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mercoledì 20 novembre 2024

Parole ricorrenti sui media

 

Genocidio

Il termine è stato coniato dall’avvocato e giurista polacco di origine ebraica Raphael Lemkin nel 1944. Studioso della persecuzione degli armeni da parte dei turchi, Lemkin provò a definire l’opera di distruzione violenta di un popolo nel pieno delle persecuzioni naziste nel cuore dell’Europa contro gli ebrei e altre minoranze. 

Il neologismo deriva dall’unione della parola greca ghénos (razza, stirpe) e dal latino caedo (uccidere) ed è stato poi adottato dal diritto interno.

Riflettiamo sulla mafia di ieri e di oggi

All’età di 73 anni è deceduto nei giorni
scorsi Placido Rizzotto jr., nipote
dell’omonimo sindacalista e partigiano
 ucciso dalla mafia a Corleone il 10 marzo 1948.

E' stato uomo impegnato nella
società civile/politica ed ha collaborato
con varie organizzazioni operanti
per il riscatto dalla cultura
mafiosa



  Sfogliando qualche libro e alcune riviste dei decenni trascorsi capita di leggere che nel quinquennio 1993/1998 sono stati processati in Sicilia circa 2.500 esponenti dell'organizzazione mafiosa. In quello stesso periodo furono assicurati alla giustizia numerosi latitanti tra i quali Salvatore Riina, i fratelli Graviano coautori di varie stragi a Roma, Firenze, Milano nel 1993, ed ancora Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri, Nino Giuffré, questo capo del mandamento di Caccamo. In quello stesso periodo si è fatto luce su centinaia di omicidi commessi da Cosa Nostra, fra cui quelli di Giuseppe Impastato, del presidente della Regione Piersantiu Mattarella, dell'on.le Pio La Torre, del generale Dalla Chiesa, del capo squadra mobile di Palermo Giuseppe Insalaco, dell'Imprenditore Libero Grassi, dell'on.le Salvo Lima, di Padre Giuseppe Puglisi.

 Sempre in quel periodo sono stati condannati per mafia due senatori della Repubblica, alcuni esponenti politici regionali e provinciali, due magistrati.

 Dal 1992, anno delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, si mise in atto una strategia organizzativa e duratura che consentì di raggiungere dei risultati. Proveremo, in prosieguo, a capire se ai nostri giorni il fenomeno mafia nella nostra isola risulta estirpato, o come è probabile riesce ancora a sopravvivere. E' certa solamente la caduta di attenzione sul fenomeno da parte dei media.

Luoghi e storia di Sicilia

 Castello Manfredonico

Mussomeli

Non molti siciliani conoscono le bellezze di un paese del Nisseno che sorge su una montagna e che è ricco di Storia e che ha visto svilupparsi nel passato più civiltà, dai Sicani ai Greci, ai Romani fino agli Arabi.

Il Castello di Mussomeli, situato a poco meno di due chilometri dall'omonimo paese, fu costruito da Manfredi III Chiaramonte, nel periodo svevo tra il 1364 e il 1367 su una rocca calcarea a circa 80 metri di altezza. Alla base della rocca c'è una cinta muraria a protezione della stradella di accesso che, però, va raggiunta attraverso un ponte levatoio.

Sulla vetta della rocca c'è una seconda cinta muraria che racchiude la parte residenziale del castello. Gli esperti spiegano che si è in presenza di architettura gotica che si può cogliere dagli archi ogivali e bifore.

martedì 19 novembre 2024

Idee per costruire una società partecipata

 

Quanti dei

 residenti si

 accorgono

 che i territori

 interni

 dell'Isola

 vanno

 perdendo

 colori di 

vita ?

