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venerdì 7 novembre 2014

Hanno detto ... ...

MASSIMO FRANCO, editorialista del Corriere della Sera
Dietro il voto del Parlamento sui giudici costituzionali si intravede, in filigrana, quello per l’elezione del presidente della Repubblica. L’ipotesi che Giorgio Napolitano possa ritenere conclusa la sua missione di qui a gennaio sta assumendo i contorni di una previsione, seppure da verificare. E pone con forza e preoccupazione il tema di quanto potrà accadere di fronte al vuoto che lascerebbe. Il «sì» di ieri al giudice costituzionale designato dal Pd, Silvana Sciarra, e a quello del Movimento 5 Stelle, Alessio Zaccaria, per il Csm, è un primo elemento di riflessione; e di tensione nella maggioranza. Il «no» a quello di Forza Italia è il secondo, anche perché rimanda a contrasti tutti interni al centrodestra.

La somma dei due episodi riconsegna un patto del Nazareno asimmetricoForse è azzardato sostenere che il coinvolgimento del movimento di Beppe Grillo nelle votazioni per la Consulta sia la prima pietra di un «secondo forno» che il premier può utilizzare per raggiungere i suoi obiettivi. Per quanto vada accolto come un segnale positivo, non cancella l’imprevedibilità di una formazione che segue le dinamiche imperscrutabili della Rete e del suo leader. Certamente, si tratta di un risultato che rafforza Renzi nella trattativa con un Silvio Berlusconi più subalterno di lui alla logica dell’accordo sulle riforme istituzionali. Il «forno» di Forza Italia appare inutilizzabile innanzi tutto per il suo proprietario. L’ esito disastroso della votazione per Stefania Bariatti alla Consulta conferma infatti che l’ex premier non è più in grado di garantire l’appoggio di tutti i suoi parlamentari. La falcidia dei candidati del centrodestra riflette e dilata la crisi della leadership berlusconiana. Al contrario, il Pd attraversa le barriere della maggioranza di governo e di quella istituzionale con una disinvoltura e una facilità da perno del sistema. Può rivendicare di avere fatto uscire il Movimento 5 Stelle dall’isolamento. E prefigura anche per il Quirinale un gioco a tutto campo che potrebbe superare lo schema di un capo dello Stato concordato tra Renzi e Berlusconi: quello che, almeno finora, appariva il più accreditato.

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