giovedì 29 settembre 2016

Contessa Entellina. Casse comunali al verde

Pagamento degli stipendi ?

La puntualità non si usa più.

Slitta il pagamento degli stipendi dei dipendenti comunali. Ad oggi, quanti lavorano per conto del Comune non hanno ricevuto il saldo delle spettanze del mese di settembre. 
I dipendenti hanno chiesto lumi agli uffici incaricati ma non sono state fornite risposte certe sui tempi di pagamento. 
Le casse comunali attualmente non dispongono delle necessarie coperture finanziarie per far fronte al saldo della forza lavoro per quanto concerne il mese che va a concludersi domani. Tra stipendi e contributi previdenziali deve stenere cifre per esso pesanti. 
Lo stesso scenario si è già verificato in passato. 
Rispettare la scadenza e il saldo delle mensilità spettanti ai dipendenti comunali non è più un adempimento da rispettare.
Il nuovo ritardo nel pagamento degli stipendi non fa che mettere maggiormente in risalto una situazione di cassa dell'Ente che, si sa, è preoccupante da diverso tempo. 
Il nuovo slittamento del pagamento dello stipendio, a Contessa, al contrario che altrove non genera proteste nei dipendenti comunali anche se la situazione non può essere improntata all'ottimismo e alla serenità.

Atanasio Marcacci. Lettera di Zef Chiaramonte con cui risponde all'esposizione che si può ritrovare nei Commenti

Come ritrovare il punto di vista di Atanasio Marcacci clicca qui e leggi fra i commenti

=========================================
(Replica di Zef Chiaramonte)

Caro Zot,
se non vado errato Lei è parroco in uno dei paesi arbereshe romani ritus.
Il suo excursus storico sugli Arbereshe è impeccabile. Rimane la questione CATTOLICI e quindi UNIATI o ORTODOSSI?
Lei ha posto la domanda, a suo tempo, al Prof. Papas Giuseppe Maria Ferrari, ricevendone una risposta che io ritengo in termini "occidentali".
Proviamo a fare la stessa domanda a Theofan Stilian Noli (Fan Noli) fondatore della Chiesa Ortodossa Autocefala d'Albania (la risposta, ovviamente, l'avremo dai suoi scritti e dal suo comportamento, essendo egli defunto).
Egli ricorda che sino alla crisi iconoclasta, l'Illirico, insieme all' Italia Meridionale e alla Sicilia, pur appartenendo, in maggior parte, alla tradizione chiesastica bizantina, era amministrato ecclesiasticamente da Roma. 
L'Illirico aveva un Vicario papale a Salonicco. Composta la crisi iconoclasta, nonostante le richieste papali, le tre province non furono più restituite all'amministrazione romana. Ciò avvenne molto in seguito, con l'avvento dei Normanni, solo per le due province italiane, con la latinizzazione che ne seguì.
Dunque, a tutte le popolazioni dell'Illirico, non solo ai latini, ma anche ai bizantini rimase legato un cordone ombelicale con Roma. Legame che è costantemente presente tra gli Albanesi, sempre ben disposti a un rapporto privilegiato con Roma e con l' "Occidente".

Scanderbeg é l'esempio più pregnante di questo rapporto. Ma anche i vari signori albanesi ripararono presso i loro colleghi signori in Italia.
Le Colonie sono altra cosa, ma sempre residuo di quel cordone ombelicale mai reciso.
Nei fatti, il buon Fan Noli non aveva intenzione di creare una Chiesa Autocefala, ma voleva una Chiesa albanese come quella degli Arbereshe. La cosa viene riferita a chiare lettere nei primi numeri della rivista "Ringjallja", organo ufficiale della rinata Chiesa Ortodossa Autocefala d'Albania. Non sappiamo perché la cosa non si fece, Ma non morirò prima di averlo scoperto!
Andiamo, ora, al tanto vituperato Concilio di Firenze. Fu firmato o no un atto d'Unione tra la Chiesa Greca e quella Latina? Certamente, sì. Quest'atto fu denunciato solo dopo alcuni decenni dalla parte orientale. In vigenza d'unione, gli Arbereshe, già ben disposti verso il Papato, si rifugiarono in Italia. Il Papato li sostenne. Ditemi se c'è un altro esempio di popolazione minoritaria  -30.000 in Calabria e forse di meno in Sicilia- che abbia potuto godere di due Istituti di cultura di livello universitario come la popolazione arbereshe! E poi le Eparchie, ecc.
Senza Roma non ci saremmo mai salvati! 
E non mi venite a dire che Roma aveva i suoi motivi ... E' normale: quidquid agitur, agitur propter finem. E questo fine non era, poi, cosi' diabolico se ha permesso la nostra sopravvivenza. 
Pensate davvero che con una Chiesa Ortodossa nazionale potremmo risolvere tutti i nostri problemi? 
RIPETO: lasciateci vivere in pace, se possibile, la nostra ORTODOSSIA all'ombra del Patriarcato romano. Non è un bestemmia. E' stata la nostra storia di 550 anni. 

Piana degli Albanesi. E' in corso la latinizzazione dell'eparchia

VALUTAZIONI CHE SAREBBE BENE SOTTOPORRE ALL'ATTENZIONE DEL PAPA

Cosa riteniamo sia urgente fare:
--il ripensamento immediato dei recenti trasferimenti generalizzati dei papàs.
In esso nessuno scorge l'ordinaria mobilità di clero. Esso riguarda esclusivamente il clero greco ed un solo sacerdote "romano", che peraltro viene lasciato a riposo in ambito diocesano pur essendo cinquantenne con l'onere di celebrare la messa a poche unità di suore.
Tornando ai primi, appare piu' che evidente che il "trasferimento" quasi generalizzato di tutto il clero greco da una localita' all'altra determinerebbe lo sconvolgimento profondo dell'organismo ecclesiastico e con esso la progressiva estinzione dei depositari e diretti testimoni della vita e della prassi istituzionale in sede locale della nostra Chiesa.
La generale atomizzazione della vita ecclesiastica di rito bizantino segnerebbe di fatto l'interruzione di procedure e consuetudini locali e aprirebbe un periodo in cui la prassi istituzionale assumerebbe caratteri d'emergenza adattandosi alle diverse situazioni e al loro evolversi.

