17 febbraio di 417 anni fa: Giordano Bruno veniva bruciato vivo da un potere che affermava di ispirarsi a un'altra vittima del potere !
MATTEO FELTRI, giornalista de La Stampa
Il 46 per cento dei russi prova rispetto, simpatia e
ammirazione per Iosif Stalin. Un anno fa gli ammiratori del tiranno erano il 37
per cento, e il risultato è piuttosto interessante. Infatti si succedono
sondaggi secondo i quali in tutto il mondo cresce il desiderio di un uomo
forte, che di per sé non vuol dire niente: preferire Charles De Gaulle a
François Hollande significa preferire un uomo forte a un uomo debole, e sarebbe
curioso il contrario. In Italia, secondo le ultime ricerche, il desiderio di uomo
forte unisce l’80 per cento dei cittadini, metà dei quali votò Matteo Renzi
alle Europee del 2014, per poi mollarlo derubricando la forza in spacconeria.
Ma il sondaggio su Stalin cambia un po’ la prospettiva.
Che
cosa farà mai rimpiangere al popolo russo un capo comunista a cui viene
attribuita qualche decina di milioni di morti via Lubjanka e via gulag? C’era
più ordine, dicono. Istruzione gratuita, case gratuite, ospedali gratuiti, e
cioè nessuno aveva molto, ma tutti erano uguali nel poco. E questo dimostra che
la democrazia, e cioè la libertà, non è un insieme di regole, è una
disposizione dell’anima e della testa, e fa pensare che abbia ragione chi
sostiene che la libertà è difficile conquistarla ma ancora più difficile è
averne cura, perché la libertà contrariamente a quello che si pensa, anche
oggi, anche qui da noi, non è licenza, è responsabilità. Tanti anni fa Giuseppe
Mazzini, e ieri Emma Bonino, hanno detto che la libertà presuppone più doveri
che diritti. Quando si pensa il contrario, la libertà vola via.
MATTEO RENZI, segretario del Pd
«Certo. Il Pd è fatto da milioni di elettori, migliaia di iscritti. Il Pd appartiene al popolo, non ai segretari. Faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno. Ma un partito democratico non può andare avanti a colpi di ricatti. Apriamo le sedi dei circoli e discutiamo. E, finalmente, torniamo a parlare di Italia».
Lei dice che sarebbe incomprensibile provocare una scissione per il calendario; ma lo stesso vale anche per lei. Perché non fare primarie in autunno e votare tra un anno? «Perché l’ha chiesto la minoranza, su tutti i giornali, per un mese. Ci sono ancora le petizioni che girano su Internet. E l’ha votato la direzione 107-12: una comunità deve rispettare le regole interne. Abbiamo proposto il congresso a dicembre, e ci è stato chiesto di rinviare. Allora abbiamo proposto la conferenza programmatica, e ci è stato detto che sarebbe stata inutile senza le primarie. Ci siamo attrezzati per le primarie, e hanno detto: o congresso o scissione. Allora abbiamo accettato di fare subito il congresso, tornando alla casella iniziale. E adesso ci dicono che è meglio la conferenza programmatica? Stiamo facendo il congresso perché ce l’hanno chiesto loro. Due settimane fa erano in tv per promuovere la raccolta di firme per chiedere il congresso e adesso chiedono di rinviare il congresso? Basta polemiche, vi prego. Non c’è luogo più democratico del congresso per parlare del futuro dell’Italia».
Ma mentre voi vi dilaniate negli scontri personali — e quando ci si è scontra si è sempre in due —, il mondo va tutto da un’altra parte. Non crede che la scissione spalancherebbe le porte alla destra o a Grillo?
«Appunto. In America c’è Trump, l’Europa rischia di sgretolarsi se vince la Le Pen, i grillini sono alti nei sondaggi nonostante gli imbarazzanti risultati di Roma, Berlusconi e Salvini sono pronti a riprendersi la scena. Domando: chi ci va dai militanti della Festa dell’Unità a spiegare perché si deve rompere il Pd?».
Allora perché non fa lei un passo per evitarla, la scissione?
«Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono “comunque scissione”, il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene. Ci stiamo. Martina, Fassino, Zingaretti, hanno lanciato proposte concrete. Vanno bene. Però facciamo scegliere la nostra gente: davvero qualcuno ha paura della democrazia?».
MICHELE EMILIANO, esponente della minoranza pd
"Renzi non è il leader che dà maggiore importanza al gruppo, ma dà importanza a se stesso e al suo punto di vista. E' napoleonico, quindi va incontro inevitabilmente a delle Waterloo. Nel senso che cerca a tutti costi vittorie e rivincite con una spietatezza anche nei confronti di chi ha un punto di vista diverso. Questo secondo me sta pesando"
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