L'esordio di Maurizio Landini va nella direzione giusta.
Sarà cruciale che la sua Cgil non sbagli nessuna mssa
«Il problema di questo Paese è avere due vice premier che non hanno mai lavorato: pensano di occuparsi di povertà e lavoro senza essere mai stati poveri e senza aver mai lavorato!».
«Il ministro è stato eletto in Calabria, dove mi è capitato di visitare la baraccopoli di San Ferdinando. Lì ci sono condizioni inaccettabili, ma come si fa, quando uno vede queste cose, ad alzarsi la mattina, mettere la Nutella sulla fetta biscottata, poi dire due cavolate, fare un tweet e non porsi il problema che c’è un sistema economico e del lavoro fondato su forme di sfruttamento?»
Pur essendo Landini un sindacalista che da sempre vagheggia il primato del sindacato sul partito, i suoi primi gesti pubblici sono stati tutti politici.
Ha annunciato al congresso di aver partecipato ad un’assemblea dell’Anpi per «dire che la Resistenza contro il fascismo non è finita e deve continuare» e che si sarebbe recato al Cara di Bari-Palese, per dire che «la politica di accoglienza del governo è sbagliata, Salvini e la Lega ci stanno portando indietro».
L’idea di occupare anche uno spazio politico, Landini l’ha ancora espressa in uno dei passaggi più applauditi: «Noi siamo il sindacato del cambiamento! Noi siamo quelli che vogliono cambiare il Paese».
Quanto sopra lo ha detto Maurizio Landini, il nuovo segretario generale della Cgil.
Ciò che possiamo augurarci adesso è che il Sindacato, la Cgil, l'unica scuola della sinistra riformista ancora in essere possa fornire nel tempo quadri dirigenti pure alla poltica, oggi impaludata e finita in mano ai demagoghi.
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