--la riammissione in termini adeguatamente rappresentativi del clero greco nella direzione degli uffici di Curia, oggi pieni di vicari e vicarietti (sono più i vicari che i sacerdoti romani, viene da dire)
La Curia e' e deve restare la Curia di una Eparchia chiamata a pensare e diffondere cultura cristiano-bizantina. Deve riprendere a editare pubblicazioni e testi in chiave di cristianesimo bizantino. 

--Riconoscimento  della Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi nella sua specifica identità, evitandone presentazioni riduttive o distorte.
Ne consegue che anche il lessico assume rilievo non secondario.

La presenza nei documenti episcopali di terminologia tipica del rito romano (p.e. l'uso di reverendo rivolto ai papàs) o l'uso di formulari romani per benedire l'inizio dell'anno scolastico diventano  motivo di rammarico per tutti i fedeli.

Sarebbe  oltremodo opportuno che il Vescovo anche nei suoi mezzi di comunicazione, facesse quindi propria la sorvegliata terminologia, motivata non da convenienze di galateo, ma da ragioni ecclesiologiche di fondo: il riconoscimento della precisa identità istituzionale della Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi.


--La Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi deve poter contare su un ordinamento canonico stabile e coerente alla sua natura di Eparchia. In ogni caso le discipline che valgono per i prelati latini devono valere per quelli bizantini.
Va pertanto caldamente raccomandato alla Congregazione delle Chiese Orientali di evitare modifiche -con letterine inconsistenti di 5 righe a firma dei suoi burocrati-funzionari- di modificare i deliberati dell'ancora recente Sinodo di Grottaferrata -deliberati avallati da Sua Santità il Papa- col solo fine di soddisfare quelli che ai fedeli dell'Eparchia appaiono capricci per il gusto di voler umiliare la Chiesa (non il rito semplicemente) italo-albanese di Sicilia. 

Le modifiche o deroghe su "come si svolge il ruolo dell'Eparca" in ogni caso non vanno fatte all'indomani (uno o due mesi) dall'insediamento di un Vescovo latino, che arriva dall'America, inizia a fare sfoggio di paramenti tridentini e a mostrare dal primo giorno disaggio per quelli bizantini. 
La letterina in sanatoria, in luogo della sanzione disciplinare, la dice davvero lunga su quanto venga tenuta in considerazione la Chiesa italo-albanese da quei burocrati. 
Con chi si è consultata la Congregazione ? Che tipo di istruttoria ha compiuta per alterare/derogare agli atti sinodali ? Quali itinerari ha seguito per  derogare ai deliberati con un pezzo di carta di cinque righe ?
Come mai al Cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires ove insistono parrocchie melkite, non gli fu mai mandata una letterina di cinque righe perchè celebrasse in rito bizantino nelle chiese melkite ?

--Porre fine alla latinizzazione strisciante del territorio eparchiale.
Le Congregazioni religiose operanti sul territorio eparchiale (oggi non riconosciute) devono affiancarsi alla natura bizantina dell'Eparchia, assumendone il rito e inserendosi nella sua azione pastorale in chiave cristiano-bizantina. 
Azione pastorale -peraltro- ad un anno dell'insediamento episcopale avvolta nelle nebbie.


Andrebbe ricordato quanto, in proposito al rito ambrosiano, nel 1577 scrisse in una sua lettera san Carlo Borromeo, impegnato nella restaurazione della propria Chiesa di Milano (di rito ambrosiano) dopo le devastazioni della peste: 
"Tengo più speranza che prima, che i padri di S. Girolamo vengano qui, hora che qul città sta nel pericolo che è; ma a nissun modo consentirei alla condizione d'officiare alla romana, se non per quattro ovvero sei mesi" ».
Il vescovo di Piana al pari del vescovo di Milano deve esigere che le Congregazioni del territorio eparchiale assumano il rito bizantino.

(NOTA: Spunti su quanto sopra sono ripresi da quant accaduto a chiese cattoliche-bizantine nei Balcani).

Mons. Gallaro. Il Vescovo originario di Pozzallo deve pur avere le sue ragioni se insedia una Curia di "romani" e se trasferisce altrove i Papàs "greci"

"E ...questo qui dove lo metto ? 
dove lo metto ?
questo qui ?"

Il giochetto dei birilli


C'E' LA CURIA

Nei giorni scorsi uno (o forse più papàs) è stato convocato in Curia per chiedergli se avesse diligentemente preparato la valigia e se fosse pronto a raggiungere 
quella certa Chiesa in località ...

A ricevere il convocato o forse i convocati erano il Vescovo che viene da Pozzallo, meritorio centro di accoglienza della Sicilia Orientale di profughi, ma dovo di cultura della realtà storica bizantina dell'isola non resta più nulla e lui ne è testimone.

Ad affiancare il Vescovo latino c'era padre Emilio della meritoria associazione laica/religiosa che insiste a Santa Gristina, latino di origine e di solida cultura e poi padre Ruffino, finora da lungo tempo Amministratore parrocchiale e  prossimo parroco latino di Palazzo Adriano, che viene da Corleone.
Costoro, tutti latini, costituiscono il nerbo della Curia b-i-z-a-n-t-i-n-a   di Piana degli Albanesi.

