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domenica 29 maggio 2011

Leonardo Sciascia, una intervista del 1979 (VI)

I precedenti stralci di questa lunga intervista del grande scrittore
 siciliano -resa a Thomas Baldwin- sono riportati su questo Blog come segue:
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Quanta passione per un mistero
D.:  Lei ha detto che Morte dell'Inquisizione le è piaciuto di più di qualsiasi altro libro, perchè era un libro "incompiuto".
R.: Sì, in un certo senso, un libro non finito. Cioè: è finito, però per me non ancora, perchè vorrei trovare ancora qualcosa, qualche documento che lo completasse.
D.: Vorrebbe dunque aver un'idea compiuta su un libro ? Non lasciarci qualche elemento di mistero ?
R.: Sì, in questo caso vorrei sapere dalle carte inquisitoriali quale fosse effetivamente l'eresia di fra Diego La Matina. Invece ci sono arrivato per via di ipotesi. Vorrei esserne certo. Probabilmente il libro non lo riscriverei:  il libro va bene così com'è. Ma così, per appagamento personale, per una curiosità mia vorrei trovare il documento risolutivo.
D.: E in questo caso, riscriverebbe un'appendice ?
Non lo so, forse riporterei il documento  così com'è, senza più toccare il libro.
D. : Questo è interessante: per uno scrittore come lei che s'interessa allo schema del romanzo poliziesco (ha scritto anche articoli sull'argomento) l'idea dello "incompiuto", del non finito, sembra più misteriosa e attraente; fa appello alla fantasia del lettore, più di un libro "finito". C'è forse un conflitto interiore in lei, fra lo storico che vorrebbe documentare tutto quanto, condua termine tutto quanto, mettere in evidenza i documenti, in modo da lasciare giudicare i lettori - e lo scrittore che lascia al lettore il beneficio dell'ipotesi ?
R. : Documentare, sì. Ma non c'è un conflitto vero e proprio.  Questo libro Morte dell'Inquisizione  io lo ritengo finito, come libro. Come scrittore ne sono soddisfatto, ma siccome il personaggio è uno del mio paese, è uno che è nato a Recalbuto, ecco -è esatto come se fosse una persona conosciuta. Allora vorrei sapere esattamente quali fossero stati i suoi pensieri, le sue idee: è una curiosità sul piano non letterario. Per il resto so benissimo che anche i documenti risolutivi non fanno che rendere più ambigua la verità. Nell'indagine che ho fatto sulla morte di Raymond Roussel, per esempio,  alla fine sono arrivato alla conclusione che il mistero, attraverso i documenti, diventa più forte di quanto non fosse senza i documenti.
I giudizi della critica
D.: A quale genere letterario appartiene Il giorno della Civetta ? Come lo classifica la critica ?
R. : Mah, le dirò, a me interessano poco i giudizi della critica. DEbbo dire che non c'è una critica. In Italia non credo che esista. L'ultimo grande critico è stato Giacomo Debenedetti e c'è stato anche un filologo che era Salvatore Battaglia. Io credo che il miglior articolo che abbia avuto in Italia sia quello che ha scritto Salvatore Battaglia anni fà su Il Dramma. Poi ho avuto delle buone recensioni, ma non si può dire che ci sia una critica.
D.: Consegnandole il Prix Séguier nel 1975 Jacques Nobécourt ha detto: "...Ciò che l'attribuzione del Premio Séguier ha voluto sottolineare in lui, è il ritorno alla letteratura spoglia e semplice, portatrice di metafore che sono la chiave di ogni realtà umana".
R.: Sì, può andare, può anche andare ...
D.: Le onorificenze le interessano o meno ?
R.: Ma, a seconda. Veda io, in Italia, per esempio, non voglio questi grandi premi, dall'apparenza democratica, in cui vota molta gente, che è tutta una ipocrisia. No, non mi piacciono questi premi, tipo "Strega", tipo "Campiello". A questi non ho mai voluto concorrere. E' per questo che ho rotto con Einaudi. Se mi danno un premio in provincia, per esempio, allora io ci vado, lo prendo, perchè mi pare giusto così di rifiutare i grossi premi, i premi clamorosi, e di accettare i piccoli premi. E' questione di oèpinione, di convincimento, di reazione personale. Certi premi non mi piacciono, no. Ma i piccoli premi, così li accetto. Il Premio Crotone, il Premio SAvarese, una volta; così altri premi generalmente in provincia.
D.: Da chi le è stato assegnato il Premio Crotone ?
R. : Ma allora era interessante la commissione del Premio Crotone perchè il presidente era Giacomo Debenedetti. Poi c'erano Carlo Emilio Gadda, Moravia, Concetto Marchesi. Sì, era un premio interessante.
D.: A che cosa era dovuta l'attribuzione ?
R.: C'è la motivazione del premio che ha scritto Giacomno Debenedetti. Molto bella, molto interessante. Ma quello era il premio per Le parrocchie di Regalpetra. E poi mi hanno dato un secondo Premio Crotone per Il giorno della civetta, sì. E c'era ancora Giacomo Debenedetti, piemontese, di Biella. Io lo considero sempre uno dei più grandi critici che abbia avuto l'Italia. I saggi critici di Giacomo Debenedetti son importantissimi.
(Continua)

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