Il Comune di Palermo non riesce a tirare in avanti
Il primo caso eclatante di un Comune
“fallito” in Italia è quello di Alessandria (Piemonte). Una lunga serie di
fattori, fra cui primeggia il peso ormai insostenibile delle società
partecipate (divenute diffusissime) e la diminuzione dei trasferimenti statali e regionali lascia
intravedere il non lontano fallimento di moltissimi comuni siciliani, è come è
logico della città capoluogo, Palermo.
Le radici del crollo ovviamente sono da
cogliere nel tempo, dalle gestioni disinvolte della macchina amministrativa. Dal
momento del suo insediamento, avvenuto a maggio, il sindaco Leoluca Orlando, e
ancora prima il commissario straordinario Luisa Latella, hanno potuto constatare la
sofferenza di cassa del Comune di Palermo, sofferenza non derivata solo dalle
sfavorevoli congiunture economiche della crisi dell'euro ma da condizioni
strutturali.
La gestione di Diego Cammarata, nel
corso dei suoi due mandati da sindaco, ha contribuito a rendere ir-reversibilmentde instabile la
posizione economica del comune. I fattori che più hanno pesato nel
bilancio comunale sono tre:
-la costante ascesa dei costi e dei
contratti di servizio delle società partecipate,
- il numero sproporzionato di dipendenti
e di consulenze esterne
-e la discutibile leggerezza nel far
ricorso allo stratagemma dei debiti fuori bilancio.
Nel 2007 al termine del primo mandato
Cammarata, come debiti fuori bilancio, iscritti per sentenze diventate
esecutive, si è toccata la cifra di 15 mln 524 mila euro, mentre fra le
partecipate, l'Amia nel corso di un solo anno, fra il 2006 e il 2007, ha di
fatto più che raddoppiato i flussi di cassa garantiti dal Comune, passando da
80 a quasi 170 milioni. Quasi triplicato invece è stato il costo dell'Amat
passato dai quasi 12 mln del 2006 ai 29 mln 800 mila euro circa dell'anno
successivo. Leggermente più lenta è stata la crescita dei costi per la Gesip
che dai 37 mln circa del 2007 ha toccato la cifra record di 81 mln nel 2009,
quando è arrivata a perdere quasi 900 mila euro al mese ed è stata messa in
liquidazione a fine anno.
Nel 2011 al termine del secondo e ultimo
mandato Cammarata, il costo delle partecipate è lievitato sino a 293 mln di
euro (pari al 37 per cento di tutto il consuntivo), in diminuzione rispetto ai
309 mln dell'anno precedente, ma ancora superiore ai 255 mln del 2007 che
fecero registrare un aumento mostruoso, visto che nel 2006 il peso delle
partecipate era quantificato in 146 mln circa.
In leggera diminuzione i debiti fuori bilancio: l'ultima gestione Cammarata
ne ha maturati 13, 5 mln, circa la metà rispetto i 31 mln registrati l'anno
precedente. La spesa per il personale, che ammonta a 278 mln per 9.579
dipendenti, supera invece il budget imposto e previsto dalla legge. Dai dati
registrati dalla Ragioneria Generale si è evidenziato infatti che il rapporto
della spesa per il personale è del 61, 57 per cento, superando lo sbarramento
del 50 per cento di spesa previsto dalla legge (art. 76 comma 7 del DL n
112/2008), ponendo così il divieto a ogni assunzione o consulenza esterna.
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