Viene detto in giro -inoltre- che in Curia ci bazzica pure un Protosincello che forse riesce a dire pure la sua, quando ovviamente manca il Vescovo (essendo suo Vicario, nei casi di assenza).

MANCANO NELLA "CURIA BIZANTINA" I PAPAS
Eppure sulla carta il clero greco non è meno consistente numericamente di quello romano.

Questo Clero, giusta volontà ufficiosa della Congregazione delle Chiese Orientali che ha voluto insediare un Vescovo di Pozzallo, deve essere disperso fino alle chiesette rurali ex Eras. 
In Curia deve starci ben altra cultura ed altra visione, magari alla Metzugori, purché non abbia nulla a che fare con la Chiesa italo-albanese per la quale l'Eparchia fu costituita nel secolo scorso. Insomma una sorta di logica di sottogoverno piuttosto che di vitalità della cultura-culto-liturgia bizantina.

mercoledì 28 settembre 2016

Corleone. Muri dell'omertà che scricchiolano




Oggi (anno 2016) accade finalmente che otto imprenditori ammettono di avere pagato il pizzo per anni e contribuiscano in questo modo civile a smantellare i vertici di Cosa nostra nella storica roccaforte siciliana di Corleone. 
Le testimonianze di artigiani e imprenditori che vivono e lavorano tra i paesi di Chiusa Sclafani, Palazzo Adriano e Corleone, assistiti dall'associazione Addiopizzo, hanno contribuito a far scattare l'arresto di 12 persone, ritenute i nuovi boss di Corleone, secondo le indagini della Direzione distrettuale di Palermo coi sostituti procuratori Sergio Demontis, Caterina Malagoli, Gaspare Spedale e il procuratore aggiunto Leonardo Agueci.


Viabilità agricola. Finora dal governo Crocetta -come dai precedenti- solo dichiarazioni propagandistiche

GIORNALE DI SICILIA


PALERMO 
• · · Trentaquattro milioni di euro per la viabilità rurale e forestale destinati ad aziende agricole e consorzi di comuni perla costruzione di nuove strade di collegamento, per la ristrutturazione e la messa in sicurezza di strade già esistenti. È in sintesi un altro tassello della misura del «Programma di Sviluppo Rurale» per il periodo 2014/2020 che garantirà una nuova viabilità perle strade rurali. 
La misura 4 del Psr si propone di incentivare gli interventi per il miglioramento dell'accesso ai terreni agricoli e forestali aumentandone di conseguenza il volume di trasporti e merci dei prodotti siciliani. «La difficoltà di accesso nelle aree agricole rappresenta uno dei problemi più seri che penalizza lacompetitività delle nostre aziende - spiega l'assessore regionale all'agricoltura Antonello Cracolici -. 
Con queste risorse sarà possibile dare risposte concrete a tutto l'indotto agricolo». Nella nuova programmazione anche gli enti pubblici potranno partecipare al bando come comuni e consorzi di comuni. Priorità a progetti su aree a forte concentrazione aziendale, collegamenti con industrie di trasformazione o con assi viari principali. 
Sulle strade rurali la dotazione finanziaria complessiva è di 76 milioni di euro fino al 2020. «Abbiamo voluto privilegiare le rivitalizzazioni delle strade esistenti - afferma Felice Bonnano, dirigente del Dipartimento Sviluppo Rurale -. Le strade che avranno collegamenti diretti con le maggiori arterie siciliane avranno nella programmazione la priorità». Per presentare le domande c'è tempo fino al prossimo 20 dicembre.

Economia. Nel mondo globalizzato ... la democrazia

RIFLESSIONI INUTILI

Il giorno si è presentato bene. 
Alcuni amici vanno accorgendosi che Renzi, il premier, è l'uomo posto alla guida del Paese dagli arcani regni del potere economico, non solo nazionale ma internazionale.  Non è altro che il prosecutore dell'opera di Berlusconi, fatto scivolare perchè divenuto impresentabile.
La politica di Renzi non differisce (nè può differire) di una virgola da quella di Berlusconi.


Non ci vuole molto a capire che la riforma costituzionale voluta da Renzi è l'ovvia forma di concentrazione di autorità e di potere politico che serve alla Finanza Internazionale.
La Finanza Internazionale ha ormai eroso la sovranità in materia economica degli Stati; i governi oltre che essere scelti dagli arcani regni sono impotenti a intraprendere qualsiasi iniziativa in difesa degli interessi dei loro paesi.
Se il ponte sullo stretto di Messina deve o meno farsi non è Renzi che lo decide. Renzi sa però che se disattende ciò che d-e-v-e  fare scivola su qualcosa.
CONCLUSIONE: l'Occidente ha raggiunto un discreto benessere ma va perdendo la democrazia.




Flash sulla nostra storia

Così era allora
In queste ore mi viene agli occhi, mi passa per la mente la figura di un curato,  quella figura di sacerdote il cui ruolo in un territorio, non costituito in parrocchia, esercita tutti i diritti e le funzioni parrocchiali e che gode dei beni di pertinenza della chiesetta assegnatagli. 
Ho pensato in buona sostanza a come Manzoni descrive lo status sociale con poche pennellate di Don Abbondio. Questi non era parroco ma curato e la chiesetta e i beni patrimoniali assegnatigli gli consentivano di avere la perpetua, di leggere romanzi, di avere una casa e di fare la passeggiata pomeridiana.
Si era allora nel seicento e in territorio lombardo.


Ho pensato -mentre continuavo a riflettere- quindi alla vita che nel cinquecento, seicento, settecento fino ai primi decenni del novecento conducevano i papàs del mio paesino, Contessa Entellina. 

