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giovedì 13 gennaio 2011

14-01-1968: 43 anni fà il terremoto nella Valle del Belice

La Stampa 16.01.1968
DA PALERMO AD AGRIGENTO SCENE DI DEVASTAZIONE E DI MORTE
 Si scava ancora fra le macerie per trarre in salvo i sepolti vivi. Dai cumuli di macerie grida disperate ed invocazioni. L'incubo terrificante delle scosse che si susseguono. Presso i paesi distrutti sono sorti accampamenti di tende, dove i superstiti tremano di freddo. Strade interrotte da voragini e fenditure, linee telefoniche ed elettriche sinistrate. Colonne mobili di soccorso partite da Roma e da Napoli, da Bari e da Reggio. Si organizzano i primi ponti-aerei con "vagoni volanti". Riunione alla Prefettura di Trapani, presieduta dal Ministro Taviani. Alcuni centri possono essere raggiunti soltanto dagli elicotteri  
 Trapani, martedì sera.
 Si scava con frenesia da questa notte nel triangolo della Sicilia occidentale devastato da terremoto su un perimetro di circa 500 chilometri alla confluenza fra le province di Trapani, Palermo ed Agrigento. Un mare di macerie, e sotto nessuno sa quante vittime. E' una lotta allucinante contro la morte. Dalle rovine dei paesi rasi al suolo si levano ancora grida e invocazioni: ma sempre più flebili. Le squadre di soccorso (alcune migliaia di uomini, non si sa quante) moltiplicano gli sforzi: scavano con i bulldozer propri e con quelli requisiti, spostano le macerie con i trattori, picchiano sulle pietre accatastate con zappe, picconi, portano via i detriti con vanghe, badili e colle mani. « Prima abbiamo estratto ì feriti a metà sepolti dalle case crollate, ora cerchiamo altri superstiti se vi sono », ha detto un dirigente dei vigili del fuoco a Montevago.
Il calcolo dei morti
I morti si recuperano a decine: aumentano di ora in ora. Ieri mattina 15, poi 40, poi 100, ieri sera 300, forse di più, stanotte 500. I feriti sono più di mille, fra gravi e leggeri, moltissimi presentano fratture agli arti o al corpo, riportate nel crollo delle case in cui si trovavano. La visione dei paesi distrutti o gravemente danneggiati è agghiacciante. « Come se fosse scoppiata una bomba atomica » ha detto il pilota di un elicottero militare che ha sorvolato quel triangolo sconvolto. C'è l'incubo terrificante delle scosse che si susseguono. « Una ogni mezz'ora » dice quasi con fatalità la gente con gli occhi stralunati. A Palermo fino ieri a mezzanotte ci sono state nove scosse; intorno alle 23,20 il fenomeno si è ripetuto con intensità a Sciacca, ma senza danni. Ad ogni scossa un po' forte le macerie si scuotono, si avviluppano di polvere e sprofondano ancora; i soccorritori cercano di non farsi inghiottire dalle voragini che si aprono improvvise tra i detriti. La gente trema di terrore e di freddo, raccolta nelle tendopoli che dal primo pomeriggio la Croce Rossa, i soldati, la polizia ed i carabinieri hanno eretto con rapidità presso i centri scomparsi: Gibellina, Montevago, Salaparuta, Santa Margherita Belice ( la « Donnafugata » del Gattopardo) ed altrove. La folla disperata si stringe nella notte fredda attorno a grandi falò accesi all'aperto nei prati, lontani dai muri pericolanti e soprattutto dalla tragica • visione delle macerie. Sulle montagne attorno c'è la neve. Scende un'aria ghiaccia ma non c'è vento. Cade a tratti la pioggia. Ieri al tramonto su questa zona pesava un cielo basso, c'era una luce metallica, plumbea, come lunare. Non solo nei paesi colpiti dal disastro ma anche nei centri circostanti e persino a Palermo, Trapani ed Agrigento, decine di migliaia di persone hanno abbandonato per la seconda notte le loro case per trovare scampo all'aperto nel timore di nuovi sussulti. Venendo sin qui ho visto lunghe teorie di automobili ai bordi delle strade, sulle piazze, nei giardini di Palermo e di Trapani o nei prati o nei campi delle zone agricole: intere famiglie riunite, infreddolite, con materassi, coperte, guanciali. I bambini avviluppati negli scialli o nelle coperte. Sui visi i segni dell'angoscia: che cosa accadrà fra un istante o nelle prossime ore? L'angoscia è cominciata domenica alle 13,29 con le prime scosse nel triangolo Gibellina, Salaparuta, Pogioreale. Le hanno avvertite dappertutto in un raggio di oltre 200 chilometri. E ancora scosse alle 16,50 con movimento sussultorio e ondulatorio: qualche casa lesionata, qualche ferito.