* * * * 


Appunti di un sessantennio di ricerche

Come e perchè in periodo baronale

si costruiva un nuovo paese (1)

cartina dei nostri giorni
= = = 
Santa Maria del Bosco
all’alba della modernità 

Nel 1433 il Re Alfonso V d'Aragona, detto il
Magnanimo, concede all'Abbazia la completa
esenzione fiscale. Nel 1469 viene eletto
 abate Placido de Castagneda, giulianese
di padre spagnolo, che favorì l'unione
dell'Abbazia di Santa Maria del Bosco
alla Congregazione di Monte Oliveto
(Siena), fondata da 
San Bernardo Tolomei.
Nel 1491 Papa Innocenzo VIII incorpora
Santa Maria del Bosco alla Congregazione
benedettina olivetana (benedettini bianchi).

Fra Michele da Volterra con nove monaci
viene inviato per attuare la riforma dall'Abate
generale della Congregazione.








 L'assetto topografico/fisico/pedologico dell'iniziale centro abitato di pertinenza della Kuntisa cinquecentesca/seicentesca lo si è voluto su un piano inclinato, più o meno da sud verso nord, sfruttando il formato fisico-territoriale  a valle di Brijnet. 

  Sicuramente agli originari profughi arbereshe e ai fondatori materiali dell'abitato l'area su cui costruire il nuovo paese fu loro presentata come la più propizia ai bisogni della costruenda comunità arbereshe, sottolineando la disponibilità nella zona di più sorgenti d’acqua per le necessità abitative e per impiantare alberi, ed ancora evidenziando la  bontà dell'aria, ricca di ossigeno stante la vicinanza di un bosco.

   Sappiamo ai nostri giorni da più fonti storiche, e ne abbiamo fatto cenno in passato pure sul Blog, che uno dei plurimi motivi, forse il vero e fondamentale, secondo cui i Cardona hanno individuato il sito del costruendo paese di Kuntisa per gli arbereshe è stato quello di voler segnare e marcare chiaramente i confini feudali rispetto a quelli del Monastero di Santa Maria del Bosco

  Quel confronto, di natura prettamente politico, all'interno del Regno di Sicilia a regime feudale deve essere durato parecchio se, per più tempo, più anni, gli arbereshe sono stati tenuti a stazionare -in situazione di precarietà e ovvio disaggio- nell'area dell'attuale contrada Scirotta, a valle di Castello Calatamauro, area di giurisdizione baronale dei Cardona.

   Sappiamo anche che, rispetto ai nostri giorni, il territorio agrario dell'iniziale Contessa (o come adesso si preferisce presentarla Kuntisa) era di parecchio più esteso e sopratutto era attraversato da una regia-trazzera che  oggi corrisponderebbe ad una strada a scorrimento veloce. Sappiamo ancora che nella Kuntisa delle origini e fino a poco più di un sessantennio fa vi insisteva un fondaco, la cui funzioni oltre a quella di ospitalità per i viandanti consisteva pure nell’essere punto doganale preposto a riscuotere i diritti di transito per conto e su mandato della Università (=oggi diremmo del Comune).

lunedì 18 novembre 2024

Putin: 120 missili e 90 droni sull'Ucraina

E Biden autorizza l’Ucraina all'utilizzo delle armi a lungo raggio.

L’Ucraina riceve luce verde dagli Usa per lanciare i missili americani a lungo raggio contro le rampe e le basi nel profondo del territorio russo: Kiev tira un lungo sospiro di sollievo. È la svolta attesa da mesi e mesi dai comandi ucraini: la speranza concreta e fattiva di bloccare i missili e gli aerei russi che attaccano città, basi militari e infrastrutture energetiche diventa realtà. 

 La scelta di Joe Biden rappresenta un significativo cambiamento di rotta nella politica Usa degli aiuti al governo Zelensky. Il primo a venire utilizzato subito contro i circa 12.000 soldati nordcoreani nella regione di Kursk sarà il sistema missilistico Atacms. E rappresenta la risposta diretta al nuovo asse militare tra Mosca e Pyongyang.

  Gli Atacms hanno una gittata che supera i 300 km.

