E' sotto gli occhi di noi tutti, di noi tutti italiani, che la "politica" non appartiene più ai migliori, ai competenti, agli onesti. La politica ormai è il campo delle lobby, delle multinazionali, degli amici delle mafie (non per nulla domani la Commissione Nazionale Antimafia verrà a Palermo per scandagliare i nominativi dei candidati che il 5 novembre aspirano a sedere all'Ars) e quando va bene di personaggi che intendono coltivare il potere (non il servizio) personale.
Non si giustifica diversamente se dopo settant'anni di Autonomia Speciale la Sicilia che ha fruito di risorse proporzionalmente superiori a tutte le altre regioni del Paese è la più arretrata sul piano sociale, economico, culturale ed infrastrutturale.
Quelle risorse sono servite per lo spreco, l'arricchimento personale e per coltivare le clientele.
E' evidente che in un quadro come quello siciliano non è solamente la politica ad essere fuori logica, è l'intero assetto di convivenza civile che è fuori assetto.
Chi controlla, chi opera, chi deve valutare i risultati -da noi- non fa mai ciò che è doveroso, non lo fa nè in adempimento del principio di legalità/responsabilità che dovrebbe muovere chi è cittadino della Repubblica e nemmeno del principio di Verità di cui al Vangelo che dovrebbe ispirare chi si professa cristiano.
Sussiste un serio problema antropologico.
Sussiste un serio problema antropologico.
Prima di presentare il seguito del secondo fascicoletto di omelie sviluppate recentemente nella Comunità Trinità della Pace di Pizzillo da p. Pietro Gullo, non per pessimismo ma per introdurre una reale fotografia su chi sono oggi i soggetti che si occupano di politica, voglio riportare uno stralcio di una lunghissima argomentazione svolta da una delle più grandi figure d'Italia: Norberto Bobbio. Argomentazione di qualche decennio fa, ma ancora attualissima.
"... il senso comune sembra pacificamente aver accettato, che l’uomo politico possa comportarsi in modo difforme dalla morale comune, che ciò che è illecito in morale possa essere considerato e apprezzato come lecito in politica, insomma che la politica ubbidisca a un codice di regole, o sistema normativo, differente da, e in parte incompatibile con, il codice, o il sistema normativo, della condotta morale.
Quando Machiavelli attribuisce a Cosimo de’ Medici (e sembra approvare) il detto che gli Stati non si governano coi pater noster in mano, mostra di ritenere, e dà per scontato, che l’uomo politico non possa svolgere la propria azione seguendo i precetti della morale dominante, che in una società cristiana coincide con la morale evangelica.
Per venire ai giorni nostri, in un ben noto dramma, Les mains sales, Jean Paul Sartre sostiene, o meglio fa sostenere a uno dei suoi personaggi, la tesi che chi svolge un’attività politica non può fare a meno di sporcarsi le mani (di fango o anche di sangue)... ".
Tutto quanto sopra riportato è rivolto al quadro politico generale. Quello saccheggiato dai politici-ladri, opportunisti e se si vuole "egoisti" del potere. Egoismo, personale, di gruppo e pure nazionale che da un ventennio è pure legittimato dal liberismo trionfante.
Ci chiediamo, però:
X)- Non esiste una notevole differenza fra politica (purtroppo in mano a gente priva di visioni verso il bene comune nel legiferare e governare) ed amministrazione (che dovrebbe essere affidata a gente competente e capace che faccia funzionare la macchina pubblica ed attuare le leggi esistenti per soddisfare i bisogni della gente) ?
Esempi:
-Il saccheggio dei miliardi destinati dall'Unione Europea alla formazione in Sicilia era competenza dei politici e del governo regionale impedirlo usando le leve del monitoraggio.
-Far funzionare le condotte idriche e somministrare l'acqua potabile a tutti i cittadini residenti sul territorio di un comune invece è compito degli amministratori. Se gli amministratori non riescono, non vogliono o non ne capiscono nulla sul da farsi è segno che sono stati ir-responsabili nell'accettare la carica pubblica.
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Dovevo semplicemente introdurre l'omelia XXIV-A di p. Gullo ed invece ...
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