Un critico dell'opera di Nicola Genovese, Francesco Orsini, scrive "Ricordo Genovese, uomo avanzato del quarto stato, battagliero sulle più ardue e disparate quistioni economiche del nostro abbandonato e negletto mezzogiorno ed in ispecial modo della nostra Sicilia". La letteratura del tempo nell'affrontare le problematiche sociali della Sicilia risentiva di spirito accademico e veniva, comunque, ammantata di sterile amenità e finta ingenuinità, sintomi profondi di ignoranza e di incoscienza.
Netta e precisa fu sempre l'analisi, invece, di Nicola Genovese. La prova della sua profonda conoscenza della realtà sociale la si ha nel libro Sulla quistione agraria in Sicilia, pubblicato nel 1894, appena dopo il grande movimento dei Fasci Siciliani, che a Contessa Entellina era stato capeggiato, per qualche tempo, dai cugini in linea materna del Genovese. Quel libro gli procurò fama a dimensione nazionale, negli ambienti dell'Italia che contava. Crispi, un italo albanese, nelle cui mani era il potere dell'Italia di allora, lesse quel libro che veniva da un paese della sua Sicilia, un paese con cui, mediante alcuni notabili locali, intratteneva corrispondenza.
Il libro si proponeva di mettere a disposizione di chi aveva il potere di decidere tutti gli elementi della realtà socio-economica; quel libro voleva che la classe dirigente crispina prendesse coscienza di una realtà che non attribuiva diritti a chi necessitava di tutto. Sottilmente lasciava capire ai destinatari come fosse loro dovere adempiere e fronteggiare quella realtà opprimente.
Il giudizio del laico Napoleone Colajanni su quel libro è qui riportato. "Nel suo breve scritto c'è equità, e c'è conoscenza esatta delle condizioni economiche delle varie classi dell'isola. Non ha pretenzione alcuna, non assurge a considerazioni di ordine generale, nè si lascia trascinare ad inveire contro i vinti".
Genovese, sacerdote, poeta, narratore, drammaturgo, disponeva di una vasta conoscenza della dottrina economica e nel suo pragmatismo usa obiettività e concretezza, piuttosto che demagogia; il suo libro, che Egli sapeva destinato a finire nelle sedi della politica più alta, tende a ricordare ai politici (soprattutto a quel Crispi con cui alcuni suoi parenti intrattenevano rapporti epistolari) tutti i loro oblii e tutte le negligenze e quanto tutto ciò fosse riprovevole.
Del contenuto del libro, Genovese fece il suo apostolato di uomo nella società civile (sacerdote, amministratore, giornalista etc.). Nel 1907, quando la Chiesa in tutta Europa era sotto assedio per le posizioni conservatrici che manteneva, egli scrisse "L'azione del Clero, per conseguire la restaurazione sociale". Il libro viene recensito positivamente e dalla stampa libera e da Civiltà Cattolica che pure essa coglie "in quel lavoro note di modernitrà nei metodi, senza di cui il tesoro delle antiche dottrine non può produrre i suoi effetti salutari ...". La stampa libera mette in evidenza come il Genovese cali "il problema religioso, economico, sociale da tutti i lati nell'intento di riequilibrare i rapporti sociali".
Genovese, grande intellettuale, dispiegò le sue doti anche sulla scena locale. Sarà in più occasioni amministratore locale, ma in questa veste egli condurrà la sua battaglia a Contessa Entellina da isolato e da incompreso. Il che non poteva essere diversamente. L'ambiente locale viveva di piccinerie e non poteva mai comprendere un uomo che sul piano culturale si confrontava con le figure di maggior spicco sulla scena regionale e nazionale.
I politicanti locali avevano tutti grande rispetto di lui, ma liquidavano ogni sua azione ritenendola portatrice di una grande mentalità appartenente però ad altri tempi. Egli invece era fra i pochi che localmente intuiva e leggeva i tempi moderni.
(Continua)
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