FIORENZA SARZANINI, giornalista del Corriere della Sera
Si
devono guardare i suoi occhi pesti, il suo viso tumefatto,
il suo corpo straziato. Si deve sapere che nessuno si è occupato del suo dolore
fisico, né si è preoccupato che quel ragazzo, arrestato per possesso di droga,
avesse smesso di bere e di mangiare. Nessuno ha dato importanza al fatto che
non riuscisse più a reggersi in piedi tanto da non poter essere trasferito in
carcere e dunque dovesse essere ricoverato nel centro di detenzione
dell’ospedale Pertini.

GIULIA INNOCENZI, giornalista
Mi vergogno di vivere in uno stato che ammazza un uomo e dichiara tutti innocenti. Questa sentenza ci mette tutti più a rischio
VITTORIO ZUCCONI, giornalista
Penso che la Magistratura, fra cacce alle streghe, protagonismi e sentenze come Cucchi debba fare attenzione a non autoscreditarsi
GIUSEPPE ANZANI, editorialista di Avvenire
Non ce lo toglieranno dalla memoria, non ce lo strapperanno dal cuore,
il volto sfigurato di quel ragazzo morto, il suo corpo pelle e ossa, il suo
destino intrappolato tra le mani, o tra le maglie, della Giustizia e della
Sanità, cioè dello Stato che assicura il diritto e il rispetto dei diritti e
dello Stato che cura e protegge la salute. Due mani, o due maglie, da cui la
vita di Stefano Cucchi è uscita spezzata dalla morte, senza che alcuno ne
risponda più, ora che la Corte d’appello ha assolto tutti.
Gli uomini
dell’ordine e della forza che portano la divisa dello Stato-giustizia, già
assolti in primo grado per insufficienza di prove; ma ora anche gli uomini
della cura e della salute che portano i camici bianchi dello Stato-sanità, già
condannati in primo grado per omicidio colposo, per averlo lasciato morire di
fame e di sete.
Tutti assolti, nessun colpevole.
Tutti assolti, nessun colpevole.
La formula è quella che annaspa nel territorio delle
prove che mancano, delle prove insufficienti, delle prove che si contraddicono;
e un motivazione scritta ci spiegherà poi che cosa è mancato alla certezza,
qual è stato l’insuperabile dubbio.
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