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domenica 18 luglio 2010

Conoscere il patrimonio culturale-religioso bizantino - Commemorazione del Padri che parteciparono ai primi concili ecumenici

a cura di Giuseppe Caruso
La domenica dopo il 13 luglio il rito bizantino ci propone la commemorazione di tutti quei Santi Padri che parteciparono ai primi sei Concili Ecumenici della Chiesa universale. Questi concili ebbero un duplice ruolo. Dapprima, resero l'organizzazione visibile della Chiesa chiara e articolata, cristallizzando la posizione delle cinque grandi sedi (o Patriarcati, come si giunse a chiamarle). In secondo luogo, cosa più importante, i concili definirono una volta per tutte l'insegnamento della Chiesa sulle dottrine fondamentali della fede cristiana - la Trinità e l'Incarnazione. Tutti i Cristiani sono d'accordo nel considerare queste cose come 'misteri' che vanno al di là della comprensione e del linguaggio umani. I vescovi, quando formulavano definizioni ai concili, non immaginavano di avere spiegato il mistero; cercavano appena di escludere alcuni modi falsi di parlarne e di spiegarlo. Per evitare che il popolo deviasse nell'errore e nell'eresia, eressero una barriera attorno al mistero; e questo fu tutto. Questi primi sei concili furono, in ordine:
1. il primo Concilio di Nicea
2. il primo concilio di Costantinopoli
3. il primo concilio di Efeso
4. il concilio di Calcedonia
5. il secondo e il terzo concilio di Costantinopoli
L'opera principale del Concilio di Nicea nel 323 fu la condanna dell'arianesimo. Ario, un prete di Alessandria, sosteneva che il Figlio è inferiore al Padre, e, tracciando una linea di divisione tra Dio e la creazione, poneva il Figlio tra le cose create: una creatura superiore, è vero, ma nondimeno una creatura. La sua motivazione, indubbiamente, era di proteggere l'unicità e la trascendenza di Dio, ma l'effetto del suo insegnamento, nel rendere Cristo inferiore a Dio, era di rendere impossibile la nostra deificazione umana. Solo se Cristo è vero Dio, rispose il concilio, può unirci a Dio, poiché nessuno se non Dio stesso può aprire agli esseri umani la via dell'unione. Cristo è 'uno in essenza' (homoousios) con il Padre. Non è un semidio o una creatura superiore, ma Dio nello stesso senso in cui il Padre è Dio: 'Dio vero da Dio vero,' proclamò il concilio nel Credo che vi fu promulgato, 'generato, non creato, coessenziale al Padre'. Il Concilio di Nicea si occupò anche dell'organizzazione visibile della Chiesa. Fece particolare menzione di tre grandi centri: Roma, Alessandria e Antiochia (Canone VI). Stabilì anche che la sede di Gerusalemme, pur rimanendo soggetta al Metropolita di Cesarea, ricevesse il posto d'onore successivo a queste tre (Canone VII). Costantinopoli naturalmente non venne menzionata, poiché non fu ufficialmente inaugurata come nuova capitale fino a cinque anni più tardi; continuò a essere soggetta, come prima, al Metropolita di Eraclea.
L'opera di Nicea fu ripresa dal secondo Concilio Ecumenico, tenuto a Costantinopoli nel 381. Questo concilio espanse ed adattò il Credo Niceno, sviluppando in particolare l'insegnamento sul Santo Spirito, di cui affermava che è Dio proprio come il Padre e il Figlio sono Dio: 'che procede dal Padre, che insieme con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato'. Il concilio cambiò pure le decisioni del Sesto Canone di Nicea. La posizione di Costantinopoli, ora capitale dell'Impero, non poteva più essere ignorata, e le fu assegnato il secondo posto, dopo Roma e al di sopra di Alessandria. 'Il Vescovo di Costantinopoli avrà le prerogative d'onore dopo il Vescovo di Roma, poiché Costantinopoli è la Nuova Roma' (Canone III). Dietro alle definizioni dei concili stava l'opera dei teologi, che diedero precisione alle parole impiegate dai concili. Fu il conseguimento supremo di Sant'Atanasio di Alessandria di estrarre tutte le implicazioni della parola chiave nel Credo Niceno: homoousios, uno in essenza o sostanza, coessenziale o consustanziale. Complementare alla sua opera fu quella dei tre Padri Cappadoci, i Santi Gregorio di Nazianzo, Basilio il Grande e il fratello minore di quest'ultimo, Gregorio di Nissa. Mentre Atanasio sottolineava l'unità di Dio - Padre e Figlio sono uno in essenza (ousia) i Cappadoci evidenziavano la trinità di Dio: Padre, Figlio e Santo Spirito sono tre persone (hypostasis). Mantenendo un delicato equilibrio fra la trinità e l'unità in Dio, essi diedero pienezza di significato al classico sommario di dottrina trinitaria, tre persone in un'essenza. Mai prima di allora o da quel tempo la Chiesa ha avuto quattro teologi di tale statura nell'arco di una singola generazione.
