Nel mese di novembre,
dedicato alla commemorazione dei defunti, può risultare interessante conoscere
anche alcune notizie e curiosità, che al riguardo sono oralmente tramandate a
Contessa. Forse qualcuno già conosce alcuni episodi, che riporto di seguito
secondo la versione da me ascoltata da alcuni contessioti e trascritta.
Rosario dei morti
Anche se non é indicata da
nessuna targa della toponomastica urbana, da sempre la strada, attigua alla casa
canonica della parrocchia latina (tra via Vergine e via Morea), é nota col nome
“Zimbiteri”, che é una arbëreshizzazione della parola italiana “cimitero”.
Infatti il terreno, dove
oggi sorge la casa canonica, prima che fosse aperto il cimitero , é stato luogo
di sepoltura dei membri defunti della Congregazione “Compagnia della Madonna
della Favara”, il cui statuto fu approvato dal vescovo di Girgenti nel 1603.
Questa precisazione sulla
sepoltura dei defunti nella chiesa della Madonna della Favara, sede della parrocchiale
latina dal 1698, e nell’attiguo terreno “Zimbiteri”, é utile per comprendere
quanto di seguito descritto sull’origine del “Rosario dei morti”.
Si narra che una signora,
abitante nei primi decenni del secolo XIX nel quartiere Favara, vicino alla
nota fontana, esattamente nella casa dove attualmente si trova un forno per il
pane, una notte, essendo sonnambula, si alzò e nel buio cominciò a camminare
verso la vicina chiesa della Madonna. Mentre camminava sognava di vedere un
lungo corteo di morti, dall’aspetto non gradevole, i quali ad alta voce recitavano il rosario, che cominciava
con questa preghiera in dialetto siciliano: “Pregu l’eternu Patri, prego
l’eternu Figghiu, pregu l’eternu Spritu Santu, ni mittissi da lu so cantu.
Pregu a Maria pi salvari l’anima mia. Iu cantu cu vittoria di Gesù l’eterna
gloria. Vogghiu ludari cu gioia e risu angeli e santi di lu paradisu”.
Quindi uno dei defunti recitava “10 mila voti ludamu tutti li santi” e gli altri morti
del corteo rispondevano “Vogghiu ludari
con gioia e risu angeli e santi di lu
paradisu”.
Questa invocazione era
ripetuta dieci volte e quindi i defunti,
continuando in corteo verso la chiesa, ricominciavano a recitare la preghiera
iniziale “Pregu l’eternu Patri.......” ed al termine continuavano con l’invocazione “20 mila voti ludamu tutti li
santi...” e quindi con “30 mila Voti..”,
poi con “40 Mila voti...” ed infine con “50 mila voti...”, secondo lo
schema seguito per il rosario della Madonna.
Mentre nel sogno la signora
sonnambula assisteva alla processione dei morti, che recitavano il rosario, ad
un tratto si svegliò e si trovò nei pressi della chiesa della Madonna della
Favara, in mezzo al buio, perché allora (sec. XIX) non c’era a Contessa la
pubblica illuminazione come oggi.
La signora, presa da un grande spavento,
cominciò a correre verso casa, dove profondamente sconvolta raccontò il suo
sogno ai suoi familiari. Senza riacquistare più la serenità e senza più
prendere sonno, la donna fu presa da un profondo turbamento e da una progressiva
febbre, che la accompagnò fino al momento della sua morte, avvenuta dopo pochi
giorni.
Il
“rosario dei morti”, dai familiari che assistettero alla morte della
sonnambula raccontato a parenti, amici e conoscenti, é stato tramandato a
Contessa fino ad oggi ed alcuni contessioti infatti continuano a recitare
questo originale “Rosario dei morti” per i loro familiari defunti.
Prova di
coraggio di alcuni giovani al cimitero di Contessa
Essendo
stata abolita dalle nuove leggi la sepoltura dei defunti nelle chiese,
l'Amministrazione comunale, dopo tante proposte esaminate nel secolo XIX,
finalmente approva la costruzione del cimitero, costituito inizialmente da un
terreno recintato con filo spinato, un cancello per accedervi e la cappella
benedetta nell'anno 1875. L'inizio effettivo della sepoltura dei defunti nel
nuovo cimitero è documentato a partire dal 1892.
