Valentino Parlato, di origine siciliana, era un comunista
eretico, un dissenziente.
Nel 1969 fu radiato e non espulso dal Pci quando,
assieme a personaggi come Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Luciana Castellina e
Lucio Magri, criticò Botteghe Oscure infrangendo il tabù del centralismo
democratico perché -da uomo libero- non condannò l’invasione sovietica della
Cecoslovacchia.
Con «la radiazione si poteva rientrare nel Pci,
con l’espulsione no. Magri successivamente tornò nel Pci, Parlato no», alla sua
testa, alla sua riflessione non rinunciò mai.
Era un uomo di grandi ideali ma senza paraocchi ideologici, era comunista ma non ebbe ma come idolo nè il Pci, nè il comunismo. Era cosciente della situazione comatosa nella quale versava la sinistra europea e, in particolare, quella italiana.
Rifletteva sugli anni terribili di crisi e di transizione politica, istituzionale, economica e sociale della seconda repubblica. Commentava sconsolato: «Servirebbe una rielaborazione del pensiero, ma la sinistra ragiona come se il passato fosse ancora presente».
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