Il concilio di Efeso riconobbe Maria come Theotokos (Madre di Dio). Maria è genitrice di Dio, poiché 'ella ha partorito il Verbo di Dio fatto carne'. Ciò che Maria ha partorito non è un uomo unito a Dio da tenui legami, ma un a persona singola e indivisa, che è allo stesso tempo Dio e uomo. Il nome Theotokos salvaguarda l'unità della persona di Cristo: negarle questo titolo è come separare il Cristo incarnato in due, spezzando il ponte tre Dio e l'umanità ed erigendo nel mezzo della persona di Cristo un muro di partizione. Da ciò possiamo vedere che a Efeso non furono coinvolti solo titoli devozionali, ma il messaggio stesso della salvezza. Lo stesso primato che la parola homoousios occupa nella dottrina della Trinità, la parola Theotokos lo detiene nella dottrina dell'Incarnazione.
Il Concilio di Calcedonia proclamò che, mentre Cristo è una singola e indivisa persona, Egli non è "da" due nature ma "in" due nature. I vescovi acclamarono il Tomo di San Leone il Grande, Papa di Roma, in cui la distinzione tra le due nature è chiaramente espressa, anche se l'unità della persona di Cristo vi è ugualmente enfatizzata. Nella loro proclamazione di fede essi dichiararono la loro fede in 'uno e lo stesso Figlio, perfetto nella Divinità e perfetto nell'umanità, veramente Dio e veramente uomo... riconosciuto in due nature senza confusione, senza cambiamento, senza divisione e senza separazione; la differenza tra le nature non è in alcun modo rimossa a causa dell'unione, ma piuttosto si mantiene la peculiare proprietà di ciascuna natura, ed entrambe si combinano in una persona e in una ipostasi'. Il concilio liberò pure Gerusalemme dalla giurisdizione di Cesarea e le diede il quinto posto tra le grandi sedi. Il sistema noto in seguito tra gli ortodossi con il nome di Pentarchia era ora completo: in esso cinque grandi sedi nella Chiesa erano tenute in particolare onore, e un ordine definito di precedenza fu stabilito tra loro: in ordine di rango, Rome, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme. Tutte e cinque vantavano fondazione apostolica. Le prime quattro erano le città più importanti dell'Impero Romano; la quinta fu aggiunta perché si trattava del luogo dove Cristo aveva sofferto sulla Croce ed era risorto dai morti. Il vescovo di ciascuna di queste città ricevette il titolo di Patriarca. I cinque Patriarcati divisero tra loro in sfere di giurisdizione l'intero mondo conosciuto, a parte Cipro, a cui il Concilio di Efeso accordò l'indipendenza che ha mantenuto fin d'allora.
La Definizione di Calcedonia ebbe come supplemento due concili posteriori, entrambi tenuti a Costantinopoli. Il quinto Concilio Ecumenico (553) reinterpretò i decreti di Calcedonia da un punto di vista alessandrino, e cercò di spiegare, in termini più costruttivi di quelli usati da Calcedonia, come le due nature di Cristo si uniscono per formare una singola persona. Il sesto Concilio Ecumenico (680-81) condannò l'eresia dei monoteliti, che sostenevano che, anche se Cristo ha due nature, dato che Egli è una singola persona, ha solo una volontà. Il Concilio replicò che se Egli ha due nature, allora deve avere anche due volontà. I monoteliti, sembrava, volevano sminuire la pienezza dell'umanità di Cristo, poiché la natura umana senza una volontà umana sarebbe incompleta, una mera astrazione. Poiché Cristo è vero uomo così come vero Dio, Egli deve avere una volontà umana così come una volontà divina.

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