Quando
di seguito descritto sembra sia accaduto circa cent'anni fa, quando i ragazzi
ed i giovani di Contessa, che non hanno a disposizione dei locali dove
incontrarsi per momenti di socialità, la sera dopo cena solitamente si danno
appuntamento sul sagrato della chiesa del quartiere. Una sera d'inverno, alcuni
giovani propongono di mettere alla prova il coraggio di ciascuno invitando
tutti i presenti a visitare il cimitero. Tutti i presenti approvano la proposta
e si incamminano verso la contrada Giarrusso, dove fuori dal centro abitato
sorge il cimitero. Il gruppo di giovani, favoriti dal chiarore della luna
raggiungono il cimitero, si fermano davanti al cancello chiuso e concordano le
modalità con cui ciascuno deve dare prova del suo coraggio: superare il filo
spinato, attendere tutti gli altri dentro il cimitero e quindi iniziare il
ritorno per ritrovarsi fuori dal cimitero, scavalcando il filo spinato.
Tutto
procede regolarmente come concordato, nessuno rinuncia alla prova di coraggio,
verificata la presenza di tutti dentro il perimetro del cimitero, inizia la
fase finale della prova di coraggio. Sono già quasi tutti fuori dal recinto, l'ultimo
sta scavalcando il filo spinato dall'interno del cimitero saltando dalla parte
più alta e atterra fuori dal recinto, ma si sente trattenuto da qualcosa: durante il salto la parte più bassa del
suo mantello rimane impigliato nel filo spinato! Grande è lo spavento,
immediato il soccorso degli altri giovani, richiamati dalle sue grida, ma la
serenità non torna tra i protagonisti di questa singolare e purtroppo dolorosa esperienza:
accompagnato a casa il giovane per molti giorni non riacquista la serenità e
non torna alla normalità. Alcuni riferiscono che sia stato tormentato da
dolori, visioni, febbre alta per molto tempo ed altri invece tramandano che sia
morto dopo qualche settimana.
Padre Angelo Clesi
e Cuccia Francesco protagonisti di un originale evento
Nell'elenco
del clero, conservato nella parrocchia greca, risulta che padre Angelo Clesi è
cappellano della chiesa delle Anime Sante nel 1845. Dai registri dell'anagrafe
del comune di Contessa risulta che Cuccia Francesca, nata nel 1799, muore a
Contessa nel 1849.
Nella
memoria popolare è ancora vivo il ricordo di un episodio originale, i cui
protagonisti sono appunto padre Angelo Clesi e Francesca Cuccia, che è
ricordata per la sua profonda religiosità e la presenza assidua alle funzioni
religiose. Francesca abita nelle vicinanze della chiesa delle Anime Sante, dove
padre Angelo celebra solitamente la divina Liturgia. Tramandano che un giorno,
mentre padre Angelo sta celebrando la Divina Liturgia, al momento della
consacrazione Francesca grida "padre Angelo, dove hai la testa!",
come se abbia la visione che il celebrante sia distratto, invece di dedicare la
sua massima attenzione al momento
solenne della celebrazione.
Terminata
la celebrazione padre Angelo domanda a Francesca perché aveva richiamato
l'attenzione sua e dei fedeli con quella frase. Ottiene solamente poche parole
non esaurienti: "Un giorno ti darò la risposta".
Francesca
continua a frequentare le celebrazioni alle Anime Sante e nelle altre chiese e,
nel 1849, muore. Padre Angelo si reca a benedire la salma di Francesca, che
giace nel letto, in attesa del funerale. Mentre padre Angelo prega davanti alla
salma immobile, improvvisamente Francesca guarda il sacerdote negli occhi per
qualche momento, seduta sul letto, quindi richiude gli occhi ed il suo corpo
ritorna nella posizione di prima. Raccontano che questo episodio sia la
risposta che Francesca ha voluto dare a padre Angelo, per ricordargli che la
frase gridata in chiesa non era uno sfogo improvvisato ma uno stimolo per
dedicare la dovuta attenzione alle celebrazioni della Divina Liturgia. Si
presume che l'episodio sia stato per don Angelo una esperienza utile per la sua
missione sacerdotale.
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