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mercoledì 28 novembre 2018

Hanno detto ... ...

le colpe dei padri 

ricadono sui figli?

Hanno cominciato prima i M5S
sui genitori di Renzi e Boschi ?
ENRICO MENTANA, giornalista
Chiunque in politica deve rispondere - senza eccezione - delle sue scelte pubbliche. Quando illegali o censurabili, anche dei suoi comportamenti privati. Ma mai, se non ne ha tratto profitto o non ha aiutato a determinarli o non ha cercato di nasconderli, degli atti delle persone a cui è legato. La responsabilità civile e penale, in uno stato di diritto, è individuale. Non so se il padre di Di Maio abbia compiuto atti illeciti. Ma l'onere della prova non spetta al figlio, ancorché ministro. È lo stesso identico metro che ho utilizzato negli anni scorsi, e lo userò sempre.

CORRIERTE DELLA SERA
Tra le righe dell’Antico Testamento è scritto che sì, le colpe dei padri ricadono sui figli. Da secoli il dibattito è aperto, ma intanto nelle cucine della politica italiana volano i piatti e sul web rimbalzano frasi celebri e biografie, per così dire leggendarie, di genitori che hanno messo in imbarazzo profondo gli «illustri» figli.

Prima del vicepremier, nella grande famiglia stellata ha trangugiato l’amaro calice Alessandro Di Battista. Il babbo Vittorio detto «Vitto», sfacciatamente fascista, è diventato a suo modo famoso per aver offeso via Facebook il capo dello Stato, lanciandosi in un paragone acrobatico e bellicoso tra la presa della Bastiglia e la presa del Quirinale. L’epica delle gesta parlamentari ricorda anche quando, addì 2017, davanti a Montecitorio, «Vitto» si scagliò contro l’ex generale Pappalardo, leader dei «forconi». Rissa sfiorata e raccomandazione al rampollo pentastellato: «Spero che Alessandro possa diventare più cattivo del padre».
Adesso però al centro delle cronache c’è Di Maio, che Di Battista senior si divertì a bollare come «un piccolo testa di c.». Il contrappasso è servito. Finito sulla griglia incandescente per la brutta storia degli operai pagati in nero dal padre nella ditta di famiglia, della quale è proprietario al 50 per cento, Di Maio si è giustificato rivelando al mondo la natura dei sui rapporti col genitore, un tempo fervente missino: «Per anni non ci siamo neanche parlati, non c’è stato un bel rapporto». Adesso le cose vanno meglio. Ma nel 2010, quando Di Maio fece fiasco alle comunali di Pomigliano D’Arco inchiodandosi a 59 voti, nemmeno il padre gli diede la preferenza. E chissà se la presa di distanza del giovane erede sulla vicenda rivelata dalle Iene salda in parte anche quel vecchio conto. «Ad Antonio Di Maio le parole del figlio hanno fatto più male di tutto il resto — lo assolve il sindaco di Pomigliano Lello Russo — Una pugnalata al cuore».
Gli album di famiglia come oggetti contundenti. Tiziano Renzi, entrato e uscito da un pericoloso gioco di porte scorrevoli, tra scandali mediatici e indagini giudiziarie, chiede «cortesemente» che il suo nome non venga accostato a quello di Antonio Di Maio. Maria Elena Boschi — già numero due del governo Renzi, rimasta schiacciata dal conflitto d’interessi per il ruolo del padre al vertice di Banca Etruria e dai sospetti sul decreto «salva banche» — cerca via web gli occhi del «caro signor» Antonio Di Maio. Un video studiato e accorato, in cui respinge il «fango dell’ingiustizia» e rivela che continua a impegnarsi in Parlamento solo per la sua nipotina. Ma intanto resta agli atti che Pierluigi Boschi fu nominato vicepresidente dell’istituto di credito due mesi dopo che la figlia era diventata ministro. Ah come scorre, il sangue nelle vene della politica. Sulla breccia oggi ci sono i padri, ma nella seconda Repubblica quelli da guardare a vista erano i figli(di papà). Ne sa più di qualcosa Umberto Bossi, svilito dalle poco edificanti avventure del giovane Renzo. Itticamente ribattezzato «trota» dal paparino stesso, il virgulto leghista annaspava tra spese pazze e lauree triennali, «comprate» a sua insaputa in Albania.

LUIGI MARATTIN, Capogruppo pd in Commissione Bilancio Camera
Bocciata la riduzione di accise su benzina (promessa Lega) e la riduzione delle auto blu (promessa M5S).
Ma allora cosa l’hanno detto a fare in campagna elettorale?
Solo per prendere voti?

ALESSIA ROTTA, giornalista
Per anni hanno detto che avevano trovato 17 miliardi di coperture bollinate dalla Ragioneria per il Reddito di cittadinanza.
Ora ci spiegano che quei soldi non ci sono e che serve fare debito.
E a pagare sono gli italiani.

CARLO CALENDA,
Devo dire che sono rimasto abbastanza impressionato dal livello di ignoranza.
Non credevo. Mancano proprio i basici.
Detto questo forse sono stato troppo aggressivo. Il che non è mai una buona cosa.

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