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martedì 5 novembre 2024

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Corriere della Sera del 28 Ottobre  2024

Medici di famiglia

La lobby di interessi.  L’assistenza territoriale è in crisi ma non cambia nulla carte, riunioni e video permettono di capire il perché i vertici di categoria puntano sulle visite a pagamento

Dataroom di Milena Gabanelli e Simona Ravizza 
L’assistenza territoriale che ruota intorno alla figura del medico di medicina generale (Mmg) da anni mostra voragini, ma non cambia nulla. Per capire il perché è necessario rispondere ad alcune domande.
Quali sono gli interessi della Fimmg, che riunisce il 63% dei professionisti iscritti al sindacato? Che cosa c’entra il medico di famiglia, da cui ciascun paziente deve transitare per ogni necessità di salute, con la società Simg, guidata per oltre 30 anni dall’ematologo fiorentino Claudio Cricelli, già presidente dell’azienda Millennium, che vende i software ai medici di base? Che cosa c’entra con l’Enpam, la più grande cassa pensionistica privata d’Italia, con un patrimonio di 25 miliardi di euro? E perché in campo adesso è entrata Legacoop, la più antica associazione delle cooperative italiane? Dataroom è in grado di ricostruire attraverso riunioni, video e documenti inediti in che modo queste sigle sono tutte unite come un sol uomo da interessi comuni. Il medico di base, erroneamente considerato una figura di serie B fin dalla formazione post laurea (retribuita meno della metà delle Scuole di specializzazione), negli anni ha visto svilire la propria professionalità fino a ritrovarsi perlopiù un prescrittore di visite, esami, farmaci. Ora l’obiettivo dei vertici della categoria è quello di riorganizzarsi per fornire prestazioni a pagamento. 
Quando tutto inizia 
A maggio 2021 viene inviato a Bruxelles il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): sono messi a budget 2 miliardi di euro per la costruzione di 1.038 Case della Comunità. Si tratta di strutture pubbliche attrezzate di punto prelievi, macchinari diagnostici per gli esami, e un team multidisciplinare che comprende il medico di famiglia, per offrire assistenza ai cittadini tutti i giorni, dalle 8 alle 20. Lo scopo è alleggerire i pronto soccorso e potenziare l’assistenza sul territorio, i cui limiti ormai sono sempre più evidenti. Lo dimostra la riunione del 22 settembre 2021 della commissione Salute che fa capo alla Conferenza delle Regioni. Gli assessori alla Sanità firmano un documento: «La pandemia da Sars-Cov-2 ha evidenziato ulteriormente che il profilo giuridico del medico di medicina generale e i loro contratti collettivi nazionali non sono idonei ad affrontare il cambiamento in atto, anche pensando ( …) alla gestione delle multi cronicità, aumento delle fragilità, programmazione dell’assistenza domiciliare, ecc.». È il riconoscimento ufficiale del problema da parte degli assessori alla Sanità. 
 Cosa finisce sotto accusa Al contrario di ciò che molti pensano, il medico di base non è un dipendente del Servizio sanitario, ma un libero professionista pagato dal Servizio sanitario per garantire ai pazienti dei servizi in base a ciò che viene stabilito dagli accordi collettivi. Fuori da questo perimetro ogni richiesta è destinata a cadere nel vuoto, come per esempio l’esecuzione dei tamponi durante il Covid. La parte fissa della busta paga è la cosiddetta «quota capitaria», composta dalla somma di 3,51 euro al mese per ogni paziente in carico. Poi una vaccinazione antinfluenzale vale 6,16 euro; la sutura di una ferita superficiale 3,32 euro; una medicazione va dai 6,16 euro ai 12,32, ecc. Il loro reddito varia a seconda del numero dei pazienti e da Regione a Regione, tuttavia la media pro capite è indicata in 107.270 euro lordi annui (fonte: Enpam), che in molti arrotondano con visite parallele a pagamento, o la presenza per esempio a eventi sportivi.  