Parole ricorrenti sui media

 

commissario

Raffaele Fitto è stato suggerito dal governo italiano a Ursula von der Leyen come componente della Commissione Ue, in quota Ecr (gruppo dei conservatori). Al commissario in pectore è stata offerta la delega su Coesione e riforme, oltre l’incarico di vicepresidente esecutivo.

Ma pare che stiano sorgendo difficoltà: il partito di Fitto (e della Meloni) non appartiene infatti alla coalizione di maggioranza che finora ha guidato l’U.E.

Curiosità: pagina di Storia

 18 Novembre 1926

Gran Bretagna:  I vari dominions ottengono l'autonomia e l'Impero britannico si trasforma in Commonwealth. Cosa è il Commonwealth in breve?

Il termine significa "benessere comune". Infatti, in origine Commonwealth indicava uno Stato governato per il benessere comune in opposizione ad uno Stato autoritario, governato per il beneficio di una data classe di proprietari. Attualmente il termine ha un significato più generale, indica una comunità politica.









E’ concepibile fischiare l’inno nazionale di un paese amico?

 Francia-Italia a San Siro in Nations League

Bordate di fischi 
quando è stato suonato
l’inno nazionale francese.

Mascalzonata nei
confronti di un Paese
amico. Più frutto di ignoranza
che di tifoseria.





E’ più che imbarazzante quanto accaduto a San Siro a pochi minuti dall’inizio della partita tra l’Italia di Spalletti e la Francia di Didier Deschamps, nell’ultima gara dei gironi di Nations League. Una marea di fischi, provenienti dalle tribune, ha coperto l’inno francese.

Quando le squadre si sono schierate in campo ed è iniziata a suonare la Marsigliese sono arrivati i fischi, durati qualche secondo, per poi essere ripetuti alla fine dell’esecuzione dell’inno francese. A nulla sono valsi gli applausi arrivati da alcuni settori di San Siro. Quanto accadeva rispetto all’inno nazionale di un Paese amico come e’ la Fancia non è valsa la presa di posizione degli azzurri che tutti hanno iniziato ad applaudire, ma anche loro purtroppo non sono riusciti nell’intento di far cessare quello che  accadeva su iniziativa evidente di gente irrazionale.

 I circa 1400 tifosi francesi presenti all’interno dello stadio si sono poi «vendicati» fischiando a loro volta l'inno di Mameli. Quando il match è iniziato l’Italia è andata subito sotto per il gol di Rabiot, che ha battuto Vicario (out Donnarumma), con un colpo di testa.

domenica 17 novembre 2024

La democrazia rudimentale di Trump

Panico nel settore bio-medico


Trump ha scelto per la Sanità il no vax
Robert F. Kennedy Jr.
 - Ansa -


Negli  Usa di Trump cominciano a circolare teorie che alcuni giornali definiscono bizzarre. C’è il nuovo ministro della salute, un discendente della -in passato- nota famiglia Kennedy, che mette in discussione i “vaccini”, quelli che hanno salvato tanta parte dell’umanità dal Covid-19.

E’ difficile per le tante stravaganze che stanno venendo fuori, per noi europei, dire affari loro, oppure dire si tratta di americanate.

In Europa, il continente che finora è stato l’alleato più fidato degli USA, cominciamo a leggere, a intravedere che quella di Trump rischia di diventare la Democrazia rudimentale, alimentata da un fanatismo del peggio, che cerca di trovare qualcuno su cui riversare la propria inadeguatezza. Al male di una grande potenza che vuole avviare una battaglia contro la scienza temiamo che non ci sia rimedio.

  Un battaglia contro la scienza e’ più che pericolosa, non solo per gli americani ma anche per gran parte del pianeta.

