L'uso dei cognomi per identificare persone e famiglie comincia a diffondersi un pò in tutta l'Europa nel tardo medio evo, ma essi erano allora tutt'altro che fissi.
Di solito ci si chiamava col proprio nome e col nome del proprio genitore (balza alla memoria: Ciccu Caloit Gaspanit), ma succedeva pure che uno di tali nomi patronimici si fissasse e rimanesse applicato alle generazioni successive (Di Paola, Di Martino).
Ancora oggi in Islanda, paese dell'Occidente, è in uso il patronimico in luogo del cognome.
E' col Concilio di Trento del 1564 che viene stabilito l'obbligo per i parroci di gestire obbligatoriamente un registro dei battesimi con nome e cognome, al fine di evitare i matrimoni tra consanguinei.
I cognomi che oggi ci portiamo addosso hanno quindi una radice nella storia dei nostri avi, piuttosto recente ma sufficiente a raccontarci un po' di quello che abbiamo ereditato.
Non c'è niente di casuale, ma una catena più o meno lunga di passaggi da ricostruire.
Per noi ora è normale avere un cognome (o due o tre in casi speciali), tutti abbiamo nel cassetto della nostra memoria il ricordo della maestra che fa l'appello in aula: "Abate, Bonura, Clesi, Cuccia... Musacchia, Schirò ...".
E' normale essere identificati col cognome: però la Storia ci fa sapere che non è stato sempre così, anzi comincia così nel Medioevo e per i contadini o le persone di umili origini bisognerà aspettare diversi secoli ancora, fino al Concilio di Trento.
All'Università di Pisa da alcuni anni un team di storici e linguisti lavorano su questi temi per risalire a quando e perché l'uso dei cognomi, che all'inizio caratterizzavano poche famiglie (in genere nobili), si diffuse orizzontalmente nella società piuttosto tardivamente diventando infine patrimonio di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento