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sabato 1 novembre 2014

Hanno detto ... ...

FIORENZA SARZANINI, giornalista del Corriere della Sera
Si devono guardare i suoi occhi pesti, il suo viso tumefatto, il suo corpo straziato. Si deve sapere che nessuno si è occupato del suo dolore fisico, né si è preoccupato che quel ragazzo, arrestato per possesso di droga, avesse smesso di bere e di mangiare. Nessuno ha dato importanza al fatto che non riuscisse più a reggersi in piedi tanto da non poter essere trasferito in carcere e dunque dovesse essere ricoverato nel centro di detenzione dell’ospedale Pertini.

E ci si deve interrogare su come sia possibile che nessuno pagherà per questo. Era nelle mani dello Stato Stefano Cucchi ma ieri lo Stato si è arreso e ha mostrato l’incapacità di rendere giustizia. La scelta di sua sorella Ilaria di far vedere ancora una volta in televisione la foto di quel volto devastato dalle botte sul lettino dell’obitorio è la nuova ennesima umiliazione che questa famiglia è costretta a subire pur di conoscere la verità. Un inammissibile sopruso che la mamma e il papà di Stefano hanno dovuto nuovamente sopportare. Sembra assurdo che in una vicenda dove ci sono decine di persone coinvolte, testimoni o protagonisti, non ci sia nessuno che decida di raccontare davvero che cosa è accaduto dal momento dell’arresto fino al ricovero.

GIULIA INNOCENZI, giornalista
Mi vergogno di vivere in uno stato che ammazza un uomo e dichiara tutti innocenti. Questa sentenza ci mette tutti più a rischio

VITTORIO ZUCCONI, giornalista
Penso che la Magistratura, fra cacce alle streghe, protagonismi e sentenze come Cucchi debba fare attenzione a non autoscreditarsi

GIUSEPPE ANZANI, editorialista di Avvenire
Non ce lo toglieranno dalla memoria, non ce lo strapperanno dal cuore, il volto sfigurato di quel ragazzo morto, il suo corpo pelle e ossa, il suo destino intrappolato tra le mani, o tra le maglie, della Giustizia e della Sanità, cioè dello Stato che assicura il diritto e il rispetto dei diritti e dello Stato che cura e protegge la salute. Due mani, o due maglie, da cui la vita di Stefano Cucchi è uscita spezzata dalla morte, senza che alcuno ne risponda più, ora che la Corte d’appello ha assolto tutti. 
Gli uomini dell’ordine e della forza che portano la divisa dello Stato-giustizia, già assolti in primo grado per insufficienza di prove; ma ora anche gli uomini della cura e della salute che portano i camici bianchi dello Stato-sanità, già condannati in primo grado per omicidio colposo, per averlo lasciato morire di fame e di sete.
Tutti assolti, nessun colpevole. 
La formula è quella che annaspa nel territorio delle prove che mancano, delle prove insufficienti, delle prove che si contraddicono; e un motivazione scritta ci spiegherà poi che cosa è mancato alla certezza, qual è stato l’insuperabile dubbio. 

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