La domenica serve anche per riflettere

La conversione di San Paolo 

Icona di
San Paolo



 Proprio quando l’evento cristiano comincia a trasformarsi da circostanza localistica del mondo giudaico a fenomeno che investe i territori  dell’Impero Romano spicca nella crescente realtà cristiana la figura di San Paolo. Questi era un giudeo (un fariseo) più che orgoglioso delle sue origini giudaiche e, ovviamente, orgogliosamente attaccato all’osservanza della Legge. Egli era vissuto in Asia Minore (a Tarso) e possedeva una formazione ellenistica, il che lo rendeva curioso nel valutare i valori della cultura pagana. Era anche, per ragioni familiari, cittadino romano e non aveva mai conosciuto ne’ seguito le predicazioni del nazareno Gesù, colui che aveva fornito interpretazioni nuove della Legge di  Mose’.

 San Luca racconta per tre volte negli Atti degli Apostoli   quale è stata l’esperienza attraverso cui San Paolo ha avuto esperienza del Gesù crocifisso e resuscitato e che, attraverso quell’esperienza, ha liberato l’uomo dalla schiavitu’ egoistica e quindi …dalla morte

 E’ San Paolo a costituire tutti i credenti in corpo di Cristo. Non si tratta del “Gesù storico” che tutti i Giudei avevano conosciuto, ma questo Cristo morto e risorto che aveva posto fine alla Legge e alla storia, che egli (Paolo) predicava a Giudei e Pagani come unico mezzo di salvezza. Nella Lettera ai Corinzi egli riporta: “Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così “. La salvezza (la .. giustificazione) da parte di Dio avviene soltanto mediante la fede in questo Cristo, morto e risorto. “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, giustificati gratuitamente … mediante la redenzione in Gesù Cristo” (Rm. 3,23-24).

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Una riflessione dei nostri giorni di

Ilarion Alfeev

A testimonianza della fede della Chiesa delle origini della divinità di Gesù Cristo c’è anche il fatto che il culto  del nome di Dio dell’Antico Testamento,  nella comunità dei discepoli di Cristo, si trasforma nel culto del nome di Gesù Cristo. Questa trasformazione è visibile nelle pagine di tutti e quattro i Vangeli, negli Atti degli apostoli, nel corpus delle lettere apostoliche e nell’Apocalisse.

Chi è?

Ilarion Alfeevo Hilarion Alfeyev, nato Grigórij Valérievič Alféev (Mosca24 luglio 1966), è un arcivescovoteologo e compositore russo, dal 2022 metropolita di Budapest. Ha lasciato gli incarichi di presidente del Dipartimento per le Relazioni esterne della Chiesa russa e di membro permanente del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, dopo aver criticato le posizioni del patriarca Cirillo I riguardo l'invasione russa dell'Ucraina.

A proposito di centenarie (7)

Ricordando 

Frances LoJacono 

* * * 

Quanto a lungo vivremo? Fino a 120 anni (ma la media sarà ben al di sotto dei 90 anni) da un articolo di Telmo Pievani su  Corriere della Sera.

La durata della vita è cresciuta di tre decenni, ora l’incremento rallenta. Il punto sui nuovi studi.

New York, Downtown: in Greenwich Street, poco a nord di Ground Zero e del nuovo World Trade Center, si trova una Longevity Clinic che promette un trattamento di lusso di sei ore per fare uno screening preventivo globale e un «piano di longevità». Particolarmente adatto, dicono, per dirigenti aziendali e viaggiatori internazionali.

La tariffa parte dai diecimila dollari in su. A richiesta, fanno anche un test genetico. Altre cliniche simili a Manhattan puntano sull’ansia. Partono da una domanda piuttosto bizzarra: sei sano? Come fai a saperlo? Il nostro corpo è abilissimo a nascondere le malattie, aggiungono. Anche se non hai sintomi, è possibile che alberghino in te minacce silenziose. E poi il motto: la vita è breve, finché non impari a estenderla!

