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venerdì 12 agosto 2011

Le piccole province non vogliono morire. Ma ormai oltre che il loro turno sta per arrivare quello dei piccoli comuni (fra cui Contessa Entellina)

Mentre avanza l’intenzione di Berlusconi di accorpare i piccoli comuni (e Contessa Entellina rientra fra questi), le piccole province cominciano a ostentare intenzioni di non voler scomparire. Scoprono di essere utili, se non ai cittadini ai politicanti che di esse vivono.
Nel 2010 la spesa complessiva per le funzioni istituzionali delle 107 Province italiane (escludendo le tre Province autonome di Aosta, Trento e Bolzano) è stata di 12 miliardi e 158 milioni di euro.
Dice il Presidente del Consiglio Provinciale di Trapani (inclusa fra quelle da sopprimere): la Provincia Regionale di Trapani, spende, in atto, meno di 1 milione di euro annuo per 35 Consiglieri, mentre alla Regione Siciliana mantenere 90 Parlamentari costa 50 volte di più, cioè quasi 50 milioni di euro all’anno.
Nel documento reso pubblico, oltre a ribadire il convinto “no” contro la soppressione delle Province, che il Consiglio Provinciale di Trapani aveva già unanimemente espresso nella seduta straordinaria appositamente tenuta nel mese di settembre dello scorso anno, viene evidenziata tutta una serie di contestazioni ma anche di proposte atte a fornire elementi di più approfondita riflessione che potrebbero essere ulteriormente vagliati e approfonditi anche con l’eventuale istituzione di un apposito tavolo di concertazione od in sede di riunione operativa. Infatti, gli eccessivi costi della politica non sono certo da addebitare all’attività istituzionale delle Province che non vanno abolite ma, al contrario, messe finalmente in grado di svolgere pienamente tutte le importanti funzioni assegnate loro dalla vigente normativa.
Le Province destinate a cedere il passo adesso fanno l’elenco dei tanti Enti inutili che ingoiano denaro senza rendere nulla alla società. Nel documento della provincia di Trapani (che, lo diciamo, da decenni non interviene sulla strada che collega la diga Garcia con la fondovalle Palermo-Sciacca) si legge che sono in realtà le spese sopportate per i tanti enti strumentali: consorzi, ATO, società, commissari, consulenti, consigli di amministrazione di cui il Paese è pieno (oltre 7 mila) che appesantiscono abnormemente i costi della politica e della macchina amministrativa ad essa collegata, esercitando impropriamente funzioni che invece dovrebbe essere svolte proprio dalle Province oltre che dai Comuni. Sono ben 24 mila in tutta Italia le persone inserite nei vari consigli di amministrazione delle società pubbliche e partecipate i cui compensi ammontano in un anno a 2 miliardi e mezzo di euro. A questi vanno aggiunti gli incarichi di consulenza nella Pubblica .Amministrazione (318 mila persone) per una spesa complessiva annua di 3 miliardi di euro. Basterebbe eliminare questi inutili organismi (veri e propri serbatoi di clientele) per ottenere un risparmio immediato 22 volte superiore a quello che potrebbe sortire dalla soppressione delle Province.
Non ha senso dunque – si legge nel documento - parlare di abolizione delle Province ma, al contrario, occorre garantirne e rafforzarne competenze ed ambiti di intervento così come ha recentemente e autorevolmente scritto sul “Corriere della Sera” il Prof. Valerio Onida (già Presidente della Corte Costituzionale):
Il ruolo istituzionale delle Province e le loro insostituibili funzioni – conclude il documento - sono solennemente sancite nell’ordinamento costituzionale della Repubblica italiana (di cui fa parte anche la Sicilia) e rispondono alle esigenze del decentramento democratico. Non è possibile quindi proporne, allo stato, la soppressione. Ad ulteriore conferma di ciò, basti sottolineare che il Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana, Dott. Carmelo Aronica, nei giorni scorsi avrebbe già informalmente comunicato ai competenti uffici regionali che il Disegno di Legge in questione corre il rischio di essere impugnato. Ed è comunque sul fatto che alle Province devono essere attribuite tutte le funzioni già previste per legge che bisogna insistere con forza e determinazione.

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