Al Clero, alle Religiose, ai
Religiosi ed ai Fedeli dell’Eparchia.
«Epìstevsa dhiò elàlisa - Ho
creduto, perciò ho parlato»
(2 Cor 4, 13)
Il
prossimo 11 Ottobre, insieme a cristiani di tutto il mondo, saremo chiamati a
vivere un anno di grazia: l’Anno della Fede, indetto dal Santo Padre Benedetto
XVI attraverso il Motu Proprio “Porta Fidei”. La data di inizio coincide con il
50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II esperienza di
riflessione teologica ed ecclesiale, di discernimento sapiente e di
rinnovamento autentico, nel corso del quale uno dei tanti Padri conciliari è
stato il nostro primo vescovo di felice memoria S. Ecc. Giuseppe Perniciaro.
Adesso, a distanza di mezzo secolo, siamo invitati a fare una breve sosta e a
lasciarci attraversare da una domanda: siamo proprio sicuri di avere fede? È
sufficiente dare vita ad una riforma liturgica, biblica, ecclesiale, ecumenica
per entrare in una relazione vitale con Cristo Signore? La lettera del Papa,
prima ancora di contenere indicazioni pratiche su cosa fare, interpella con
delicatezza la coscienza di ogni credente per invitarlo a riscoprire la
sorgente del proprio credo. C’è la preoccupazione del padre saggio che vede la
casa ricca di tante realtà ma povera di legami veri a tal punto da rendere
indifferenti le persone che la abitano. E se noi cristiani stessimo vivendo il
medesimo pericolo? Forse ci siamo dimenticati di Dio, pur vivendo dentro gli
spazi sacri delle nostre chiese o degli oratori? Forse siamo bravi a parlare di
Dio e non riusciamo più a parlare con Dio? Insomma, per riprendere la domanda
che Gesù rivolge a Pietro: “Ma voi, chi dite che io sia?” Si, lo so dice Gesù
quello che gli altri pensano, ma da voi mi aspetto una risposta diversa, una
relazione non fondata sul sentito dire ma su un amore vero. L’Anno della Fede,
si presenta come una grande opportunità di verifica della nostra relazione con
Dio sia a livello personale che comunitario; un tempo durante il quale
riscopriamo”ta Àghia” le realtà essenziali che ci reggono in piedi come
battezzati. Potremmo paragonare quest’anno a quella “strana” scelta di Dio di
condurre il suo popolo nel deserto per ritornare a parlare al cuore e per far
sì che il popolo, ancora una volta, ritorni a scoprirlo come il proprio Dio.
Dio geloso e amante, Dio misericordioso e fedele, Dio forte e tenero. L’anno
della fede non dovrà servire a fare ripasso, ma a fare di Dio la nostra vita, a
creare un intreccio fortissimo tra la Sua fedeltà e la nostra fiducia, fra il
Suo darsi a noi e il nostro abbandonarci fra le Sue braccia, fra la Sua
eternità e la nostra storia.
È
questo l’augurio che porgo a tutti voi e a me stesso: che la grazia dello
Spirito Santo possa illuminare la nostra mente e possa riscaldare i nostri
cuori. Mercè la preziosa intercessione della Theotòcos.
+ Sotir Ferrara
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