Passando davanti a questi dispensatori di elisir di lunga vita per pochi eletti, torna alla mente quella deliziosa storia paradossale, dal titolo Le intermittenze della morte, scritta da José Saramago nel 2005. Vi si immagina un paese in cui improvvisamente la gente smette di morire. All’inizio la reazione generale è euforica: svanisce la paura quotidiana di non esserci più. Ma ci si accorge ben presto che il regalo non è una vita eterna, bensì un invecchiamento infinito. Gli abitanti di quello strano paese — racconta lo scrittore portoghese — diventano invalidi permanenti. Segue una valanga catastrofica di eventi.


L’immortalità del corpo mette in crisi le religioni: alle ortiche tutte le promesse di un’altra vita di premi e punizioni; senza morte, niente resurrezione. I costi sociali si fanno insostenibili: la popolazione cresce a dismisura; impossibile pagare le pensioni; case di riposo e ospedali intasati di malati cronici. Lo Stato dichiara bancarotta. Interi settori professionali vanno in crisi: non solo le pompe funebri, anche le assicurazioni e i filosofi. Poi subentra una noia terribile: l’assenza di prospettive, la fine del desiderio, il rinvio di qualsiasi scadenza, un’invincibile pigrizia. Nessuno prende più decisioni epocali con la speranza di essere ricordato dopo la morte.

Parole ricorrenti sui media

 


articolo 87

È l’articolo della Costituzione sulle funzioni e i poteri del capo dello Stato, tra i quali è indicato che «promulga le leggi. Può, prima della promulgazione, chiedere una nuova deliberazione, con messaggio moti-vato alle Camere. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata». Il presidente emana anche i decreti con valore di legge e i regolamenti del governo, e «può chiederne il riesame».

sabato 16 novembre 2024

Il cambiamento climatico in Sicilia (e non solo qui)

Seguendo i media ad 

autunno inoltrato

Alluvioni e siccità che si alternano non caratterizzano solamente la nostra Sicilia. Il caso è ormai a dimensioni mondiale. Semmai il problema è che i cambiamenti climatici vanno in fretta affrontati con le soluzioni appropriati. 


L’
Italia è il terzo paese europeo per disponibilità di risorse
idriche
, ma le reti nazionali perdono il 40% di acqua.
 In 
Sicilia la percentuale sale al 50% e l’Isola resta 
dipendente d’acqua anche da altre regioni per
l’approvvigionamento. Nell’anno della 
siccità e
l’inizio del 
processo di desertificazione, la Sicilia
ha ancora 
reti d’acqua colabrodo che potrebbero
essere riparate o sostituite con fondi del 
Piano di Sviluppo e Coesione.




Enrico Foti, professore ordinario di Idraulica al Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura dell'Università di Catania, studioso di livello nazionale e internazionale, nell'intervista al Corriere della Sera, ha così’ tratteggiato: «Il caso Sicilia, con fenomeni di siccità e alluvioni a distanze relativamente piccole, non è solo un caso europeo ma di livello mondiale. Così come lo è per altri versi il caso Venezia. L'isola essendo al centro del Mediterraneo è fortemente interessata dai cambiamenti climatici, che appaiono come strutturali e di lunga durata. I cambiamenti sono così rilevanti in Sicilia da condurre il mondo scientifico a confrontarsi con fenomeni diversi rispetto al passato. Occorre l'elaborazione di nuovi strumenti».

Il professore Foti è componente della Commissione Grandi Rischi nazionale. È anche stato chiamato come esperto nella cabina di regia per l'emergenza idrica in Sicilia. Nei giorni scorsi si è trovato ad affrontare in maniera contemporanea sia il caso dell'alluvione nella costa ionica sia la questione dei laghi prosciugati nella Sicilia centrale. E anche se adesso l'attenzione è più concentrata mediaticamente sul caso alluvione, Foti ha segnalato: «L'Ancipa -uno dei più importanti laghi artificiali siciliani, che è anche strategico sul piano della distribuzione dell'acqua in varie province della Sicilia- è già prosciugato e sono stati trasferiti tutti i pesci».

