Il capo che sceglie i dirigenti, bellini e ben pettinati
Dopo aver passato in rassegna gli aspetti della personalità di
Matteo Renzi che ci lasciano bene sperare, passiamo alle perplessità.
La prima e la più evidente riflessione che egli provoca è lì
dove esibisce il vezzo di scambiare il mezzo coi fini. Renzi è l’uomo che si è
imposto mediante le primarie. Prima da sindaco poi da premier e adesso da
segretario, domani magari ancora da premier. Egli trasmette la sensazione di vivere
in una sorta di estasi ininterrotta da primarie. A nessuno può e deve sfuggire
che le primarie sono solo uno strumento per affermare una leadership. Quel che
conta non è tutto racchiuso nell’esito delle primarie (ovviamente condizione
necessaria, ma non sufficiente). In politica non è importante vincere le
elezioni, o le primarie, il bello (il difficile) viene dopo. Come intende esercitare la leadership
conquistata ?.
Naturalmente ancora questo passaggio non lo conosciamo. Però l’inizio
ci lascia perplessi. In un regime democratico preoccupa che si cominci con un “da domani ci divertiamo”. In democrazia l’approccio a una fase drammatica non si
addice. Matteo Renzi sa benissimo che la situazione del paese è costellata da
decisioni anche impopolari che devono necessariamente essere assunte e questo,
purtroppo, dovrà avvenire mentre
tutt’intorno la miseria si allarga e monta la tensione.
Altro che divertimento !
La politica non è, non è
mai stata, una giostra. È un dovere civico pesante. Non è fatta solo di sorrisi
e di sfide vinte, ma anche di lacrime e sofferenze. A meno che a guidare il
paese non ci sia un Berlusconi che, dovendo curare gli affari propri a scapito
degli italiani, non provi, effettivamente, divertimento.
Di Matteo Renzi non è condivisibile
il suo rapporto col passato e con la
storia. La rottamazione è il termine più violento per inneggiare al
rinnovamento. Lo si può accettare solo ai fini propagandistici, non certo come
linea guida per l’azione politica. Il suo desiderio di gettare a mare tutto ciò
che è successo e vissuto prima di lui, è stupefacente. E’ stupefacente
pure quel circondarsi solo di visini
giovani e dolci, di vecchi compagni di scuola e di ragazzi incontrati nel luogo
sacro della Leopolda.
Quel voler vivere esteticamente, graziosamente, allegramente la
politica è strano modo di selezionare una classe dirigente di un paese di
sessantamilioni di residenti. La classe dirigente italiana, ancora una volta
eletta dal capo, come usano fare Berlusconi, Grillo, Di Pietro. E come usava
fare Bettino Craxi.
Il partito renziano rischia anch’esso, e ultimo arrivato, di
mostrarsi un partito all’incontrario. Dove il leader nomina i dirigenti. Non la
base attraverso i congressi.
Con il profilo adesso tracciato non ci piace né Renzi, né il
partito a cui appartiene. Questi metodi già sperimentati da Grillo, Berlusconi …
e Craxi non appartengono ad una buona Sinistra.
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