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2 Agosto 1818

Il provvedimento si inquadra nella politica anti-feudale del governo borbonico, presieduto da Luigi dè Medici. L'ostilità dell'aristocrazia siciliana al provvedimento ed in genere alla politica riformista del governo comincia ad assumere caratteri di intolleranza.
Mah, come !
Ci hanno sempre descritto il
governo borbonico come arretrato !!
Abbiamo già rilevato che in forza dell'art. 104 dell'atto finale del Congresso di Vienna, Ferdinando di Borbone aveva proceduto l'8 dicembre 1816 all'unificazione del secolare Regno di Sicilia nel nuovo stato Regno delle Due Sicilie, con capitale Napoli.
Nonostante la Costituzione -su tracce inglesi- del 1812 il Regno di Sicilia aveva continuato a conservare i caratteri di uno stato feudale, cosicchè i decreti di unificazione successivi all'8 dicembre 1816 estesero alla Sicilia molte riforme già introdotte nel Regno di Napoli nel decennio murattiano.
Luigi dè Medici potè così portare a termine la lotta contro il baronaggio e le persistenti strutture baronali che alla fine del settecento il marchese Domenico Caracciolo (Vicere in Sicilia) ed il principe di Caramanico avevano intrapreso nell'isola.

2) Le leggi sull'Ordinamento giudiziario del 29 maggio 1817 ed i nuovi codici legislativi entrati in vigore il 29 marzo 1819 introducevano in Sicilia la sostanza dei codici napoleonici con l'introduzione della proprietà privata e l'abolizione del feudalesimo;
3) L'abolizione di ogni forma di fidecommesso e la vendita di una parte dei demani feudali ed ecclesiastici caratterizzarono in senso anti-feudale l'azione del governo borbonico.


Il limitato consenso alla politica di riforme borboniche arrivò pertanto dalle fragili fasce borghesi e professionali che non poterono molto contro l'ostilità crescente che di lì a breve si sarebbe scatenata nell'isola.
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