Se c’è un male tutto italiano è la corruzione. Un cancro così grande e profondo che è difficile persino quantificarlo in cifre, anche solo per somme righe. Una cosa è certa, l’Italia non dà segni particolari di reazione al fenomeno, che ogni anno strappa miliardi all’economia reale. L’ultimo Termometro, presentato questa mattina alla Camera dal think tank Riparte il futuro, parla fin troppo chiaro. Ecco che cosa racconta.
ALL’ORIGINE DEL MALE
L’origine della corruzione si chiama clientelismo, spiega il rapporto presentato a Montecitorio. Ovvero la “propensione dei governi a favorire specifici soggetti o aziende tramite l’assegnazione di commesse e appalti o facilitando l’approvazione di norme ad personam”. E qui per l’Italia sono dolori. Perchè dal confronto con i 28 stati membri dell’Ue, l’Italia nel 2015 risulta penultima seguita solo dalla Slovacchia, mentre nel 2016 è terzultima seguita da Slovacchia e Ungheria. Chi sono i primi della classe? Nemmeno a dirlo, l’Europa del Nord, ovvero Finlandia, Irlanda, Germania, Olanda e Francia. La relazione tra clientelismo e corruzione è direttamente proporzionale: al crescere dell’uno, aumenta l’altra. Dunque “quando il livello di clientelismo scende o sale, diminuisce o aumenta anche il livello di corruzione”.
TRASPARENZA, CHI ERA COSTEI?
Altro aspetto legato a doppio filo alla corruzione analizzato nel report, la trasparenza. E cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Trasparenza vuol dire quanto siano accessibili agli attori economici le informazioni sui cambiamenti normativi inerenti alle attività di impresa. In pratica, quanto ne possono sapere gli imprenditori di quello che succede tra governo e parlamento. Anche il questo caso per l’Italia è notte fonda. “Comparando i 28 stati membri dell’Ue emerge che l’Italia è ultima classificata nel 2015 e penultima dopo l’Ungheria nel 2016. Inoltre, questo indicatore mostra una forte correlazione con il livello di corruzione nell’Ue: maggiore è la trasparenza delle decisioni pubbliche, minore il livello di corruzione”.
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BUROCRAZIA ALLEATA DELLA CORRUZIONE?
Un quarto indicatore misura la difficoltà riscontrata dalle aziende ad adempiere alle richieste della Pubblica amministrazione, ad esempio in materia di permessi e reportistica. E’ un viatico per la corruzione dal momento che se i tempi per avere un permesso diventano esasperanti un imprenditore o rinuncia al suo investimento oppure mette mano al portafoglio e si compra il lasciapassare. Confrontando questi dati per tutti gli Stati membri dell’Ue, si rileva che l’Italia “è in ultima posizione nel 2015 e si conferma ultima nel 2016. Anche questo indicatore mostra una forte correlazione con il livello di corruzione: negli Stati membri in cui è più facile per le aziende adempiere alle richieste della Pubblica a, il livello di corruzione è più basso”.
RENDERE DIFFICILE IL FACILE (ATTRAVERSO L’INUTILE)
Paolo Ielo, sostituto procuratore, di corruzione se ne intende. Per questo quando, intervenendo al convegno, ha dovuto dire la sua sul perchè la corruzione trova sempre terreno fertile in Italia. Ed è stato piuttosto chiaro, per non dire inquietante. Sottobanco c’è un attacco diretto allo stesso apparato pubblico, reo di incentivare, inconsciamente, il fenomeno attraverso la creazione di una selva normativa. “L’eccesso di regolazione e la scarsa qualità della regolazione, portano all’impossibilità di sapere cosa si può e cosa non si può fare, ciò che è lecito e ciò che è illecito. Talvolta sembra che tutta una serie di provvedimenti legislativi, amministrativi e perfino le sentenze, siano scritte attraverso la logica del ‘rendere difficile il facile attraverso l’inutile'”. La semplificazione – ha dichiarato Ielo – “è una qualità delle regolazione e allora se noi andiamo a vedere tutta una serie di norme, leggi, regolamenti, circolari, incappiamo nelle norme matrioska che ti rimandano di legge in legge, di regolamento in regolamento, di comma in comma, di paragrafo in paragrafo e così via”.
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