Che qualcosa vada cambiato lo pensa anche una parte sempre più numerosa dei medici di famiglia. In quegli stessi mesi infatti sta prendendo piede il «Movimento Mmg per la Dirigenza», nato nel 2020, indipendente dalle sigle sindacali e ormai diffuso su tutto il territorio nazionale che riconosce: «A quasi 50 anni dall’ultima grande riforma dell’assistenza territoriale del 1978 il nostro Servizio sanitario necessita di un nuovo modello di cure primarie, differente da quello che vede il medico di base lavorare da solo applicando normalmente il modello della medicina d’attesa. Il modello più promettente è quello di mettere insieme diversi professionisti che lavorino in team multiprofessionali e che siano proattivamente impegnati nella medicina preventiva». 
Il documento inedito. I mesi successivi alla riunione del settembre 2021 sono convulsi. Il ministero della Salute, guidato allora da Roberto Speranza, lavora con le Regioni alla riforma della medicina di famiglia. Il 21 luglio 2022 il premier Mario Draghi rassegna le dimissioni. Sul tavolo del governo c’è pronto un documento finora rimasto riservato. S’intitola: «Bozza di norma di riforma dei Mmg», e questi sono i contenuti: «Il medico di famiglia, con un rapporto di lavoro che sarà di “para subordinazione”, dovrà garantire alle Case della Comunità, 18 ore a settimana su 38 a cui è vincolato il 30% della busta paga». Ma ormai è tardi e questa riforma, per mancanza di coraggio politico, non sarà mai approvata. Intanto la lobby dei medici di famiglia prepara la contromossa. 
Le Case della Comunità private? Il 20 settembre 2023, all’Hotel Nautico di Riccione, si svolge la convention nazionale della Simg (Società italiana medicina generale). Tra i relatori ci sono Alberto Oliveti e Luigi Galvano, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Enpam, a cui i medici di famiglia versano una quota della busta paga in quanto lavoratori della Sanità autonomi. Viene presentato in anteprima il nuovo progetto di Enpam: i medici di famiglia potranno aggregarsi per dare vita a Case della Comunità spoke (ossia satelliti rispetto alle Case della Comunità pubbliche definite hub). Potranno essere gestite in autonomia e prese in affitto o in leasing con il sostegno di Enpam. L’investimento preventivato da Enpam è di 8 miliardi di euro. 
La riunione rivelatrice. Il 21 ottobre 2023 nel corso di una riunione del sindacato Fimmg, il segretario provinciale e vicesegretario nazionale Pier Luigi Bartoletti prende la parola: «È chiaro che qualcosa va rivisto, perché vai da qualche collega e trovi il lettino con sopra i libri (…). Sul mercato privato, che si aprirà sicuramente nei prossimi due anni, tutti abbiamo capito come funziona. I 40 miliardi di out of pocket (il valore del mercato sanitario a pagamento, ndr) sono 40 miliardi: noi dobbiamo essere in condizione di aggredire quella fascia di mercato, il che significa portare molte risorse nel nostro stipendio. Ma, per farlo, devi essere attrattivo per quel mercato, e lo sei non se fai ricette, ma se fai prestazioni sanitarie di primo livello». L’obiettivo è organizzarsi per un business privato: «Altrimenti ti trovi come un deficiente — conclude Bartoletti —. E c’è la Casa della Comunità (quella pubblica, ndr) che ti aspetta».  Alle 13.30 dell’8 febbraio 2024, il sindacato Fimmg, insieme alle altre associazioni di categoria, firma il nuovo Accordo collettivo nazionale. Che cosa prevede l’intesa? Gli ambulatori medici potranno continuare a restare aperti solo fino a 15 ore alla settimana. In compenso, in base alle nuove regole, chi ha meno di 400 pazienti, dunque la maggioranza dei giovani medici di famiglia, è chiamato a mettere a disposizione delle Asl e delle Case della Comunità 38 ore, contro le sei ore di chi ha 1.500 pazienti, cioè i più anziani, per i quali tutto continuerà come prima. Il cerchio si chiude il 22 maggio 2024: la Fimmg firma un’intesa con Legacoop che metterà a disposizione ecografi, elettrocardiografi, servizi di segreteria e infermieri ai medici di famiglia che lo vorranno. Ecco garantiti tutti gli strumenti per lavorare nelle Case della Comunità private. Le necessità dei cittadini, ancora una volta, vengono dimenticate.
Dataroom@corriere.it

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