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mercoledì 2 maggio 2018

Hanno detto ... ...

Italia bloccata,
manca il governo
LEONARDO BECCHETTI, professore ordinario di Economia politica
Teorema dell'impossibilità politica: in un paese con 3 forze dove nessuna ha la maggioranza da sola e nessuna riconosce le altre è impossibile governare con un sistema proporzionale. Conseguenza: o si cambia sistema o si deve dialogare.

CORRADNO MINEO, giornalista
Dopo il Niet di Renzi si parla di elezioni, se non a luglio a settembre. Sarebbero un ballottaggio fra centro destra e 5 Stelle, con il Pd fuori gioco.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, già parlamentare pd
Il 13 marzo Dario Fanceschini in una intervista (esattamente come ha fatto Matteo Renzi il 29 aprile) ha fatto più o meno la stessa proposta: tregua e corresponsabilità di tutti per riforma costituzionale.
Non ci fu nessuno scandalo.

GUSTAVO ZAGREBELSKY , costituzionalista

La teoria generale dei numeri nel 
diritto costituzionale e nella politica:

Il numero 1 è quello del principato: uno regna, tutti gli altri obbediscono. Il numero 2 è quello della sovversione e della rissa: se le forze in campo sono solo due e si affrontano come si usa nelle democrazie latine, inclusa la nostra, senza la cultura politica del ‘modello Westminster’ che spesso si invoca da noi, l’una tende a sopraffare l’altra. In Italia, il 2 significa la totale occupazione dello Stato, degli enti pubblici, della Rai, della burocrazia, della sanità, della cultura… Si vive in quello che Tucidide, nella Guerra del Peloponneso, chiamava stasis: che non è solo lo stallo, è la quiete apparente che precede la tempesta, lo scontro finale dove uno solo dei due resta in vita. Poi c’è il numero 3.
Il 3 è il numero perfetto anche per il pensiero costituzionale: la cifra dell’equilibrio dinamico che garantisce tutti. Se in Parlamento hai tre forze, due potrebbero accordarsi per eliminare la terza, ma poi si piomberebbe nel numero 2: la stasis e lo scontro. Invece conviene a tutti che esista sempre una terza forza, a garanzia delle altre due, contro l’esplodere del conflitto radicale.

Il Pd è la terza forza, dopo il centrodestra e i 5Stelle. Dovrebbe sfruttare questa posizione che lo rende indispensabile alle due forze maggiori e scegliere di coalizzarsi con quella che ritiene più vicina o meno distante: o i 5 Stelle, come io e lei auspichiamo fin dal 4 marzo, oppure il centrodestra. Del resto il Pd non ha avuto problemi, nel 2011 e nel 2013, a fare due governi con Forza Italia e nel 2014, con Renzi, ad accordarsi con pezzi di centrodestra. Renzi invece, anziché far fruttare il 18,7% di voti ottenuto alle elezioni, non vuole proprio giocare la partita: lavora per lo stallo, la stasis. Fa addirittura capire di preferire un governo degli altri due, che farebbe fuori il Pd. Questo significa lavorare contro il suo partito, nell’illusione di farne un altro. Sogna di diventare il Macron italiano. Vedremo se mercoledì in Direzione il suo partito accetterà di estinguersi senza fiatare o deciderà di sedersi a uno dei due tavoli: il più conforme o il meno difforme dalla sua vocazione, se riesce a darsene una.

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