Ma la tragedia si è abbattuta sulla Sicilia alle 2,35 e soprattutto alle 3,02 della scorsa notte. Queste due scosse hanno fatto saltare persino a Palermo i pennini dei sismografi collocati al seminario. Sono stati sussulti terribili che hanno raggiunto il nono grado della scala Mercalli. L'epicentro è stato calcolato a 400 chilometri ad est di Messina, e cioè nel mare che fronteggia le coste greche. Le povere case dei paesi più esposti a queste scosse non ondeggiano soltanto: crollano di schianto. Nella notte i movimenti tellurici sono accompagnati da boati zioni telefoniche con i capoluoghi siciliani sono interrotte, ma per mezzo di radio
campali i carabinieri e gli agenti che erano già sul posto per le prime scosse di domenica lanciano l'allarme a Trapani, Palermo. Agrigento, dove tutti vegliano all'aperto, stretti dalla paura. All'alba partono le prime colonne verso i centri disastrati. I • soccorritori intravedono poco dopo le porte di Palermo 'le proporzioni della catastrofe: ai lati della strada che essi percorrono non c'è quasi più una casa colonica in piedi. A San Giuseppe Jato, venti chilometri a nord-ovest di Palermo, la gente è nella piazza e per le strade. Il parroco sta celebrando una Messa propiziatrice all'aperto mentre spunta il sole. Le colonne arrancano fra difficoltà d'ogni genere. Le strade dissestate oppongono ostacoli su ostacoli pressoché insuperabili: ma i camion, le jeeps, le autoambulanze passano nei campi o deviano per la strada più breve pur di andare avanti con la massima rapidità possibile. L'allarme ha raggiunto Roma. II ministro dell'Interno Taviani dispone immediatamente che la Protezione civile ordini lo spostamento nel triangolo terremotato di colonne mobili da Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Foggia, Brindisi, oltre che da tutti i centri capoluoghi della Sicilia. Si organizzano anche i primi ponti-aerei con cinque vagoni volanti che decollano da Pisa; altri quattro partono da Ciampino. Portano medicinali, soprattutto plasma, sangue, antibiotici, disinfettanti. Questa catena aerea proseguirà oggi e domani: urgono aiuti senza fine.
I superstiti scavano
A Sciacca il sottosegretario alla Sanità on. Volpe, mandato dal ministro Mariotti, ha organizzato un ospedale da campo che è entrato in funzione stanotte. Mentre si lavora, si cammina; via via i soccorritori raggiungono Poggioreale. Salemi. Santa Ninfa, Partanna. Ma Montevago. Gibellina, Salaparuta, S. Margherita Belice, le località del disastro senza pari, sono irraggiungibili per ora. Sono saltati ì ponti, i viadotti, le strade sono trasformate in molti tratti in fossati. Dappertutto nei paesi colpiti gli uomini e i pochi giovani rimasti a casa per non aver trovato lavoro lontano, scavano aiutati da ragazzi, da bambini, da donne. Così li trovano i soccorritori quando arrivano nel primo mattino. I primi morti sono ricuperati e deposti in centri di  raccolta. Compaiono i primi elicotteri, è da poco giorno fatto, poi arrivano tende, viveri, autocarri con medicine, coperte, brande eccetera. Si trasportano i feriti con ogni mezzo e soprattutto i più gravi con gli elicotteri agli ospedali più vicini, molti dei ase sono andate distrutte. Il compito che vigili e soldati. Ma dove e come iniziare lo sgombero delle macerie? quali sono lesionati: a Menfl ad esempio l'ospedale sembra sia crollato. E' una sciagura che non ha precedenti né in Italia né in Sicilia dal terremoto di Messina del 1908. Ventotto anni orsono, esattamente lunedì 15 gennaio, come ieri, la terra sussultò a Palermo; grande allarme, ma nessun danno. In queste zone ora disastrate non si erano mai verificati, a quanto si assicura, movimenti tellurici. Mentre le squadre scavano, arriva a Trapani in acreo il ministro Taviani. Riparte subito in elicottero per sorvolare le zone più colpite, per avere un quadro generale della catastrqfe, quindi rientra a Trapani e presiede in Prefettura una riunione delle autorità. Da Roma ha già stanziato prima di partire 100 milioni