Nella Germania di Hitler, la persecuzione degli ebrei concretizzò il progetto totalitario. Non dovremmo dimenticarlo. Quando si rimettono in discussione i diritti di una minoranza su base etnica o razziale, è tutta la comunità di cittadini ad essere messa in discussione, perché quando una comunità decide di espellere o di escludere lo fa sulla base di una discriminazione che non ha nulla a che fare con la cittadinanza politica. A quel punto non c’è in teoria limite alla discriminazione.
Paura e risentimento sono due passioni micidiali per la politica, e in totale stridore con le idee democratiche. Il fatto è che a lungo andare, l’alleanza strategica dei nazional-sovranisti sarà messa a dura prova dalla natura stessa del nazionalismo che non può essere solidarista.
Senza un’unione politica e un coordinamento delle regole fiscali, le costrizioni alle quali questa Europa è vincolata rischiano di esasperare ancora di più i nazionalismi e di giustificare i sovranismi. Il paradosso (strategico, non casuale) di questa ideologia nazional-sovranista è di presentarsi all’opinione pubblica come se ci fosse un’Europa, per proporne un’altra.
Le forze democratiche e di sinistra devono recuperare i valori fondanti dell’Unione, ma perché la loro non sia la solita stantia retorica, devono avere la lungimiranza e il coraggio di affidarsi a una radicalità di contenuti. L’Europa deve essere una scelta di campo che metta al centro tutte le idealità che avevano mosso i Padri fondatori dell’Unione. L’attualità del Manifesto di Spinelli sta qui, poiché quel Manifesto non voleva essere un esercizio utopistico ma una visione pragmatica che tenesse insieme solidarietà e sicurezza sociale con la libertà personale e politica. Senza una politica sociale che contenga e limiti le prerogative del mercato, che metta steccati a quel che il mercato può o vuole fare, quell’idea di Unione è un bluff.
NADIA URBINATI
(ripreso da Altraeconomia)
ANDREA ORLANDO, parlameentare Pd
Il governo impugni di fronte alla corte Costituzionale la legge Ligure sulla riqualificazione delle strutture alberghiere che esclude quelle che ospitano (su indicazione del governo) i rifugiati.
Ma guarda, la cosa è assurda, la prefettura ti dice che devi accogliere e la regione ti toglie il finanziamento.
Non è che se uno accoglie per un periodo smette di essere un albergo per sempre.
RENATO BRUNETTA, parlameentare FI
“L’indice PMI manifatturiero dell’Italia, il più importante indicatore anticipatore del ciclo economico, è rimasto ad Aprile sotto la soglia recessiva dei 50 punti per il settimo mese consecutivo, nonostante sia risalito a quota 49,1. Nella classifica europea dell’indicatore, il nostro paese si trova ora al penultimo posto, secondo solo alla Germania, che ha risentito del forte calo dell’industria per effetto dei dazi imposti dall’amministrazione Trump. Nel comunicato della società IHS Markit, che cura l’indice, si legge che “continua ad aprile la contrazione del settore manifatturiero italiano e le aziende hanno registrato il nono mese consecutivo di declino di produzione e nuovi ordini. Detto ciò, il tasso di deterioramento è risultato più lieve sino a raggiungere il livello più debole in quattro mesi”. Al contrario, al primo posto della classifica si trova la Grecia, con un valore di 56,6, ai massimi da 226 mesi, mentre la Spagna si conferma uno tra i paesi più virtuosi, con un valore pari 51,8 in aumento rispetto al mese precedente.
FRANCESCA GRAZIANI, professore di Diritto Internazionale
Forza Nuova nella lista della Lega di Salvini, un accordo politico fino a ieri clandestino, ma ora ufficiale e che consente alla Lega di candidare per le comunali di Arzignano(Vicenza) anche il leader di FN, Daniele Beschin.
E, queste intese anche alle comunali di Druento (Torino).
GABRIELE GABRIELLI, Presidente dell Fondazione per il Lavoro
Perché un reddito universale non rende felice le persone ? Fukuyama Francis risponde così: “un lavoro non procura solo risorse ma anche il riconoscimento, da parte del resto della società, che si sta facendo qualcosa di socialmente utile”
NADIA URBINATI, docente di Teoria politica alla Columbia University di New York
“Quando cittadini democratici perdono il senso della propria dignità e subiscono il confronto con gli altri cittadini come ingiusto perché troppo profonde sono le diseguaglianze, allora la solidarietà si fa selettiva e purtroppo a subirne le conseguenze non sono i potenti ma i deboli”.
In tutto questo, l’internazionale populista vuole “un’Europa chiusa a chi viene da fuori. Ma è un ‘sogno’ irrealizzabile”.
Le elezioni europee vedono avanzare i movimenti populisti e sovranisti europei, che hanno fatto della retorica della paura il collante delle insoddisfazioni sociali. È la fine del progetto europeo?
Non credo (non spero) sia la fine del progetto europeo, anche se come abbiamo avuto modo di constatare in questi anni, la politica democratica è ricca di colpi di scena e molto repentina nel determinare nuovi scenari. Ma l’affaire Brexit milita a favore dell’Europa. E infatti, gli antieuropei nazionalisti del continente hanno notevolmente moderato i loro toni e accantonato l’idea di mettere fine all’esperienza europea. A questo proposito, ci sono importanti “novità” di cui tener conto nelle nostre valutazioni su quel che potrà essere il prossimo futuro: a partire dal 2015 e in coincidenza con il picco più elevato delle migrazioni, i nazionalismi si sono aggiornati e ora reclamano una leadership europea. Dopo riunioni in varie città, le visite ricambiate di Salvini in Polonia e nei Paesi di Visegrad, gli ammiccamenti di Marine Le Pen, i capi dei partiti sovranisti si presentano come alleati in un progetto di “internazionale populista”, benedetto da Steve Bannon, il protagonista straniero della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, nel maggio 2019. L’obiettivo è fare dell’UE un continente ermetico retto su pochi chiari obiettivi, per nulla estranei alla storia europea: centralità della razza bianca, della religione cristiana, del benessere per gli europei. Un’Europa chiusa a chi viene da fuori. Ripeto: anche questa è l’Europa, non solo quella illuminista e universalista. Ma forse lo scopo finale è di indebolire i legami europei e aprire quindi il continente alla colonizzazione dei tre grandi Paesi egemoni, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Indebolire o anche finire l’Europa significherebbe rendere i Paesi europei (quelli più vulnerabili soprattutto) terra di conquista.
(ripreso da Altraeconomia)
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