Cristianesimo
Non esiste essere umano che non abbia avuto un lutto in famiglia, uno dei momenti più difficili e dolorosi che le famiglie si trovano a dover affrontare.
La morte fa paura a tutti, tant’è vero che nella nostra società molti cercano di far finta che non esista, illudendosi in un’impossibile eterna giovinezza.
Negli ospedali sia pubblici che privati le camere mortuarie sono situate lontano dalla vista dei visitatori.
Eppure il Cristianesimo non crede che la felicità terrena, il successo di qualsiasi tipo, la vita tranquilla non turbata da problemi ed incidenti risulti il fine della Fede. Anzi, la sofferenza, inseparabile da questa vita, viene considerata come partecipazione alla Croce.
La morte fisica-biologica sarebbe, è, per il Cristianesimo solo un passaggio che con la resurrezione di Cristo ha aperto a tutti noi la vita piena.
Concetto questo che con frequenza il nostro Papàs Kola ripete nelle omelie funebri.
Molti anni fà mi trovai in una isola greca e avendo notato che nella chiesa locale stesse per svolgersi un funerale volli assistervi. Mi sono subito riconosciuto nella identica ritualità che nel territorio dell'Eparchia di Piana si svolge ancora oggi in simili circostanze.
Alla fine del rito pensavo che la bara dalla Chiesa dovesse passare al cimitero. Ho visto invece che tutti i presenti, compresi i parenti del morto, si riversarono in uno slargo adiacente alla Chiesa dove sembrava fosse preparato un banchetto.
Nel mio pessimo "inglese" ho chiesto al papàs che aveva celebrato il rito -pure lui accorso fuori- cosa stesse accadendo. Confermò che si stesse facendo proprio una festa -con la bara sempre in chiesa- perchè la persona deceduta aveva già gustato la gioia della vita senza fine, della "resurrezione".
Proprio sulla scia di come in tempi recenti insiste con frequenza Papàs Kola quando parla, nelle occasioni dei riti funebri, parlando "di Natale, della nascita-passaggio alla vita piena".
Nel banchetto di quell'isola greca veniva distribuito un dolce denominato la Coliva, tradizionalmente, sin dall'antichità cristiana, preparata per onorare i defunti e viene portata in chiesa per farla benedire dal sacerdote durante il rito funebre dallo stesso poco prima celebrato.
La coliva -che vedremo- è a base di grano, consumata alla fine del rito o nelle occasioni di commemorazione di defunti ha il suo senso particolare collegato alla resurrezione di Cristo: il grano che cade sulla nuda terra, "morendo" produce frutto. Ed è per questa circostanza uno dei simboli della resurrezione.
Il papàs che mi diede la spiegazione mi chiarì ancora che non è inusuale -per festeggiare l'evento della "nascita in cielo" che la coliva venga direttamente mangiata in chiesa o presso la tomba del defunto.
LA COLIVA
E' un dolce a base di grano bollito la cui ricetta ha un gran numero di varianti da zona a zona e da paese ortodosso all'altro dell'Europa Orientale.
L'ingrediente principale sono chicchi di grano bolliti e addolciti tradizionalmente con miele, ma oggi anche con zucchero. Al grano cotto si aggiungono le mandorle e noci tritate, semi di sesamo, cannella, semi di melograno, uva passa,...ecc.
Per decorazione, si usa ricoprire la coliva con polvere di zucchero o polvere di cacao (spesso con motivi ornamentali di croci), pezzi di cioccolata, mandorle glassate o caramelle di varie forme e colori.
Per decorazione, si usa ricoprire la coliva con polvere di zucchero o polvere di cacao (spesso con motivi ornamentali di croci), pezzi di cioccolata, mandorle glassate o caramelle di varie forme e colori.
Riflessione
Se la morte nella concezione cristiana, e noi siamo cristiani, è il ricongiungimento col Cristo ed essa è una festa per la "rinascita e/o il Natale in cielo di ciascuno" quella festa e gioia a base di "coliva" non si concilia col nostro modo di fare le condoglianze in chiesta ai parenti del defunto.
Cristiani sono loro e lo siamo noi. Loro festeggiano in Chiesa e noi ci doliamo in Chiesa ?
La chiesa-edificio è stata costruita perchè la comunità-cristiana faccia comunione di gioia in quanto agli uomini è stata data "vita", "gioia", "risurrezione", che prima non avevano.
Forse però dovremmo provare a capire meglio e più attentamente quanto prova a farci intendere Papàs Kola su questo tema.
Conclusione: Dove c'è una "festa" non c'è motivo di dolerci per la morte, che peraltro già è stata sconfitta. Se cortesie si intende fare, il luogo non è quello della festa.
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Sotto riportiamo un documento vescovile che -fra le tante problematiche- dispone il divieto di fare condoglianze entro le mura della chiesa, nei casi di riti funebri.