In origine arrivarono -esuli- dall'Albania dove la Chiesa Ortodossa possedeva patrimoni terrieri con cui consentire di che vivere in discrete condizioni ai numerosi monaci dei monasteri e ai papàs dei centri abitati.
In Sicilia a concordare i termini degli accordi feudali con i Cardona furono i papàs; essi sapevano leggere e scrivere, avevano famiglia ed erano persone pratiche seppure spirituali e ricche di fede cristiana. Sotto l'Impero Romano d'Oriente, un pò prima che i turchi imponessero le loro regole di vita, essi -i papàs- appartenevano a fasce di popolazione benestanti; sposarsi e divenire papàs era ammirevole e si era tenuti in grande considerazione dal resto della popolazione.
In Sicilia la popolazione arbëresh continuò a stimarli e ad affidarsi alla loro leadership per secoli.
La Chiesa ottenne dei benefici in termini patrimoniali sia dai Cardona che dai Gioeni e poi dai Colonna, ma via via che trascorreva il tempo la figura del parroco predominò sul resto dei papàs e rimase solo lui il vero beneficiato.
E' utile tenere presente che dal cinquecento fino ai primi del novecento i papàs locali erano più che numerosi: erano decine e decine, fino a trenta/quaranta nel settecento. Furono secoli di papàs contadini. Era il tempo in cui l'oscurantismo e l'ottusità della chiesa romana premeva per l'omologazione e furono i papàs contadini che continuarono a tenere viva la fede e lo status delle origini. Lavorare i campi con le proprie mani e ritrovarsi alle 17 di ogni giorno a cantare i vespri in Chiesa non era incompatibile. Celebrare tutti insieme la Liturgia domenicale era il modo di vivere la comunione cristiana. 

I papàs, fuggendo
dall'Albania, rifiutando
nei secoli
l'omologazione
tentata dai
ricchi romani, hanno
sempre immaginato
che la speranza
vale più ...
In quei secoli i papàs non avevano un tenore di vita differente dal resto della popolazione; ci fu chi dal settecento cominciò a fare l'insegnante, chi l'impiegato presso la Signoria feudale, chi l'archivista presso gli uffici dell'Uniiversità (=il Comune) ma le varie decine di papàs vissero col sudore delle proprie mani. Godettero, bisogna dirlo, per secoli, dell'esenzione su quella che con diverse denominazioni fu la tassa sul macinato: fu cosi per tutto il clero sia nel Regno di Sicilia che poi nel Regno delle Due Sicilie.
Completiamo qui la riflessione che potrebbe durare fino ai nostri giorni. 
Nel contesto tratteggiato molto sommariamente vale, e come se vale, il titolo in grassetto ripreso da un carteggio:
 "I papàs da oltre cinque secoli, sposati o celibi, sono dei volontari per Cristo e per il Vangelo, non sono delle reclute di leva".

Per concludere:
Vale ancora questo titolo ?  andrebbe corretto ?

martedì 27 settembre 2016

Corleone e area del corleonese. Nell'area economicamente depressa e dove le infrastrutture per una vita civile mancano continua a prosperare la mafia di campagna

I Carabinieri della Compagnia di Palermo hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip di Palermo su richiesta della locale Procura Distrettuale, nei confronti di 12 persone, accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, nonché dei delitti di estorsione e danneggiamento. 
Contestualmente è stata applicata la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata della durata di 2 anni nei confronti di 2 ritenuti 'mandanti di un progetto omicidiario'. 
L'operazione in direzione del mandamento mafioso di Corleone e delle famiglie di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, "ha consentito di avere cognizione degli assetti di vertice delle menzionate articolazioni di Cosa Nostra, nonché delle interlocuzioni con gli esponenti apicali delle famiglie limitrofe".   
Tra gli arrestati c'è anche il nipote del boss mafioso Bernardo Provenzano. Carmelo Gariffo, secondo gli investigatori, avrebbe tentato di riorganizzare il clan mafioso decapitato dagli arresti degli ultimi anni. 

Gli Arbëreshe. La pacatezza e l'apertura culturale ci salveranno - Non saranno un segretario ed un sottosegretario della Congregazione Orientale a ...in cinque righe

Questo scritto ricalca in alcun tratti -più o meno- un testo in cui ci siamo imbattuti
 di cui ignoriamo l'autore, ma
potrebbe trattarsi di un Cardinale romano.

Qualcuno ha scritto che in un mondo che va diventando sempre più stretto, il problema dei rapporti tra gruppi sociali (e quindi anche religiosi) con tradizioni diverse è divenuto negli ultimi tempi via via sempre più impellente.
Nella società dei nostri giorni, quella occidentale entro cui viviamo, è stato sancito in sede civile sin dall'Illuminismo (XVIII secolo) e in sede ecclesiastica sin dal Vaticano II (1962-65) il principio morale dell'eguaglianza degli uomini, delle comunità e dei riti per l'espressione della fede, e nello stesso tempo è stato fissato il diritto inalienabile alla differenza culturale e alla conservazione delle identità.
Immagine del periodo costituente dell'Eparchia
(si notano i papàs contessioti:
Papàs Lino LoIacono
Papàs Matteo Sciambra,
Entrambi sono divenuti in successione
grandi parroci della Chiesa della
Martorana e il loro prestigio culturale ha raggiunto
i confini nazionali ed oltre)
Chi, ancora ai nostri giorni, forza in direzione del sincretismo e magari all'assimilazione non fa altro che usare violenza (morale) e rivelare volontà repressiva verso ciò che è “altro”.

Qualcun altro ha ancora scritto che è dovere di ciascun essere umano sensibile salvaguardare i valori e le ricchezze esperienziali insite all'interno di qualsiasi cultura umana.