per i soccorsi immediati. Dalla Prefettura trapanese il ministro si è mantenuto in continuo contatto anche stanotte con il Quirinale, con Palazzo Chigi, con il Viminale dove si trova la sala operativa che coordina i soccorsi. Altri rinforzi sono per strada o affluiscono per mare: da Civitavecchia è partita una nave con vigili del fuoco, mezzi meccanici e agenti della protezione civile; da Napoli ne è salpata un'altra. Sono arrivati stamattina, verso l'alba, a Trapani. C'è bisogno di tutto, specialmente di viveri e di plasma. Gli ospedali di Trapani, Castelvetrano. Palermo e di altre località rigurgitano di feriti. Tutti i medici, civili e militari, sono mobilitati ventiquattr'ore su ventiquattro. Essi chiedono sangue e plasma: lanciano anche attraverso i giornali un « S.O.S. » agli ospedali, alle emoteche, ai cittadini di tutta Italia. Solo gli elicotteri hanno potuto raggiungere Gibellina, Montevago, Salaparuta, Santa Margherita Belice fino al tardo pomeriggio di ieri: impossibile arrivarci per strada. I centri colpiti oscillano fra un minimo di tremila e un massimo di quindici-ventimila abitanti, quasi tutti contadini, pastori, o viticoltori, specialmente nei dintorni di Salaparuta, la zona del famoso vino « corvo ».
Raccolta dei senzatetto
Le scuole di Trapani, Palermo e Agrigento sono chiuse, forse per due giorni. Servono ad ospitare senzatetto, e così le scuole rimaste in piedi nelle zone dove il terremoto s'è abbattuto. Ieri sera è giunto a Palermo il ministro dell'Agricoltura, Restivo; il ministro Mancini ha inviato il sottosegretario ai Lavori Pubblici, Giglia. Nella notte sono continuati ad affluire mezzi di soccorso e uomini: alle luci delle fotoelettriche la visione dei centri che non esistono più è spaventevole; e altrettanto lo spettacolo dei paesi gravemente danneggiati, dove la gente aspetta il colpo definitivo di ora in ora, di minuto in minuto. « Ogni ventiquattro ore — dicono — si ripete la scossa più violenta ». Si è aspettata l'alba nel terrore, mentre le squadre militari od i volontari si affannavano intorno alle macerie ad estrarne morti su morti, uomini, donne, bambini o vecchi in fin di vita, altri, ma pochi, feriti e allucinati. Si montano altre tendopoli, ma le necessità sono infinite, perché centinaia di migliaia sono i siciliani che restano all'aperto fra la neve, sotto la pioggia. Mangiano quel che passano le cucine militari o della Croce Rossa, che fanno miracoli per assicurare una minestra calda, il pane, il latte a questa folla sventurata. Un calcolo dei danni non è possibile, ma si parla di decine e decine di miliardi. Forse domani, forse dopo, sarà possibile tracciare anche questo bilancio: ora preme strappare il maggior numero di vite alla stretta mortale delle macerie. E c'è il bilancio, purtroppo ancora incompleto, delle vittime già recuperate. Sulla penosa teoria dei morti allineati lontano dalle macerie, squadre munite di irroratori spargono disinfettanti, per prevenire epidemie. Sinora la situazione igienica è sotto controllo, ma il problema si presenta fin d'ora grave: un migliaio di scampati che vivono all'addiaccio appena riparati dalle tende.
Lamberto Fumo

Una notte all'addiaccio sotto la pioggia e la neve
Palermo, martedì sera.
Per la seconda notte consecutiva decine e decine di migliaia dì persone hanno trascorso la notte all'addiao. ciò. Nella zona fra Trapani e Agrigento, la paura angosciosa di un nuovo terremoto ha fatto fuggire la popolazione dai centri abitati. I paesi sono rimasti deserti, In campagna, sulle colline sono stati accesi centinaia di falò: attorno, gruppi di donne, di vecchi e di bambini hanno cercato di ripararsi dai rigori dell'inverno. Una notte drammatica. Le campagne sono coperte di neve e da parecchie ore cade una pioggia fitta, gelata, che penetra nelle ossa. La calda terra della Sicilia si è trasformata in un paesaggio di steppa. Il maltempo e la strade interrotte ritardano l'arrivo dei soccorsi.

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