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giovedì 5 febbraio 2015

Hanno detto ... ..

MICHELE SASSO, giornalista de L'Espresso
”C’è un paradosso nel mondo dell’istruzione che sopravvive alle riforme e ai proclami. Da una parte scuole pubbliche a corto di risorse, con 250 mila insegnanti precari ed edifici senza sicurezza come testimoniano i crolli nell’asilo di Milano e nella media di Bologna di inizio gennaio.  Dall’altra istituti privati che continuano a essere finanziati da Stato e Regioni con una dote che sfiora i 700 milioni di euro l’anno, senza che alle sovvenzioni corrisponda un controllo sulla qualità … “

MARCO POLITO, giornalista vaticanista
Torna sulla scena politica, e ai massimi livelli, una personalità cattolica – fortemente cattolica dal punto di vista della fede e della cultura – mentre sono ormai naufragati i tentativi di ricreare un partito confessionale e in una fase cui papa Francesco ha sancito che il Vaticano non vuole assolutamente più muovere pedine nella politica italiana. Perché tocca alla Cei interloquire con le istituzioni della Repubblica. È un evento degno di attenzione, non senza cogliere i due paradossi che lo caratterizzano.
Il primo è che al suo “capolavoro” (l’elezione di Mattarella) il king-maker Matteo Renzi è stato costretto. Sospinto quasi fisicamente a cercare una personalità dal profilo alto e non manovrabile in seguito al rifiuto dei suoi interlocutori politici di accettare ciò che nei mesi passati aveva in mente: un “tecnico” o qualche altra invenzione, magari ammantata dalla retorica di un nome femminile.

MASSIMO GRAMELLINI, giornalista de La Stampa
Siamo le cavie di un esperimento senza precedenti. Un gruppo di tecno-trogloditi sta usando i media per trascinare il resto del mondo sul suo terreno preferito, l’odio e la disumanità. Non esiste nefandezza dell’Isis di cui qualche altra comunità di fanatici non si sia già ampiamente macchiata in passato. Da Neanderthal in poi è capitato mille e mille volte che un nemico venisse arso vivo dentro un gabbia e che un omosessuale venisse gettato da una rupe o lapidato da folle inferocite. La differenza è che gli aguzzini di oggi non si limitano a fare l’indicibile. Lo ostentano e lo diffondono, con un copione cucito su misura intorno alla sensibilità televisiva dell’opinione pubblica. Sanno che la notizia di cento morti lontani è un numero freddo che scivola davanti alle pupille assuefatte del telespettatore bombardato da infiniti stimoli. Mentre l’immagine di una sola persona decapitata, o bruciata viva dopo un referendum in Rete sul tipo di condanna a morte da infliggergli, procurerà a quello stesso telespettatore un soprassalto di disgusto e di panico. E assieme alla paura gli farà montare la rabbia, il desiderio di rispondere alla violenza con altra violenza. Lo indurrà a fare il loro gioco.  
Per questo La Stampa di ieri non ha pubblicato in prima pagina la foto del pilota giordano divorato dalle fiamme, preferendo mostrarne una che lo ritraeva da uomo libero. Perché gli sgherri del califfo possono tentare di imporci il terrore, ma non le regole del gioco. Quelle, a casa nostra, le decidiamo noi.  

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