All'interno della Chiesa Universale il bagaglio normativo e culturale condensato nella disciplina sancita in sede sinodale (collegiale) in Grottaferrata e, peraltro, avallata dai più alti livelli rappresentativi della Chiesa (il Papa), non è altro che l'attuazione, all'interno dell'Eparchia di Piana degli Albanesi, del principio morale dell'eguaglianza dei riti e nel contempo del diritto alla conservazione dei significati culturali, cultuali e liturgici della tradizione bizantina. Significati che tre Vescovi finora, dall'istituzione della diocesi, con la loro solida formazione liturgica hanno rispettato.

Il ricorso ad espedienti “intelligenti” tendenti a ridurre all'insignificanza la disciplina sinodale scritta per onorare e tutelare la presenza del rito bizantino-costantinopolitano in terra italiana, non sono da ritenersi la soluzione ai problemi che sempre insorgono, sempre insorgeranno e che comunque esistono in qualsiasi comunità.
Risulta altresì impossibile non esprimere forte preoccupazione per l’adozione di provvedimenti in ambito eparchiale che tendono inevitabilmente ad intaccare la complessità della storia e della cultura altrui. Provvedimenti che sembrano animati da uno spirito personalistico e, quand’anche concordati in alta sede –prescindendo dall'Illuminismo e dal Vaticano II-, si rivelano estranei allo spirito evangelico di solidarietà e fraternità.

È da tenere infine presente che destrutturare il quadro culturale, cultuale e liturgico di una comunità più o meno fragile, può apparire insignificante ed inconsistente per l'estraneo che viene da lontano e non riesce a comprenderlo, ma costui non deve mai dimenticare -è nostra convinzione- che egli non è nella posizione di poter giudicare o peggio di ignorare ciò che realmente esiste.

Ampliare gli orizzonti intellettuali nel XXI secolo significa rispettare e far propri i valori dei luoghi che ci ospitano. Sicché chiunque detenga poteri e responsabilità, dovendosi recare presso comunità umane dotate di usanze diverse, non dovrebbe sfruttare i propri poteri per sottomettere tali culture “altre”; dovrebbe semmai adattarsi al nuovo ambiente e ove, per qualche ragione, l’adattamento si rivelasse inattuabile limitarsi al rispetto delle tradizioni.

E proprio il Rispetto potrebbe rivelarsi chiave di volta per le sorti dell’Eparchia di Piana degli Albanesi e per quelle della comunità arbëreshe di Sicilia, in quanto rispettare la tradizione significherà rispettare la comunità che in seno a questa tradizione è nata, è vissuta fino ad ora e in essa sola si rispecchia.

«Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere.» 
"La giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo".
(Eneo Domizio Ulpiano, Digesto, 1.1.10pr).

Questo noi pensiamo e questa visione possediamo del tempo che stiamo vivendo.
Se per caso, ma non è così, il Vaticano II è stato una finta, svilupperemo meglio il significato dell'Illuminismo, in attesa che arrivi un vero Vaticano II.
 IlContessioto

lunedì 26 settembre 2016

Economia. Nel mondo globalizzato ... la democrazia

RIFLESSIONI INUTILI

Chi ancora oggi vuole contestare l'egemonia americana nel processo consolidato della globalizzazione non può non constatare come questa accanto alla dimensione economica cammina pure sulla dimensione culturale.
La struttura e i contenuti veicolati dalle reti telematiche aprono problemi sconvolgenti per la sopravvivenza  di intere culture nazionali.
Prende forza in ogni angolo del pianeta l'universalizzazione  dell'inglese come mezzo di scambi in tutti i campi; nel che non ci sarebbe nulla di male se ciò non finisse per ridurre (annullare) gli spazi di altre lingue e la conseguente visibilità della cultura che esprimono.
Se penso quanto scrive oggi l'amico prof. Zef  Schirò Di Maggio sul sito PRESIDIO E OSSERVATORIO ESISTENZIALI PER GLI ARBËRESHË IN SICILIA "...determinate preghiere sempre in albanese (“U kam besë” e “Ati jynë”), comprese quelle prima della comunione, antichissime e bellissime ("Eja o Zot e Perëndi"): chi è autenticamente arbëresh si commuove  " non posso che prendere atto che, ai nostri giorni, la supremazia americana nel campo dei media  e delle reti la rende arbitra di ultima istanza di tutta la cultura umana del passato finora trasmessa esclusivamente per i tramiti
-familiari
-scolastici
-associativi-comunitari
-religiosi (entro cui -appunto- si inserisce l'espressione ricordata da Zef Schirò Di Maggio).

domenica 25 settembre 2016

Sandro Pertini. Il Presidente- Partigiano nacque a Stella 120 anni fa'


Alessandro Pertini è nato a Stella in provincia di Savona il 25 settembre 1896.

E' stato politico, partigiano e giornalista. Presidente della Repubblica Italiana, dal 1978 al 1985.

Sebbene si fosse in più occasioni dichiarato ateo, negli anni ha stretto una profonda amicizia con il pontefice Giovanni Paolo II che accorse a trovarlo in ospedale nel 1987 quando Pertini viene colto da malore durante i funerali del generale Giorgieri ucciso dalle Brigate Rosse.

Si spense nel suo appartamento a Roma il 24 febbraio 1990.

Hanno detto ... ...


Intervista a Stefano Rodotà di Simonetta Fiori. (Repubblica 23.9.16) 
LA DIGNITA' 

Stefano Rodotà analizza una delle parole chiave della nostra contemporaneità: 
“Le leggi devono proteggerla, è ciò che ci rende umani”».
Tra le parole chiave del nuovo millennio è la più abusata. Forse la più calpestata. La dignità è anche un lemma centrale nel dizionario autobiografico di Stefano Rodotà, che dai diritti sul lavoro a quelli dentro la famiglia, dalla tecnocrazia alla tutela della privacy, ne ha fatto la bussola di una ricerca intellettuale e politica cominciata oltre mezzo secolo fa. Dignità è oggi il tema del nuovo Festival del diritto, da lui fondato a Piacenza otto anni fa.