«La perdita di acqua è un problema patologico del sistema infrastrutturale delle reti di distribuzione idrica siciliana. Vi sono state carenze anche sul piano dell'utilizzo dei fondi europei, la Sicilia ha dovuto restituire risorse all'Europa per oltre 100 milioni di euro per migliorare le condizioni delle reti di distribuzione. Nell'Isola un litro su due immesso nelle reti idriche si perde, e vi sono zone dove addirittura le perdite di acqua toccano il 75%».

Parole ricorrenti sui media

 ARTICOLO 116

Si tratta dell’articolo della Costituzione che definisce il tema dell’autonomia per cinque regioni che dispongono di condizioni particolari: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. Poi l’articolo precisa che «ulteriori forme di autonomia possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti».

L’articolo 116 è alla ribalta dei media in seguito al giudizio espresso ieri dalla Corte costituzionale sull’Autonomia regionale differenziata che si è’ pronunciata per una bocciatura sia pure parziale. Il ricorso delle quattro regioni di centrosinistra sulla sua incostituzionalità è stato respinto. Ma la Consulta ha messo in fila una serie di rilievi che rimandano al Parlamento il compito di ripensare molto di quanto è stato fatto. Rimane da capire se resterà in piedi la possibilità di un referendum.

Per il partito di Matteo Salvini è una sconfitta. Lo è in particolare per i governatori del Nord e per il ministro Roberto Calderoli, che avevano forzato i tempi dell’approvazione per mettere il resto della maggioranza di fronte al fatto compiuto: è noto, anche se inconfessabile, che sia FdI, sia FI vivano male la riforma, per i riflessi che può avere sull’elettorato del Centro e del Sud. Ma quella leghista è stata una strategia-boomerang. 


venerdì 15 novembre 2024

Dalle origini dell’uomo (2)

Il cammino della Storia dell’uomo

Per leggere la pag. 1  pigiare QUI 

 La trasformazione a tappe dell’umanità 


Da nomadi a stanziali
e poi, purtroppo,
guerrieri



L’essere diventati sedentari, in quanto Cacciatori e raccoglitori, ha consentito diecimila anni fa, ai nostri antenati, di avviare il periodo che gli storici - oggi - definiscono della “neolitizzazione”. Gli studiosi mettono in evidenza che non è stata la natura a mostrare, dimostrare, che era conveniente fermare la continua ricerca di opportunità di sopravvivenza; e’ stato l’uomo che ad un certo momento ha deciso di muoversi molto meno e fermarsi in quelle aree dove il biotopo (area in cui vive una determinata specie animale o vegetale) e la combinazione annuale delle risorse consentiva di abbandonare le costrizioni del nomadismo.

 L’avere abbandonato il nomadismo è dagli studiosi interpretato come “la prima rivoluzione” del genere umano: la scelta dei nomadi di non spostarsi più. All’inizio si sarà trattato di dover cacciare le gazzelle e/o di consumare graminacee, sarà seguita una fase di stoccaggio, conservazione di derrate alimentari, ma non dev’essere passato troppo tempo per scoprire la bontà dell’agricoltura, vale a dire la semina dei cereali, la mietitura, la conservazione delle sementi (secondo atto della trasformazione).

 Molte sicuramente furono le esperienze agricole, i tentativi per saggiare potenzialità e possibilità ambientali e ovviamente le circostanze di volontà innovatrici umane. Gli studiosi ci sottolineano che sicuramente i primi esperimenti agricoli avvennero in territori soggetti ad allagamenti, ricchi di depositi fertilizzanti del limo, o comunque nelle immediate vicinanze dei bacini fluviali (Siria del Nord, Giordano, regioni umide della Cina del Sud, Nuova Guinea, aree andine dell’America ed altre ancora).

 Accenneremo ad altri approfondimenti storici/economici prima di passare alle prime teorizzazioni del periodo neo-litico.

