a cura di Nino Montalbano
Nel programma elettorale dell’amministrazione in carica lo sviluppo turistico del territorio di Contessa Entellina era uno dei punti centrali e infatti in questi due anni si è investito molto in questo senso (vedi le tre mangiate organizzate allo Spiazzo Greco).
Mi pare importante, quindi, in quest’ottica culturale e di valorizzazione iniziare un percorso di verifica dei beni culturali locali e di conoscenza con il fine di sottoporre all’attenzione pubblica il loro stato di conservazione e fruibilità e magari dare un’idea per chi volesse proporre giri turistici alternativi ai propri ospiti.
Il primo sito che vi vorrei segnalare si trova proprio all’ingresso del paese in contrada Giarruso. E’ il lavatoio comunale. Questa struttura per molti anni sepolta sotto la terra e da una strada che vi passava sopra, è stata, dopo varie vicissitudini, portata alla luce, restaurata e resa fruibile.
Il lavatoio comunale serviva ai contadini per lavare le zampe ai muli al ritorno dal lavoro nei campi prima di entrare in paese ed è un esempio di civiltà, di pulizia per il paese che non si trova in altre realtà. Come potete vedere dalle foto è tutto fatto in pietra, di forma circolare con un’entrata; i muli facevano il giro nell’acqua e poi erano pronti per entrare in paese.
A mio avviso bisognerebbe inserirlo nel percorso turistico guidato di Contessa anche perché in altri comuni non esiste qualcosa del genere. Suggerirei anche di far fare una sosta nell’abbeveratoio ed eventualmente un piccolo pic-nic in zona.
Il resto dei commenti li lascio a voi perché non esistono parole che possano esprimere tanto degrado, il problema principale è che, tutto il paese “passa e spassa” da quella zona dieci volte al giorno e nessuno si lamenta. Penso che se prima della pulizia di un luogo visitabile per i turisti si pensa alla mangiata mi viene in mente l’idea di un turismo solo ed esclusivamente enogastronomico ma senza qualità, un’abbuffata fatta solo di contenuti materiali, quantità. La cura dei luoghi, il confronto, la discussione, la valorizzazione in sé… dov’è?
Ma facciamo un po’ di storia e diamo un’identità a questo modo di concepire la “cosa” pubblica. “Festa Farina e Furca” sono le tre “f” che, secondo Ferdinando II di Borbone, consentono di ben governare un popolo. Durante il periodo borbonico, infatti, nel corso di feste pubbliche e di distribuzioni di pane, erano eseguite molte impiccagioni al fine di dimostrare il potere politico e la capacità di mantenere sicurezza e legalità nel regno. Ancora oggi le tre “F” fanno parte della cultura dei nostri amministratori anche se con connotati diversi: la Festa è stata mantenuta, la Farina in varie forme è stata distribuita e la Forca è stata sostituita con la messa al bando di tutti i nemici dell’amministrazione (privati, associazioni e politici locali). Infatti a servire la gente, a preparare e organizzare sono stati alcuni consiglieri e amministratori. “La farina” direttamente dalle mani degli amministratori… questo è stato il messaggio che ci hanno lasciato in questi due anni.
Quello che mi chiedo è, lasciando stare gli aspetti culturali e concentrandomi su quelli materiali del mangiare, “del riempimento di stomaco”. Questi “signori” avranno sempre la capacità economica di sfamarci o pensano principalmente per il loro stomaco? Perché due feste l’anno non bastano. Gli agricoltori, questa mattina avevano già il problema a chi vendere il grano e a quale prezzo!! Mentre i nostri amministratori erano già in viaggio a carico dei contribuenti. Noncuranti del fatto che la valorizzazione non è servita a nulla perché già questa mattina c’era di nuovo fame.
Nino Montalbano 365
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