I servizi pubblici come beni comuni
Il diritto di accesso
all’acqua, nella società e nel contesto umano-culturali entro cui viviamo-, non significa solo diritto di andare
a prenderla al fiume o al lago o presso la fontana pubblica, o addirittura di acquistarla sul libero mercato.
Su questa tematica ha riflettuto abbastanza un giurista dello spessore di Stefano Rodotà, un arbëresh che è recentemente venuto meno.
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Il diritto dell'acqua, o meglio dell'accesso all'acqua, è nella società odierna finalizzato a far condurre ai cittadini una vita dignitosa; inoltre garantire questo diritto significa per l'Autorità Pubblica incaricata del servizio di doversi attivare per individuarne la presenza, analizzarne la bontà e l’uso, e intervenire nei casi di inefficace distribuzione.
La legge prevede per la risorsa idrica
1) lo
status giuridico pubblico della risorsa,
2) la programmazione politica del
suo uso,
3) la gestione che può essere affidata -a determinate condizioni- a soggetti privati sotto
il controllo dell'autorità pubblica.
La campagna referendaria del 2011 fu centrata sull’idea che alla natura di bene comune
dell’acqua debba corrispondere una gestione che escluda la finalità
del profitto privato, nessuno deve speculare e/o guadagnare sul bene comune acqua.
L’idea dell’acqua
come bene comune ha radici nella biologia: l’acqua è indispensabile
per qualunque forma di vita, e dal regime del suo prelievo
e del suo smaltimento dipende la salute dell’uomo e la conservazione
dell’ambiente naturale.
Nella nostra Costituzione alcuni diritti fondamentali richiedono l’organizzazione
di specifici servizi pubblici. La dignità sociale e il pieno
sviluppo della persona umana (art. 3), il lavoro (art. 4), la libertà personale
(art. 13), la tutela in giudizio davanti ad un giudice naturale
(artt. 24 e 25), la tutela della salute (art. 32), l’istruzione (art. 33 e 34).
Alcuni servizi pubblici sono inoltre considerati così consustanziali al diritto
di cittadinanza (o ai diritti civili riconosciuti a ogni essere umano) che
nel nostro paese sono garantiti dallo Stato a tutti, a prescindere dal
contributo fiscale di ciascuno. Questi sono la sicurezza, la viabilità
ordinaria, l’illuminazione pubblica, la tutela dell’ambiente, la sanità
collettiva e individuale.
I servizi scolastici sono addirittura obbligatori
fino ad una certa età perché l’istruzione di tutti (anche di chi ci è antipatico) è considerata un
bene comune. Ciascuna persona beneficia del suo livello d’istruzione
ma anche di quello di tutti gli altri che vivono sul pianeta.
Ad altri servizi, come il trasporto pubblico, l’istruzione superiore, i cimiteri
e così via, lo Stato – o le sue articolazioni locali – riconoscono un
valore di bene comune che si traduce in un finanziamento parziale
del suo funzionamento.
Il finanziamento pubblico è in un certo senso la materializzazione
del riconoscimento del diritto all’accesso. Da qui la garanzia a tutti del
fabbisogno minino giornaliero di acqua.
Le Istituzioni non possono girarsi dall'altro lato quando quel diritto dell'acqua ... soffre.
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