Perché oggi si parla molto di dignità? 
«È la parola che evoca direttamente l’umano, il rispetto della persona nella sua integrità. Ed è ancora più immediata di parole storiche come eguaglianza, libertà, fraternità. C’è una bellissima frase scritta da Primo Levi: per vivere occorre un’identità, ossia una dignità. Senza dignità l’identità è povera, diventa ambigua, può essere manipolata».

Ma la parola rischia di essere contraddetta dai fatti. L’Ue, ad esempio, esordisce nella sua carta dei diritti fondamentali con il termine dignità. Ma sembra dimenticarsene con i migranti, alzando muri. 
«Sì, c’è uno scarto fortissimo. Quando nel Duemila è stato scritto quel documento, nel preambolo si è voluto rimarcare che l’Europa pone al centro della sua azione la persona. Lo sta facendo? No. Una contraddizione che incrina il patto cittadini-istituzioni».

Una promessa non adempiuta. 
«Con conseguenze molto gravi. Il mancato rispetto della dignità produce un effetto di delegittimazione. Tu non mi riconosci nella mia pienezza di persona degna e io non ti riconosco nella tua sovranità istituzionale. Da qui la rabbia sociale che alimenta il terrorismo e il caos geopolitico. Difendere la dignità è difendere la democrazia».

La parola dignità ha segnato l’epoca successiva alla seconda guerra mondiale. «Non è un caso che quando la Germania ha cercato un termine per reagire alla devastazione nazista ha trovato proprio dignità. Compare nel primo articolo della costituzione. E compare nella carta costituzionale dell’altro grande sconfitto, l’Italia».

In Italia la parola acquista una coloritura più forte. 
«Sì, le si affianca un attributo fondamentale: dignità sociale. La dignità è anche nel rapporto con gli altri. Tu non puoi negarla al prossimo nel momento in cui la rivendichi per te stesso. I costituenti italiani strapparono la dignità da una condizione di astrattezza, fornendole una solida base materiale. Prendiamo l’articolo 36: il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del suo lavoro e sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia un’esistenza dignitosa. Cosa volevano dire i nostri padri? La dignità non è a costo zero. Esistono diritti che non sono a costo zero».

L’aver introdotto nella nostra carta il pareggio di bilancio indebolisce questi diritti?
«Non c’è dubbio. L’articolo 81 è un vincolo fortemente restrittivo e non necessario. Giustificato con il solito ritornello: ce l’ha chiesto l’Europa».

La crisi economica ha giocato contro. 
«Sì. Ma ha inciso soprattutto la pretesa di spostare nella sfera economica il luogo dove si decidono i valori e le regole. Questo ha comportato uno spostamento del potere normativo: poiché sono io quello che gestisco il danaro e investo, sono io che detto le regole. Il tramonto dello Stato costituzionale dei diritti».

La dignità è una parola flessibile, adatta alla contemporaneità liquida. Come cambia nell’epoca della tecnologia?
«Un primo importante cambiamento riguarda la costruzione stessa dell’identità. Quando io posso raccogliere una serie di informazioni su una persona, e sono anche in grado di fare valutazioni prospettiche — se ha fatto questo, farà anche quest’altra cosa — in sostanza io sto partecipando alla costruzione della sua identità».

L’identità e dunque la dignità vengono manipolate. Ma c’è un’altra offesa della dignità che riguarda le persone che mettono in piazza la propria intimità. Con esiti che possono condurre al suicidio. 
«Qui entriamo in un terreno molto complicato. Quando io metto in circolazione delle informazioni che mi riguardano devo sapere che la rete determina effetti di moltiplicazione. E quando io ricevo informazioni che riguardano altre persone dovrei riconoscere una sfera privata che non posso manipolare».

Ma come si tutela la dignità dei sentimenti in rete?
 «La prima cosa che mi viene da dire: tieniteli per te. Ma il problema dei sentimenti è un problema di relazione: sono in gioco i miei rapporti con un’altra persona, con un gruppo. E allora bisogna porre dei paletti: prima di far circolare contenuti che riguardano altri devo preoccuparmi che ci siano il consenso o la consapevolezza di quelle persone».

Un altro versante riguarda la dignità del morire. In Italia non esiste ancora una legge sul testamento biologico.
«E per fortuna, oserei dire. La legge prospettata era molto restrittiva, rispetto a una coraggiosa sentenza della Corte Costituzionale che nel 2008 riconobbe il diritto del governo del corpo esercitato in piena autonomia. Il legislatore ha il vizio o la propensione a impadronirsi della vita delle persone. In Italia abbiamo diffidenza verso le decisioni autonome: la libertà non è vista come bene da salvaguardare ma rischio da tenere sotto controllo».

Dalle tecnoscienze alla bioetica, dalla privacy ai diritti d’amore, dignità è la parola chiave del suo impegno.
«Sì, ma l’ho scoperto piano piano: la dignità è un modo antropologico di vivere. Se io riconosco a una persona dignità, non posso comportarmi come se questa consapevolezza non l’avessi mai acquisita».”"

sabato 24 settembre 2016

Economia. Nel mondo globalizzato ... la democrazia

Messo da parte lo scivolone in cui è incorso il Ministero della Salute guidato da Beatrice Lorenzin (Ncd) per gli aspetti di cattivo gusto che traspaiono dal messaggio del manifesto qui accanto postato e lanciato all'attenzione dell'opinione pubblica per stimolare, nelle intenzioni, la crescita demografica del nostro paese, vediamo di capire cosa si vorrebbe effettivamente trasmettere dalle nostre autorità di governo giovandoci di un recente volumetto di Economia edito dalla RBA e in edicola in questi giorni.

