Le imprese culturali, producono per 75,5 miliardi di euro, il 5,4% del Pil. Esportano e danno lavoro a 1,4 milioni di persone.
Con la cultura si mangia.
GIORGIO BENVENUTO, già segretario generale Uil
La politica in Italia costa complessivamente 23 miliardi. Secondo il centro studi Uil: 757 euro per ogni cittadino.
E l'Istat ci fa sapere: un italiano su 3 a rischio povertà.
CENTRO STUDIO U.I.L.
Di politica vivono direttamente o indirettamente 1 milione e 100 mila persone, pari al 5% degli occupati in Italia. E la politica costa in media a ogni cittadino 386 euro, neonati compresi, oppure come dice la Uil 757 euro a testa considerando solo la platea di chi paga effettivamente l’Irpef (circa 30 milioni di contribuenti). Secondo Angeletti i costi della politica si potrebbero tagliare di quasi un terzo, risparmiando così 7 miliardi da destinare all’alleggerimento delle imposte sul lavoro.
Per gli organi istituzionali delle amministrazioni centrali e decentrate, nel 2013, si spenderanno 6,1 miliardi, il 4,6% in meno del 2012, ma con performance molto diverse: le Regioni, infatti, hanno tagliato dell’11,5%, la presidenza del Consiglio aumenterà invece le spese dell’11,6%, passando da circa 411 milioni nel 2012 a 458 nel 2013. Per tutte le consulenze pubbliche la spesa sarà di 2,2 miliardi mentre 2,6 miliardi serviranno per i costi di funzionamento degli organi degli enti e delle società partecipate. Ben 5,2 miliardi sono invece destinati ad altre voci: auto blu, personale di nomina politica, direttori delle Asl. Per arrivare a 23,2 miliardi restano appunto 7,1 miliardi, quelli che si potrebbero tagliare, secondo Angeletti, e che si riferiscono al «sovrabbondante sistema istituzionale», come lo definisce il rapporto curato dal segretario confederale Guglielmo Loy.
ENRICO MENTANA, direttore de TgLa73,2 miliardi si potrebbero risparmiare sulle spese di funzionamento (non quelle per gli organi istituzionali) accorpando gli oltre 7.400 Comuni con meno di 15 mila abitanti, un altro miliardo e 200 milioni potrebbe arrivare da un taglio delle spese delle Province, e un altro miliardo e mezzo da un ulteriore taglio delle uscite delle Regioni. Infine, 1,2 miliardi in meno di spesa potrebbero arrivare da «una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale degli uffici periferici, anche a seguito dell’avvenuto decentramento amministrativo».
Il punto debole della linea dettata ancora ieri da Napolitano sta nella demonizzazione istituzionale del voto anticipato al 2014, invece possibile nel 2015. Con una legge chiara, che permetta a un vincitore di governare, le elezioni sono un passo in avanti prezioso per uscire dalle situazioni di stallo o di opacità. La Spagna andò al voto due anni esatti fa, mentre da noi si insediava Monti, nel pieno della crisi: e non c'è stato crollo né anatema eu...ropeo. Di più: oggi noi abbiamo una democrazia parlamentare sghemba, con l'80% di deputati e senatori guidati da tre leader che in parlamento non ci sono, e quello stesso parlamento messo in mora dalla sentenza della corte costituzionale. Inoltre abbiamo un governo senza battesimo elettorale, il secondo di fila. Se invece di ripetere "no al voto nel 2014" Napolitano dicesse che sciogliere le camere è impossibile senza una nuova legge elettorale, forse otterrebbe lo stesso risultato senza derogare al suo ruolo di arbitro, con tutto il rispetto.
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