In quel giorno -leggiamo sui libri- a Hiroshima il cielo era limpido.
Erano da poco passate le otto. In Giappone era suonato il cessato allarme. Pochi aerei ad una quota così elevata apparentemente non rappresentavano un pericolo. Poi un terribile boato, lampi di luce, l’esplosione, fumo, calore.
La confusione del non capire cosa stesse avvenendo esattamente, ma la precisa consapevolezza di trovarsi nel mezzo di una tragedia. Intanto il fungo atomico riempiva il cielo sopra Hiroshima (cosi scrive Giulia Clarizia, collaboratrice della Fondazione Pietro Nenni).
A seminare morte e devastazione non fu solo l’impatto dell’esplosione, ma anche gli incendi che bruciarono le macerie bollenti e una terribile pioggia nera radioattiva.
Perché infliggere alla popolazione civile giapponese un colpo così duro? Chi ragiona più freddamente potrebbe rispondere che, in guerra, è logico usare ogni mezzo possibile per abbattere il nemico. Eppure ci sono dei crimini che neanche in guerra sono permessi, e infatti il Giappone continua a denunciare l’uso dell’atomica come crimine contro l’umanità. La stessa umanità che in quei giorni di agosto si è duramente scontrata con i freddi calcoli di una guerra che durava da sei anni e alla quale si voleva porre fine.
La motivazione portata avanti dal presidente americano Henry Truman fu "meglio 100.000 giapponesi oggi, che chissà quanti mesi ancora di guerra domani".
Tuttavia l’impero giapponese, portatore di valori di orgoglio ed onore, non si arrese alle condizioni poste dagli alleati.
L’8 agosto, pure l’Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone, e il 9 arrivò la seconda atomica, anch’essa sganciata non su obiettivi militari, ma civili.
Il 15 agosto 1945 il Giappone -ormai in ginocchio- accettò la resa incondizionata.
La seconda guerra mondiale effettivamente finì, al prezzo di circa 200.000 morti quasi tutti tra i civili. Senza contare chi morì in seguito a causa delle radiazioni, e chi invece non morì, ma fu costretto a una vita a metà a causa delle menomazioni subite.
La seconda guerra mondiale effettivamente finì, al prezzo di circa 200.000 morti quasi tutti tra i civili. Senza contare chi morì in seguito a causa delle radiazioni, e chi invece non morì, ma fu costretto a una vita a metà a causa delle menomazioni subite.
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