QUEL 1520
DEGLI ARBERESH
Quando finalmente Contessa fu elevata a Università, da alcun decenni gli arbëresh vivevano sul territorio,
ospiti in un certo senso dei Cardona, di Antonio prima e di Alfonso, il figlio,
dopo.
Erano ospiti e non potevano vantare diritti, ammesso che a cavallo del XV
e XVI secolo esistessero diritti così come noi li concepiamo ai nostri giorni. Erano in fondo dei profughi con molto meno calore umano attorno a loro di quanto ne ricevono oggi coloro che giornalmente sbarcano a Lampedusa.
Se una differenza la vogliamo trovare, rispetto agli odierni profughi, essa consiste nella circostanza che i Cardona, famiglia di origine spagnola e influente nella politica del Regno di Sicilia, da Messina dove periodicamente aveva sede la capitale dell'isola, davano l'indicazione ai nuovi arrivati (non disinteressata) di inoltrarsi fino a dove stavano i loro domini, nei pressi del Belice, aree completamente disabitate e ovviamente incolte.
La comunità di Contessa era piuttosto contenuta a cavallo dei secli XV e XVI, forse non più di 400 o 500 unità,
e comunque articolata in meno di 80 nuclei familiari (allora si definivano “fuochi”).
I Cardona avevano, come riferito, immense estensioni di terreni, feudi rustici, non coltivati
per mancanza di manodopera ed usavano nei confronti degli arbëresh una carta
vincente per i loro interessi: “fate arrivare altri vostri conterranei o
parenti dalla vostra terra d’origine, oppure convincete i vostri conterranei di
Piana, Palazzo e Mezzojuso a trasferirsi
qui e Contessa assurgerà a “municipalità” (= Università)".
I Cardona notavano
che la comunità locale, nella seconda metà del quattrocento non cresceva di
numero, anzi si assottigliava. Ancora alla fine del Cinquecento i “riveli” (=censimenti) denunciano frequenti trasferimenti di nuclei familiari verso Piana e Palazzo
soprattutto. Segno evidente che dove la popolazione era più numerosa gli arbëresh
si trasferivano, perchè si sentivano più realizzati, più se stessi e più sicuri.
I Cardona usarono comunque sempre l’incentivo: faremo di Contessa una
municipalità e voi sceglierete le persone adatte allo svolgimento del potere locale.
Con Federico III i “giurati”, gli amministratori locali per le questioni
più elementari della vita (viabilità, cura delle sorgenti, acquisizione delle aree
demaniali etc.) avrebbero dovuto
eleggersi da parte dei residenti che possedessero un certo livello di censo, anche se la realtà storica dell'isola evidenziò che furono sempre i baroni i veri "grandi elettori".
Gli arbëresh avevano interesse, in quella fase di assestamento sul
territorio siciliano, di poter avere significatività e un sia pure relativo autogoverno.
Contrattare con i Cardona modalità di sfruttamento della terra, organizzarsi
sul piano della religiosità bizantina, confermare le caratteristiche distintive
dell’essere “diversi” dalle popolazioni vicine esigeva un riconoscimento “giuridico”.
Per conseguire la solidità e la certezza dei loro diritti, si adoperarono, forse inviando nell’altra sponda dell’Adriatico loro
rappresentanti che convincessero altri intenzionati a lasciare la terra d'origine. In vista dell'obiettivo della "certezza dei diritti" accolsero, in seguito alle disposizioni arrivate dalla Spagna di allontanamento dei
giudei dalla Sicilia, verosimilmente, nuclei di ebrei provenienti dalla
giudecca di Giuliana e altri da Bisacquino.
Forse per gli arbëresh accogliere
ebrei e farli passare come loro conterranei non dovette essere così difficile, nel contesto di assestamento demografico che stavano vivendo.
E’ chiaro, non disponiamo di documentazione su quest'aspetto, abbiamo semplicemente
fatto congetture.
Congetture che approfondite ricerche archivistiche potrebbero mettere in chiaro.
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