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sabato 3 marzo 2018

Hanno detto ... ...

PIERLUIGI PIETRICOLA, collaboratore della Fondazione Pietro Nenni

In questa campagna elettorale è vero che si è parlato di ciò che i partiti intendono fare. Onore al merito! Soprattutto dopo anni in cui si è discusso del carisma dei vari leaders e segretari di partito – acqua fresca! – parrebbe essere tornati alle cose concrete, quelle che dovrebbero riguardare la vita di tutti i giorni.
Ciascun esponente, ad ogni apparizione, ha lanciato una proposta spot, il più possibile eclatante per far presa sul pubblico (Flat Tax, reddito di cittadinanza, altri 80 Euro nelle tasche degli italiani, e così via). Non c’è nulla di male. Ma dov’è il rovescio della medaglia? Che esaurito l’argomento retorico del capo e della sua attrattiva sulle folle, ci si è concentrati sui bisogni delle persone. Sulle loro esigenze, le loro priorità, le loro necessità. Sicuramente un politico deve provvedere anche a questo.  Ma in che modo? La soluzione è una soltanto: amministrando bene.
Amministrare non vuol dire solo far quadrare i conti con una serie di operazioni matematiche più o meno funamboliche. Ma soprattutto creare le condizioni affinché quelle cifre tornino ad entità ragionevoli e siano di nuovo in grado di accontentare la popolazione (e anche l’Europa, così giustamente attenta ed esigente ai bilanci di questa martoriata Italia).
E quindi il costo dei beni di prima necessità è aumentato esponenzialmente. Come farlo tornare a livelli medi più ragionevoli e accessibili? Oppure il lavoro – giovanile e non solo – è ridotto in condizioni pietose. Quali soluzioni, possibili e percorribili, è necessario adottare per cambiare questa situazione? O ancora: la piccola e media impresa – quella che i giornalisti indicano con l’acronimo Pmi –, da sempre il nostro vero volano economico, rischia una recessione peggiore dell’attuale. Come aiutarla? Infine per esempio incrementare le attività di ricerca scientifica e di formazione di nuovi quadri professionali – in ogni settore –, uno dei poli produttivi cardini di qualsiasi paese del mondo (non lo si può fare solo decidendo di abolire ex abrupto le tasse universitarie – il punto spot del programma di Liberi ed Eguali). Perciò: quali altri soluzioni adottare?

ANNA BONALUME, italiana che vive  Francia
Il 4 marzo in Italia si vota. Vivo in Francia, ho 29 anni e per la mia generazione l’Europa è un’evidenza. Molti di noi hanno fatto un Erasmus in un paese europeo, altri si sono trasferiti all’estero. 

Vorrei che un giorno Milano e Roma diventassero le nuove Berlino, Parigi, Londra. Non è utopia. All’estero gli italiani sono stimati: siamo lavoratori costanti, abbiamo capacità creative, portiamo con noi un bagaglio culturale invidiabile che non ostentiamo, ma mettiamo a frutto umilmente, in contesti talvolta ostili. I nuovi leader dovranno lavorare molto per instaurare un progetto innanzitutto pedagogico; dovranno spiegare agli italiani più sensibili ai discorsi di chiusura e di istigazione alla paura, che dobbiamo pensare insieme le nostre radici culturali e il nostro avvenire in un orizzonte globale. In Francia Macron, con intelligenza, sta cercando di ristabilire alleanze internazionali, ha avviato un processo di riforma del lavoro, di riflessione sulla scuola, di comprensione della convivenza delle religioni più rappresentante. La sua azione si iscrive in un progetto di rinnovamento della democrazia europea. Marine Le Pen non ha vinto, perché le ferite del nazismo e del terrorismo stanno aprendo una nuova era per la comprensione della complessità della realtà. Le generazioni come la mia, non accettano soluzioni facili, distinzioni tra bianchi e neri, muri tra identità e differenze. Perché pensare all’Europa il 4 marzo? È utile ricordare il discorso del deputato europeo Gonzalez Pons. «L’Europa è afflitta dai movimenti populisti a nord, a sud dai rifugiati che affogano in mare, a est dai carri armati di Putin, ad ovest dal muro di Trump. Il suo passato è la guerra, il suo avvenire sarà segnato dalla Brexit. Oggi l’Europa è più sola che mai, ma i cittadini non lo sanno. L’Europa è la migliore soluzione, ma i politici in questo momento non sanno spiegarlo ai cittadini. La Brexit è il modo meno solidale per dire addio all’Europa. 

L’Europa non è un mercato, ma il desiderio di vivere insieme.  

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