Lo stato di benessere raggiunto da un paese avanzato (welfare) può reggersi in stretta connessione col suo livello demografico. La scienza economica e' giunta alla conclusione infatti che più un paese raggiunge livelli di benessere e più in esso crolla la fertilità, ossia più diminuiscono le nascite.

Il fenomeno è chiamato dagli economisti "paradosso demografico-economico" e mostra una correlazione inversa tra il miglioramento delle condizioni di vita e di benessere da un lato e il numero di figli per ciascuna donna (tasso di fertilità) dall'altro.
Relazione questa rilevata oltre due secoli fa', nel 1798, da Thomas Malthus (1766-1834) quando appurò e scrisse che la vita agiata  agisce da freno sugli  istinti riproduttivi degli esseri umani.

Qualcuno potrebbe interrogarsi: perchè lo Stato dovrebbe volere più figli dagli italiani ? queste non sono scelte della vita privata ?

Il grado di benessere (welfare) dipende proprio dal "giusto" livello di fertilità. In molti paesi dell'Occidente il basso livello della natalità sta incidendo direttamente sulle condizioni che rendono possibili il benessere; infatti col decrescere della popolazione attiva (quella che lavora e produce il PIL) conseguentemente decrescono le fonti di futura contribuzione vincolate al pagamento delle pensioni, delle indennità di disoccupazione, assegni familiari  etc.
In pratica gli italiani mettendo in vita  pochi figli stanno creando le premesse per cui fra qualche decennio non ci saranno contribuenti sufficienti per pagare tutte le pensioni (e non solo queste)  della popolazione sempre più invecchiata.

Gli economisti -sostanzialmente- calcolano che più diventiamo ricchi più creiamo le condizioni di un futuro crak. L'aumento dell'1% del PIL nazionale (e di quello per abitante) riduce la fertilità di mezzo punto percentuale.

Chissà se qualcuno dei nostri lettori avrà riflettuto sul perchè i governi dell'Europa (quelli democratici, non certo quelli alla Salvini) -pur senza farlo sapere o comunque senza gridarlo- sono propensi ad accogliere manodopera immigrata, specialmente se possiede livelli culturali elevati. Essa dopo qualche anno di formazione e ambientazione entrerà nel sistema produttivo della Germania, della Svezia etc e pagherà "contributi sociali" utili per consentire l'erogazione delle pensioni ai Tedeschi, agli Svedesi etc. 

giovedì 22 settembre 2016

La pensione degli italiani. Conseguirla non è facile (come quando la si otteneva con 15 anni di contribuzione)

La pensione anticipata Ape

Il sistema pensionistico -già stravolto dalla riforma Fornero- dovrebbe subire dei ritocchi mediante l'anticipo pensionistico -Ape- e con altre misure ancora.
    L’Ape introdurrà la possibilità di poter accedere alla pensione anticipata a 63 anni a decorrere dal 2017 per i lavoratori nati tra il 1951 e il 1953 e nel 2018 per i nati tra il 1952 e il 1955. 
    Un anticipo fino a 3 anni e sette mesi rispetto ai requisiti di vecchiaia standard che verrà introdotta, per il momento, in via sperimentale per i prossimi due anni ma sarà valida per tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi.
    L’Ape funzionerebbe come un anticipo e non come una vera e propria misura di salvaguardia: l’anticipo pensionistico dovrà essere restituito, a rate, non appena si saranno raggiunti i requisiti maturati per il pensionamento.
    Per ogni anno di anticipo richiesto, il lavoratore pagherà il 5% o il 6% dell’assegno di pensione, da restituire in 20 anni. Se si è andati in pensione 3 anni e 7 mesi prima, il massimo previsto, la quota oscillerà quindi tra il 20 e il 25%.

    Con le immagini ... ... è più facile


    La campagna di comunicazione avviata dal Ministero della Salute è davvero fuori luogo: sa di razzismo, di discriminazione (i bianchi ed ii biondi sono il meglio del mondo).

    I neri e .... sono il peggio ?.
    Che gente è quella che ci governa ?

    mercoledì 21 settembre 2016

    Rosario Livatino. "Essere credenti non serve se non si è credibili"

    Ventisei anni fa veniva assassinato Rosario Livatino, il giudice per il quale è in corso dal  19 luglio 2011 il processo di beatificazione.


    Ha dichiarato Pietro Grasso, presidente del Senato: "Livatino aveva una fede incrollabile e un altissimo senso della giustizia. 
    Diceva: 'Non vi sarà chiesto se siete stati credenti ma se siete stati credibili’. 
    Le sue parole, la sua vita, lo hanno reso un punto di riferimento ideale per tutti coloro, magistrati e non, che credono nella legalità".


    L'Occidente, il post-moderno della dimenticanza, gli altri --n. 26--

    71) L'Illuminismo ha sganciato la cultura europea dal peso dei dogmi della Chiesa, di quella romana soprattutto.
    Alla storia sacra, guidata da Dio nei suoi insondabili disegni è subentrata la storia della ragione umana.
    L'uomo occidentale organizza da solo la sua felicità, conquista la propria salvezza, domina la natura, aumenta le sue ricchezze e la sua potenza.
    La storia è stata desacralizzata, il mondo "disincantato".
    Senza più misteri impenetrabili nell'esistenza umana, il mondo ha perso il suo carattere magico, incantevole.

    72) I filosofi dei Lumi e i loro successori non sospettarono mai che un giorno sarebbero stati additati come coloro che hanno "disincantato" il mondo.
    Essi pensavano di aver liberato il mondo dall'oscurantismo, di avergli aperto le porte della ragione della conquista del progresso continuo.
    Da quel disincanto è nata l'era delle rivoluzioni, della caccia ai tiranni, della lotta contro la miseria e la fame. E' sorta la felicità "laica", la città degli uomini nel possesso della ragione. 
    Sono morti dalla Rivoluzione francese  in poi in nome della felicità laica milioni e milioni di uomini ed insorte guerre civili (in Europa e altrove) difficili da contare, ci sono state due guerre mondiali, poi la guerra fredda, prolungamento delle due guerre mondiali ed il tutto potrebbe ritenersi il prolungamento ininterrotto delle guerre di religione.

