E’ di questi giorni la notizia su telegiornali e giornali che lo IOR, la banca Vaticana, è sottoposto ad indagine della magistratura italiana per attività di presunto riciclaggio. Si tratta ovviamente di ipotesi di indagini che dovranno ancora essere appurate.
Non è di questo che vogliamo comunque scrivere.
Vorremmo invece scrivere come mai la Chiesa, la Chiesa istituzione, dispone di banche, diplomazie, patrimoni etc.
Il compito che ci siamo proposto è enorme e procederemo quindi per ordine e per tempi, ma anche circoscrivendo l’indagine all’Italia e particolarmente alla Sicilia.
Potremmo iniziare dal dopo Costantino, ossia da quando l’istituzione Chiesa diventa inizialmente un organo dello Stato imperiale romano e poi gradatamente attraverso percorsi ora chiari ed ora meno chiari uno stato a sé. Tuttavia per un così lungo percorso rischieremmo di non arrivare in tempi ragionevoli al 1984, quando con la revisione del Concordato sono sorte:
-le offerte dell’otto per mille,
-gli istituti per il sostentamento del clero,
-il riordino complessivo dei beni ed enti ecclesiastici.
Prima di quest’ultimo assetto, lo ricordiamo tutti, c’era il “supplemento di congrua”, ma c’era anche il “beneficio” collegato all’ufficio dei chierici. Si trattava di un incarico (Vescovo, Parroco, Canonico …) che consentiva la fruizione di un patrimonio (il beneficio, appunto).
Le denominazioni dei vari benefici individuano anche i beneficiari:
-Mensa Vescovile,
-Beneficio Parrocchiale,
-Prebende per i canonici.
La sostanza del “beneficio” consistenva in un patrimonio di terreni, fabbricati, rendite varie, di cui il titolare pro-tempore poteva godere per sé con l’obbligo di prestare il servizio pastorale.
Questo regime ha funzionato in Occidente, nel mondo latino, specificatamente in Italia, da Carlo Magno in poi e fino alle leggi eversive dello Stato unitario italiano.
Attenzione, però: La disciplina ecclesiastica doveva spesso confrontarsi con la politica dei singoli stati. Era chiara comunque una distinzione fra il “clero in cure d’anime” ossia parroci e canonici, ben provvisti di benefici e “basso clero” che fino agli anni cinquanta del Novecento poteva contare solamente sulle elemosine della messa.
Cosa sono state le leggi eversive ?
Durante il periodo dell’Illuminismo (specie nella seconda metà del settecento) molti sovrani europei procedettero all’incameramento di parecchi beni ecclesiastici (gesuiti etc.). Leggi eversive comunque furono definite soprattutto quelle varate dallo Stato unitario italiano dopo il 1861.
Con la legge 3096 del 1866 fu deciso il disconoscimento da parte dello Stato degli ordini, delle corporazioni e delle congregazioni religiose regolari e secolari. Tutti i beni sottratti confluirono inizialmente nella “Cassa ecclesiastica” e quindi nel “Fondo per il Culto”, organo del Ministero dell’Interno, che come sappiamo è proprietario, fra l’altro, della Chiesa di Santa Maria del Bosco e del complesso ricettizio. Questi beni negli anni trenta del Novecento furono affidati –in uso- alla diocesi di Monreale.
Il 5 agosto del 1867 fu varata la legge 3848 che procedette alla soppressione di tutti gli enti ecclesiastici con l’esclusione delle parrocchie, e quindi dei capitoli delle collegiate, delle chiese ricetti zie, dei canonicati, delle cappellanie etc.
Tutte queste disposizioni di legge ridussero drasticamente in Italia il numero dei Conventi, dei Monasteri e delle Chiese ad essi collegate. Rimasero quindi in vita le Parrocchie ed i Capitoli delle Cattedrali, sui cui benefici fu applicata una imposta del 30%.
Come erano sorti i benefici ?
Erano dei privati che destinavano un loro patrimonio ad una Chiesa perché fossero celebrate messe di suffragio riservandosi il “diritto di patronato”, ossia la facoltà di indicare il chierico-beneficiario.
Per diventare sacerdote, nella pienezza del regime dei benefici, bisognava disporre di un proprio patrimonio. Il Vescovo poteva anche ordinare sacerdoti poveri, tuttavia doveva assegnargli un “beneficio” nella sua disponibilità. Generalmente i “benefici” erano invece nella disponibilità di famiglie private benestanti e/o delle Università (ossia dei comuni) ed erano costoro a stabilire chi, fra i sacerdoti, avrebbe fruito dei “benefici”.
Dalle leggi eversive si salvarono, abbiamo detto, le parrocchie che continuarono a mantenere i propri beni. Erano i parroci che godevano dei “benefici parrocchiali”. Il legislatore ha voluto salvaguardare i parroci per la loro grande influenza nel tessuto sociale dell’epoca. Al parroco nel 1866 lo Stato ha voluto anche riconoscere un supplemento di congrua per garantirgli una vita decorosa, ma non al resto dei sacerdoti. Il “supplemento” spettava se il “beneficio” parrocchiale non fosse “congruo” ad una vita decorosa.
Nel 1922 la congrua fu estesa anche ai Vescovi ed altre figure.
La congrua è sopravissuta al Fascismo ed alla Costituzione Repubblicana fino ad arrivare al 1984, quando col nuovo Concordato nascerà l’8 per mille.
(Continua)
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