Il mondo contadino, quello conosciuto prima del terremoto ‘68

 La casa del piccolo mezzadro (5)

 

La Costituzione siciliana del 1812 si inserisce
in un quadro politico-costituzionale qualificabile
come sistema a "monarchia limitata", dove
il potere di indirizzo politico spettava al
sovrano ed il parlamento agiva soltanto
come "limite" al potere regio. Nell'esperienza
costituzionale siciliana del 1812 non si può
parlare di rottura costituzionale, il sistema
rimane "dualistico" e si reggeva sulla
legittimazione dinastica del re e su quella
del parlamento inteso come luogo di
rappresentanza prevalentemente della nobiltà
siciliana.




La Sicilia è ricca di documentazione scritta e di beni materiali etnografici dei secoli passati. Qualcosa di beni ed attrezzi della società contadina della prima metà del Novecento sta lodevolmente conservato nei locali di quello che fu il circolo Scanderberg, a Contessa Entellina. Si tratta di beni ed attrezzi agricoli usati da due, tre generazioni anteriori agli anziani di oggi, e tuttavia non differiscono di molto dagli attrezzi usati tre o quattro secoli fa dai nostri antenati. Segno questo che il “Progresso”, nelle nostre aree, nel meridione italiano, ha iniziato a galoppare solamente con la rottura del vecchio mondo e l’avvio della visione liberal-progressista del dopo-guerra, dagli anni cinquanta del novecento in poi, dagli anni post istituzione della Repubblica Italiana. 
Segno ancora che dalla fine degli anni quaranta del Novecento il modello “americano” di stile di vita e di conduzione dei “sistemi economici” si è imposto nei paesi “occidentali” del vecchio continente, affossando, prima con la “riforma agraria” degli anni cinquanta del Novecento e poi con le metodiche e le tecniche della modernità, il latifondismo che si era affermato in Sicilia dal 1812, dal tramonto del regime feudale.

  = = = 

Il Blog

 Su queste pagine del blog stiamo tentando, spolverando parte di documentazione archivistica raccolta (ovviamente in fotocopie) negli archivi palermitani durante più anni di residenza nella città (da studente prima e da funzionario aziendale dopo), di tracciare, per non far dimenticare a chi verrà dopo di noi, il “patrimonio di costumi, di tecniche, di modo di vivere e di organizzazione della società di chi ci ha preceduto”. 

giovedì 14 novembre 2024

Riflettiamo sulla mafia di ieri e di oggi

L’inchiesta in Sicilia del 1876,

Leopoldo Franchetti (1) sostiene che la classe dirigente siciliana è per intero l’erede del trascorso sistema feudale, e che perciò essa risultava essere abituata a considerare le istituzioni strumento di sopraffazione, incapace di innalzarsi fino alla concezione moderna della legge impersonale e uguale per tutti. Se i feudatari possedevano questa visione comportamentale prettamente mafiosa era ovvio che le classi subalterne ricorressero alla violenza quale percorso di affermazione.

  Franchetti aggiungeva ancora,  c’è anche una mafia popolare, dei contadini o degli operai delle zolfare, e ci sono anche facinorosi delle classi medie, i quali fanno della sopraffazione un mezzo di ascesa sociale.

 In buona sostanza per Franchetti il comportamento mafioso rappresentava la “maniera di essere” della società siciliana, a tutti i livelli, in un impasto perverso nel quale gli elementi tradizionali prevalevano su quelli moderni e li deformavano.

 Il Sud era effettivamente arretrato ed esprimeva uno strisciante razzismo ed anche una non perfetta acquisizione dei valori liberali. Su questa presunta  “barbarie” della società meridionale le autorità di Polizia non mancarono, da parte loro, di adottare provvedimenti più che restrittivi della libertà personale trascurando di passare attraverso la magistratura, trascurando di formulare le precise accuse, approfittando, peraltro della diffusa ignoranza fra le masse (che tanto non avevano diritto di voto).