    73) L'Illuminismo ha davvero disincantato il mondo ? 
    Dal Rinascimento in poi esso però si compiace osservando il resto del mondo, quel resto del mondo che non l'ha seguito dall'uscita delle religioni.

    Economia. Nel mondo globalizzato ... la democrazia

    RIFLESSIONI INUTILI

    La globalizzazione
    Non è contestabile, nell'aspetto astratto e generale, il concetto di un mondo più unificato da ogni sorta di scambio, aperto ad ogni sorta di affari.
    Lo svincolo del capitale finanziario dalle pastoie che ne anchilosavano la prontezza dei trasferimenti da un paese all'altro non è però senza conseguenze. 
    Oggi vengono considerati ingombranti e da eliminare tutte le forme d protezione e garanzia conquistate dal mondo del lavoro dall'Ottocento al Novecento in tutto l'Occidente.
    Cosa sta veramente accadendo ?
    Quante più produzioni vengono trasferite in aree con costi di lavoro meno elevati, tanto più aumenta l'insicurezza del lavoro nelle aree avanzate dell'Occidente e tanto più si indebolisce il movimento sindacale che a tanti pare non sappia più far fronte all'erosione dei benefici salariali. Non è questione di inettitudine di Susanna Camusso rispetto al triduo Lama-Carniti-Benvenuto degli anni settanta.
    Ciò che sta avvenendo non è altro che l'acquisizione del potere discrezionale nell'organizzazione sociale  del lavoro da parte del fattore "capitale". Stanno crollando i precedenti equilibri di convivenza fra le classi sociali dell'Occidente.
    La globalizzazione sta producendo i suoi effetti (imprevisti ?). 

    Hanno detto ... ...

    GILBERTO CORBELLINI filosofo ed epistemologo 

    Viviamo, e alleviamo i giovani, in una cultura nazionale “antiempirica”, dove fatti e opinioni sono confusi prima di tutto da chi dovrebbe insegnar loro a saperli distinguere. Cercare di portare prove di quello che si dice non è costume degli intellettuali italiani, in generale.
    Siamo il paese dove è stato descritto il familismo amorale e dove l’educazione cattolica ha un forte peso in età giovanile. Inoltre i programmi scolastici e il genere di cultura umanistica propinata ai giovani, carente di letteratura e filosofia anglosassone, non aiutano a capire il funzionamento del mondo moderno.


    ETTORE LIVINI (Repubblica 19.9.16)

    Il Grande fratello dei semi si prepara a ridisegnare il futuro dell’agricoltura mondiale. Il suo mantra ideologico — basta leggere i siti dei colossi del settore — è sempre lo stesso. «Una persona su otto va a letto affamata — recita quello della Dupont — . Se vogliamo garantire cibo a tutti nel 2050 dobbiamo aiutare i contadini a rendere più produttivi i campi». Come è sotto gli occhi di tutti: le 7mila aziende sementiere attive nel 1981 sono quasi sparite. Un’ondata di fusioni e acquisizioni ha concentrato il 63% del mercato nelle mani di tre colossi (Dow-Dupont, ChemChina- Syngenta e Bayer-Monsanto). Le stesse società — guarda caso — che controllano il 75% del business di pesticidi e diserbanti in un groviglio di conflitti d’interessi in cui «l’industria è costretta a vendere i semi assieme ai prodotti agrochimici per non fare harakiri», come accusa Vincenzo Vizioli, presidente dell’Associazione italiana agricoltura biologia. Ultimo e più famoso esempio: il discusso ed efficacissimo glifosato (unico neo, è un sospetto cancerogeno) promosso in rigorosa abbinata con i semi hi-tech modificati per resistere ai suoi effetti. L’era del seme unico — dicono i critici — ha già avuto effetti devastanti: la Fao ha certificato che nel ventesimo secolo, a forza di specializzare le colture, abbiamo perso il 75% della biodiversità e che un altro terzo se ne andrà entro il 2050. Uno scotto da pagare, dice l’industria: sviluppare un seme super efficiente (e spesso transgenico) può costare 136 milioni di dollari, un nuovo pesticida può arrivare a 250 milioni. «Solo le imprese di grandi dimensioni hanno i soldi per la ricerca necessaria alle sfide del futuro — spiega Lorenzo Faregna, direttore di Agrifarma, l’organizzazione degli imprenditori di settore — E la fanno con controlli rigidissimi. In Italia, per dire, siamo monitorati da tre ministeri: Ambiente, Salute e Agricoltura».
    I risultati, assicura la European seed association, la potentissima lobby di settore, si vedono: incroci e selezioni usciti dai laboratori dei big dei semi «contano per il 74% degli aumenti di produttività in campo agricolo e hanno garantito carboidrati, proteine e oli vegetali per 100-200 milioni di persone aggiungendo 7mila euro di reddito agli agricoltori».
    Chi lavora davvero la terra la pensa in un altro modo: «Stiamo creando un oligopolio pericoloso per contadini e consumatori — dice Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti — . Il modello proposto dai big del settore, semi standardizzati e omologati assieme ai fitofarmaci, non funziona più. Le grandi aziende controllano i prezzi, ovviamente a loro uso e consumo. E vanno controcorrente in un mondo dove le coltivazioni Ogm stanno calando e dove la tendenza è rilanciare la biodiversità e ridurre, come si fa con successo in Italia, l’uso di pesticidi e diserbanti».