Primi riferimenti ai cristiani in
testi non cristiani
Nelle fonti non cristiane, i protagonisti delle vicende iniziali del cristianesimo vengono menzionati solo sporadicamente. Menzioni significative sono offerte dallo storico ebreo del secolo Flavio Giuseppe (Antichità giudaiche, 18, 63-64) e da Tacito (Annali, 15, 44, 2-5).
Flavio Giuseppe
Verso questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo; infatti egli compiva opere straordinarie, ammaestrava gli uomini che con gioia accolgono la verità, e convinse molti giudei e greci. Egli era il Cristo. E dopo che Pilato, dietro accuse dei maggiori responsabili del nostro popolo, lo condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin dall’inizio lo amarono. Infatti apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti detto queste cose su di lui e moltissime altre meraviglie. E ancora fino ad oggi non è scomparsa la tribù dei cristiani che da lui prende nome.
Tacito
Tuttavia, ne’ per umani sforzi, ne’ per elargizioni del principe, ne’ per cerimonie propiziatrici dei numi perdeva credito l’infamante accusa per cui si credeva che l’incendio (di Roma) fosse stato comandato. Perciò, per tagliar corto alle pubbliche voci, Nerone inventò i colpevoli e sottopose a raffinatissime pene quelli che il popolo chiamava Cristiani e che erano invisi per le loro nefandezze. Il loro nome veniva da Cristo, che sotto il regno di Tiberio era stato condannato al supplizio per ordine del procuratore Ponzio Pilato. Momentaneamente sopita, questa perniciosa superstizione proruppe di nuovo non solo in Giudea, luogo d’origine di quel flagello, ma anche in Roma, dove tutto ciò che è vergognoso ed abominevole viene a confluire e trova la sua consacrazione. Per primi furono arrestati coloro che facevano aperta confessione di tale credenza, poi, su denuncia di questi, ne fu arrestata una gran moltitudine non tanto perché accusati di aver provocato l’incendio, ma perché si ritenevano accesi d’odio contro il genere umano. Quelli che andavano a morire erano anche esposti alle beffe: coperti di pelli ferine, morivano dilaniati dai cani, oppure erano crocifissi, o arsi vivi a mo’ di torce che servivano ad illuminare le tenebre, quando il sole era tramontato. Nerone aveva offerto i suoi giardini per godere di tale spettacolo, mentre egli bandiva i giochi nel circo ed in veste d’auriga si mescolava al popolo, o stava ritto sul cocchio. Perciò, per quanto quei supplizi fossero contro gente colpevole e che meritava tali originali tormenti, pure si generava verso di loro un senso di pietà perché erano sacrificati non al comune vantaggio, ma alla crudeltà di un principe.
= = = = =
Una riflessione dei nostri giorni di
Piero Coda
Il Concilio Vaticano II ha più volte sottolineato che l’uomo il quale nella propria coscienza, attraverso l’esercizio della libertà, si indirizza al bene e al vero senza giungere al riconoscimento dell’esistenza e della presenza di Dio nella storia, e’ comunque in rapporto con Dio e ne riceve il dono della grazia e della comunione con lui.
Anche se la relazione con Dio -per tutta una serie di cause: culturali, psicologiche, sociali, morali- non viene riconosciuta e affermata esplicitamente, Dio è sempre presente all’uomo, poiché quello che in ultima analisi caratterizza la persona e’ la sua disponibilità e volontà ad aprirsi alla verità e all’amore, che in definitiva sono irradiazione dell’esistenza di Dio.
Chi è?
Piero Coda. (Cafasse, Torino 1955) si è laureato in filosofia a Torino e in teologia presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, dov’è professore ordinario. Impegnato a livello internazionale nel dialogo tra fede e cultura, cristianesimo e religioni, è membro del Consiglio Scientifico dell’Enciclopedia Italiana, Presidente dell’Associazione Teologica Italiana e Segretario della Pontificia Accademia di Teologia. Tra le sue opere: Il negativo e la Trinità. Ipotesi su Hegel (Città Nuova, 1987); Dio uno e trino. Rivelazione, esperienza e teologia di Dio (S. Paolo Edizioni, 1993); con S. Zavoli, Se Dio c’è. Le grandi domande (Mondadori, 2000); Il logos e il nulla.Trinità, religioni, mistica (Città Nuova, 2003); con G. Filoramo, Dizionario del cristianesimo (Utet, 2006); La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel (Città Nuova, 2007).