Italia in difficoltà
La gelata del nostro Pil è molto più di un campanello d'allarme. Nel secondo trimestre semplicemente l'economia italiana si è fermata. Pur perdurando gli elementi positivi di contesto - petrolio basso e Bce in azione - non solo non abbiamo tenuto il ritmo degli altri paesi, Germania e Francia in primis, ma nemmeno quell'inerzia mostrata nel primo trimestre.
E non c'entra la Brexit: il voto di Londra è arrivato a una settimana dalla fine del trimestre. Anche i consumi interni sono fermi, come sappiamo. Senza Pil in crescita e senza inflazione il Paese non può nemmeno sognare di abbassare il suo enorme debito. Urge terapia d'urto, per forza sfidando Bruxelles: giù le tasse su lavoro e impresa, e piano di opere pubbliche.
L'alternativa è il declino, altro che rilancio. Il governo si è illuso, ma questo risultato lo mette con le spalle al muro. Le misure spot, dal retrogusto elettoralistico, non sono bastate, e forse hanno tolto risorse per manovre più incisive. Ora bisogna agire d'urgenza e con coraggio, magari non nei ritagli di tempo della campagna referendaria: un rilievo che vale per tutti, perché nessuno ci guadagna quando le cose non vanno bene. Se la barca prende acqua e rischia di affondare la responsabilità maggiore è del capitano, ma è da fessi festeggiare: si annega tutti.
ANDREA RICCARDI, comunità S. Egidio
Siria
Le immagini di Aleppo mostrano palazzi sventrati. La parte est della città, assediata dalle truppe del Governo, accoglie 300 mila persone, condannate alla fame, senza medicine. Lo scontro tra governativi e ribelli segna alterne vicende, ma alla fine la vittoria di Assad è probabile. L'altra Aleppo, controllata dai governativi, dove abitano i cristiani rimasti, soffre molto. Un giovane di quella città ha dichiarato: «L'umanità è finita ad Aleppo». Gli ospedali bombardati. I bambini uccisi. Avevamo fatto un appello per Aleppo "città aperta". Chi lo ha preso sul serio? I curdo-arabi, appoggiati dai raid americani, incalzano l'Isis e hanno occupato Mambij, città a 120 km da Raqqa, la capitale del "califfato". Qui, più di un mese fa, una famiglia di sei persone (con due bambini) è stata fucilata per dare un esempio: aveva tentato la fuga. Tempo di barbarie. Dura da cinque anni. Dal 2011. Resta poco della Siria che abbiamo conosciuto. La situazione si aggraverà dal punto di vista umanitario. Si sentiranno poi le ricadute del tentato colpo di Stato in Turchia nei rapporti turco-americani e nell'operatività delle forze turche.
Come si diventa sindaco in Sicilia
PETER GOMEZ, giornalista de Il Fatto Quotidiano
La Sicilia si inventa i sindaci di minoranza. Legge truffa: col 40% si vince senza ballottaggio
Il prossimo sindaco di Palermo? Potrebbe essere espressione della minoranza dei votanti. Ad eleggerlo, infatti, saranno appena quattro cittadini su dieci che si recheranno alle urne: prenderà il quaranta per cento dei voti, diventerà sindaco senza passare dal ballottaggio ottenendo anche il 60 percento dei seggi in consiglio comunale. Lo stabilisce un emendamento approvato dall’Assemblea regionale siciliana all’articolo 2 della nuova legge che regolerà le prossime elezioni amministrative sull’isola.
Tra rinvii e momenti di tensione in aula il Parlamento siciliano ha infatti impiegato cinque giorni per votare tutti gli articoli della nuova riforma elettorale, approvata in via definitiva soltanto nella serata di martedì 9 agosto con 42 voti voti a favore, 23 contrari e 2 astenuti. Una norma già bollata da più parti come “legge truffa” che cancella con un rapido colpo di penna la classica elezione a maggioranza semplice per le amministrative.
Il sindaco? Lo elegge la minoranza - Fino a ieri, infatti, se un candidato prendeva il 50 percento più uno dei voti validi ecco che diventava sindaco: in caso contrario per eleggere il nuovo primo cittadino si sarebbe dovuto passare dal ballottaggio. Un metodo semplice, quasi identico per le elezioni comunali di tutta Italia. Potevano i deputati siciliani farsi bastare quella legge così fastidiosamente simile a quella delle altre Regioni? Potevano continuare ad eleggere i sindaci a colpi di maggioranze semplici ed eventuali secondi turni? No, non potevano.
Ed ecco che Palazzo dei Normanni ha dunque creato i primi sindaci di minoranza (o maggioranza relativa, che dir si voglia) della storia. E dire che Marco Falcone, un deputato regionale eletto da Forza Italia a Catania, ci aveva provato a far ragionare gli “onorevoli colleghi”. ”Rinviamo tutto a settembre quando gli animi sono più sereni, quando non c’è la foga di corsa e rincorsa che ci fa autoincidentare” .
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