(Segue)

=  =  =  =  =

(1)(Livorno, 31 maggio 1847 – Roma, 4 novembre 1917) è stato un intellettuale meridionalista e politico italiano, prima deputato e poi senatore del Regno d’Italia, noto per la sua inchiesta sulla Sicilia pubblicata nel  1877 con cui analizzò per la prima volta il fenomeno mafioso.

Fra i suoi giudizi ci è dato leggere: [...] La massa della popolazione ammette, riconosce e giustifica l’esistenza di quelle forze che altrove sarebbero giudicate illegittime.

mercoledì 13 novembre 2024

L’uomo più ricco del mondo si intromette nella politica italiana

 A che titolo?

Elon Musk dall’America si scaglia contro i giudici italiani che hanno emesso provvedimenti sui migranti trasferiti in Albania: «Se ne devono andare». E Salvini gli fa eco: «Ha ragione». 

Compete ad un miliardario
stabilire cosa va bene o meno 
in Italia?

Il Csm: «Le sue parole sono un pericolo per la democrazia». Lupi invita alla moderazione. Intanto, in Albania il centro resta vuoto.

L’affondo di Musk ha inevitabilmente provocato reazioni indignate dall’opposizione, che sollecitano la premier a «tenere a bada il suo idolo», con Pd e Avs che formalizzano la richiesta a Meloni di riferire in Aula. 

A protestare a più voci è anche la magistratura stessa. «Musk si è preso gioco della sovranità dello Stato — è il commento di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm —, mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga». «Maggior rispetto istituzionale per la magistratura e per la giurisdizione», invoca Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm. «Qui si tratta di difendere la sovranità italiana da un potentissimo magnate estero», per la vicepresidente Alessandra Maddalena. 

Ed è intervenuto giustamente anche il Capo dello Stato Mattarella: “L'Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che 'sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione'". Ha proseguito: "Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni", conclude il capo dello Stato. Il riferimento di Mattarella è pure rivolto alla decisione del presidente eletto statunitense, Donald Trump, di nominarlo a capo del Dipartimento che sfoltirà e sburocratizzerà il governo a stelle e strisce.

Il mondo contadino, quello conosciuto prima del terremoto '68

 La casa del piccolo mezzadro (4)

 Stiamo provando a descrivere le case contadine, riprese da atti notarili settecenteschi/ottocenteschi (qualcosa proviene dal secolo anteriore), del nostro centro agricolo nel periodo feudale e poi nel periodo latifondistico.

=  Molte abitazioni contadine (ossia oltre l’ottanta/novanta per cento delle residenze) non disponevano di pavimentazioni curate se non con terra battuta. Rarissimi sono negli archivi gli atti li’ conservati che evocano pavimenti mattonati.

 =  Nelle case contadine rarissimamente sono descritti “banchi-cassapanche” fruibili, all’occorrenza, come posti per sedere. Sono riportati di contro sgabelli, firliczu, quelli che oggi chiamiamo “firlizu” di ferula, bassi e poco pratici, o anche qualche chipirellu di sediri (ceppetto) rustico.  Mai negli atti capitatici si fa riferimento a sedie (chiera), che invece sussistono solamente nell’abitazione del barbiere del paese. Parlando con qualche esperto/storico e’ stata fatta l’ipotesi che nelle case contadine si facesse uso solo di sgabelli di firliczu, di banchi murali e di cuscini per sedere a terra.

=. La quasi totalità delle abitazioni disponevano dell’illuminazione artificiale: uno o due candelabri di legno, rame o ottone (candeleri, blanduneri), o una lampada di bronzo (lamperium).

= = = 

 Contiamo, in prosieguo, di poter capire come, nei paesi feudali dell’interno della Sicilia, vivevano i nostri trisnonni ed, ancora, come vivevano i loro antenati nel cinque/seicento. Lo stiamo facendo sulla scorta di studi e documentazioni provenienti da storici e da cattedre universitarie che hanno passato in rassegna gli archivi dell’Isola.