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venerdì 11 gennaio 2013

Stato ed AntiStato per decenni e forse secoli in Sicilia si sono identificati

La vicenda della trattativa Stato-mafia non è rilevante in quanto si vuole capire se dei personaggi altolocati all’interno della società sono o meno onesti.
Ben altro e più significativa è la posta.
Si tratta di dovere capire se in Italia, nel passato recente (anni ’90) sia stato chiaro il ruolo dello Stato nel preoccuparsi del rispetto delle regole e nel contrastare l’antiStato, che invece le regole le calpesta per oltraggiare la società.
Si vuole capire se per un periodo della nostra Storia gli uomini dello Stato e dell’AntiStato si sono confusi fra loro fino al punto da  rivestire addirittura gli stessi panni. Una sensazione questa -in Sicilia- che per molti anni, decenni, secoli la gente ha sempre avuto e che nessuna istituzione ha mai provato a dissipare.
L’indagine della Magistratura ed il processo che si profila a Palermo tendono a mettere un punto fermo. Non è ammissibile che Stato ed AntiStato possano identificarsi nelle stesse persone.
La vicenda giudiziaria
Il Pubblico Ministero Nino Di Matteo ieri ha concluso davanti al gup Piergiorgio Morosini, nell'aula bunker dell'Ucciardone, la requisitoria accusando: "uomini dello Stato trattarono con la mafia in nome di un'inconfessabile ragion di Stato". Ha pertanto richiesto il rinvio a giudizio
-di quattro capimafia corleonesi: Leoluca Bagarella, di suo cognato Totò Riina, del pentito Giovanni Brusca e del palermitano Antonino Cinà.
-Di tre politici: l'ex ministro democristiano del Mezzogiorno, Calogero Mannino, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che risponde solo di falsa testimonianza.
-Di tre ufficiali dell'Arma: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l'ex colonnello Giuseppe De Donno, e anche di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco democristianom di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata. La posizione del boss Bernardo Provenzano è stata stralciata nei giorni scorsi e il boss verrà giudicato il 23 gennaio dallo stesso gup: secondo i periti, le sue condizioni psichiche gli impediscono di seguire le udienze.
 
L’ex ministro Mannino ieri mattina ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato, e il gup si è riservato di pronunciarsi in merito. L'ex ministro è accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato.
I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del '92-'93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Il patto sarebbe stato suggellato, secondo l'accusa, da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell'Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.
L'udienza preliminare proseguirà oggi, con gli interventi dei difensori, e quindi lunedì prossimo.

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