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giovedì 12 febbraio 2015

Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

12 fEBBRAIO


Era il 12 febbraio 1966 quando a a Milano muore lo scrittore Elio Vittorini. Scrittore, giornalista e traduttore. 


Fu partigiano, iscritto al Partito comunista da cui si allontanò polemicamente. Ebbe a scrivere: «Rivoluzionario è lo scrittore che riesce a porre attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie diverse da quelle che la politica pone; esigenze interne, segrete, recondite dell’uomo ch’egli soltanto sa scorgere nell’uomo…» «.. noi non suoneremo il piffero della rivoluzione..».


Figlio di un ferroviere e primo di quattro fratelli, trascorse l’infanzia in varie località della Sicilia seguendo gli spostamenti del padre; nel 1924 lasciò l’isola (utilizzando i biglietti omaggio cui avevano diritto i familiari dei dipendenti delle ferrovie) per andare a lavorare in Friuli Venezia Giulia come operaio edile. Manifestò la propria vocazione letteraria collaborando, fin dal 1927, a diverse riviste e, grazie all’amicizia con il già affermato Curzio Malaparte, anche al quotidiano “La Stampa“.

Nel ’30 uscì l’antologia, da lui curata insieme a Enrico Falqui, “Scrittori nuovi” mentre in contemporanea avvenne la pubblicazione a puntate, sempre sulla rivista fiorentina, del suo primo romanzo “Il garofano rosso“, testo che provocò il sequestro del periodico per oscenità (il romanzo fu poi edito in volume nel 1948).

Intanto, Vittorini sviluppò il suo amore per l’America e la sua produzione artistica. Dall'inglese tradusse decine di libri, che vanno dalla opere di Lawrence a Edgar Allan Poe, da Faulkner al Robinson Crusoe. 

Questa sua funzione di traduttore e di divulgatore della letteratura d’oltreoceano ha giocato un ruolo importantissimo per lo svecchiamento della cultura e della letteratura italiana, asfitticamente rivolta al proprio “particulare” anche e soprattutto a causa della politica soffocante del regime mussoliniano.

Sulla scia di queste convinzioni e di queste influenze culturali, scrisse il suo romanzo più importanteConversazione in Siciliaal centro del quale pose il tema del “mondo offeso” dalle dittature e quello delle responsabilità individuali dell’uomo di cultura.
politecnico
Temi poi ripresi nel romanzo Uomini e no(1945), nel quale Vittorini rielaborò la propria esperienza di combattente nella Resistenza. Nel ’45 diresse per alcuni mesi “L’Unità” di Milano e fondò per l’editore Einaudi la rivistaIl Politecnico, periodico, impegnato a dar vita ad una cultura capace di fondere tra loro cultura scientifica e cultura umanistica. L’apertura culturale della rivista e soprattutto le posizioni assunte da Vittorini in merito alla necessità di una ricerca intellettuale autonoma dalla politica, suscitarono la famosa polemica con i leader comunisti Mario Alicata e Palmiro Togliatti che portarono alla sua prematura chiusura nel ’47.

Sempre nel ’47 la traduzione americana di Conversazione in Sicilia, con prefazione di Hemingway. Nel ’50 riprende la sua collaborazione a “La Stampa“.
Nel 1951 lasciò il PCI per dedicarsi all’attività editoriale. Salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su “Rinascita” (firmato pseudonimo di Roderigo di Castiglia), il pezzo rimase emblematico anche negli anni successivi come esempio dell’arroganza dei politici e la chiusura delle gerarchie di sinistra in "casta". Già il titolo dell’articolo rappresentava uno sfregio, riportando, a caratteri cubitali: “Vittorini se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato!“.
La sua attività editoriale rimane comunque saldamente in testa alle sue preferenza, tanto che inaugura, per Einaudi, la collana I gettoni, importantissima per il suo ruolo di scoperta dei nuovi narratori più interessanti della nuova generazione; inoltre curò, sempre per lo stesso editore, opere di Ariosto, Boccaccio e Goldoni. Nel 1957 pubblicò Diario in pubblico, che raccoglieva i suoi interventi militanti, politico-culturali; nel ’59 fondò e diresse, insieme a Italo Calvino, II Menabò, importante per l’avvio del dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni Sessanta.
Postumi uscirono il volume critico “Le due tensioni” (1967), una raccolta di brevi saggi (in realtà, frammenti, appunti, riflessioni) e il romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta Le città del mondo.
Informazioni riprese da Iniziativa Laica
Ciò che noi contessioti ignoriamo di Elio Vittorini: 
Contessa Entellina, inizio di un lungo viaggio attraverso la Sicilia

L´ultima opera di Elio Vittorini fu iniziata nel 1952 e alla stesura definitiva divenne "Le città del mondo", l´opera in cui tutta la Sicilia diventa la vera città del genere umano. 

Vi lavorò per tre anni, fino al dicembre del 1955, quando la interruppe per la perdita del figlio ventisettenne Giusto. Per lo scrittore fu un colpo mortale che lo svuotò di ogni interesse creativo. Quel che aveva scritto del nuovo romanzo, frammentario ma non tanto da non rivelare il disegno posto alla sua radice, rimase per sempre nei suoi cassetti, per trarne di tanto in tanto qualche brano da utilizzare o addirittura qualche sceneggiatura per film.
"Le città del mondo", pubblicato postumo nel 1969, consta di un blocco di quaranta capitoli che si presumono definitivi, e di una serie di frammenti e varianti che proseguono, senza però esaurirlo, il disegno dell´opera. 
Si apre con la descrizione del viaggio di due pastori, padre e figlio, che, spingendo un gregge di pecore, percorrono la Sicilia sudorientale, da levante a ponente lungo un itinerario che i due guardano con occhi diversi: il figlio Rosario vede da lontano i tetti dei quartieri degradati della città di Scicli e sogna di entrare nella città ideale, ma il padre lo frena con le sue oscure paure. 
Nello stesso tempo un altro padre ed un altro figlio muovono da Contessa Entellina all'altro capo della Sicilia e seguono un cammino che si accosta ai paesi senza penetrarvi: di essi è il padre, una specie di rapsodo paesano, quello che avverte il senso del mito e cerca di trasmetterlo al suo piccolo Nardo

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