L'8 dicembre del 1937 (esattamente 80 fa) nei pressi di San Pietroburgo, allora Leningrado, in una delle ricorrenti sanguinosa purghe staliniane, veniva ucciso Pavel Florenskij,
-matematico,
-fisico,
-scienziato,
-filosofo,
-teologo,
-iconologo,
-storico dell’arte,
-sacerdote,
-sposo,
-padre di 5 figli.
Padre Pavel non era né un reazionario né un nostalgico zarista, aveva anzi quale ingegnere contribuito al piano statale di elettrificazione della Russia eppure per il comunismo quell'uomo pensante, quella testa, costituiva un pericolo. In quella fredda notte dell’8 dicembre 1937 venne fucilato insieme ad altri 500 «controrivoluzionari» nei boschi che circondavano Leningrado.
Qualche tempo fa ci eravamo proposti di sviluppare alcune riflessioni su uno dei suoi tantissimi libri Filosofia del culto (tradotto a cura di Natalino Valentini) in cui emerge la visione del mondo di un pensatore dai mille volti, capace di passare dalla teologia delle icone alla filosofia platonica, dall’ingegneria elettrotecnica alla geometria non euclidea. Abbiamo per intanto rinviato questo nostro scandagliare sui libri avendo colto l'opportunità -aperta a chiunque abbia interesse- della Mistagogia della divina Liturgia di San Giovani Crisostomo che Papàs Kola ha avviato in questo periodo dell'anno.
Per Pavel Florenskij il culto non è un residuo del passato, un lascito di superstizioni superate, ma è la fonte della nostra esistenza. È la radice delle nostre attività, tanto che i sacramenti, dal battesimo all’unzione degli infermi passando per il matrimonio, marcano tutte le principali tappe dell’uomo.
Lo stesso termine di cultura deriva dal culto.
Scrive Florenskij: «Tutto è Croce, tutto è fatto a forma di Croce. La Croce sta a fondamento di tutto l’essere».
Per Florenskij la modernità, nata nel Rinascimento, è «estranea alla religione».
Il martirio, scrive Florenskij, è «il sangue che parla della verità». E nella morte per la fede, il testimone diventa «un combattente e, nello spirito, un vincitore».
Nel 1937, dopo innumerevoli arresti e vessazioni, Florenskij viene accusato di «svolgere attività controrivoluzionaria inneggiando al nemico del popolo Trockij».
I comunisti stalinisti non potevano formulare accusa più assurda e falsa.
Alla vigilia della sua uccisione, rinchiuso nel gulag, nel giugno di quell’anno scrive ai figli: «Tutto ormai è finito (tutto e tutti)»
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