, roveto incombusto; gioisci, speranza di tutti».
La liturgia sottolinea
come Anna genera colei che a sua volta genererà la salvezza del genere umano: «Perché
ecco, la regina, l’immacolata sposa del Padre, è germogliata dalla radice di
Iesse». Dal parto di Anna scaturisce quindi la gioia: «Non partoriranno più
figli nel dolore le donne, perché è fiorita la gioia, e la vita degli uomini
abita nel mondo. Non saranno più rifiutati i doni di Gioacchino, perché il lamento
di Anna si è mutato in gioia ed essa dice:
Rallegratevi con me, tutti voi del popolo eletto Israele: poiché ecco, il
Signore mi ha donato la reggia vivente della sua divina gloria, per la comune
letizia, gioia e salvezza delle
anime n o s t re » .
In un tropario sono
ben dieci i titoli cristologici dati alla Madre di Dio, conclusi da una
professione di fede nel mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio: «Venite,
fedeli tutti, corriamo verso la Vergine, perché ecco, nasce colei che prima di
essere concepita in seno è stata predestinata a essere madre del nostro Dio; il
tesoro della verginità, la verga fiorita di Aronne, che spunta dalla radice di
Iesse, l’annuncio dei profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna
nasce, e il mondo con lei si rinnova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste
del proprio decoro. Il tempio santo, il ricettacolo della divinità, lo
strumento verginale, il talamo regale nel quale è stato portato a compimento lo
straordinario mistero della ineffabile unione delle nature che si congiungono in
Cristo: adorando lui, celebriamo l’immacolata nascita della Vergine».
Diversi testi presentano
il contrasto tra la sterilità di Anna e il parto verginale e divino di Maria,
come quello che segue: «Oggi è il preludio della gioia universale. Oggi
cominciano a spirare le aure che preannunciano
la salvezza. La sterilità della nostra natura è finita, perché la sterile
diventa madre di colei che resta vergine dopo aver partorito il Creatore, di
colei dalla quale colui che è Dio per natura assume ciò che gli è estraneo, e,
con la carne, per gli sviati opera
la salvezza.
Oggi la sterile Anna
partorisce la Madre di Dio, prescelta fra tutte le generazioni per essere
dimora del Re universale e Creatore, il Cristo Dio, a compimento della divina economia».
Un tropario del
vespro, infine, mette in luce il mistero del Verbo di Dio incarnato: «Colui che
ha consolidati i cieli con sapienza, nel suo amore per gli uomini si è
preparato un cielo vivente».
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