Con la Costituzione Apostolica Etsi Pastoralis, pubblicata da Benedetto XIV il 26 maggio 1742, al rito romano veniva attribuita in Italia la supremazia (praestantia) rispetto a tutti gli altri riti, una teoria accantonata con la Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium 4) che recita:
… il sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la santa madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti …
Lo stesso Concilio, nel Decreto Orientalium Ecclesiarum ha fatto obbligo agli orientali cattolici di ripristinare le proprie autentiche tradizioni:
Tutti gli orientali sappiano con tutta certezza che possono sempre e devono conservare i loro legittimi riti e la loro disciplina, e che non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del proprio organico progresso. Pertanto, tutte queste cose devono essere con somma fedeltà osservate dagli stessi orientali, i quali devono acquistarne una conoscenza sempre più profonda e una pratica più perfetta; qualora, per circostanze di tempo o di persone, fossero indebitamente venuti meno ad esse, procurino di ritornare alle avite tradizioni.
*Appunti estrapolati da un studio del professore
Stefano Parenti, professore straordinario di liturgia comparata, liturgie orientali e teologia ortodossa dei sacramenti presso le facoltà di liturgia e di teologia del Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma).
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