mercoledì 28 settembre 2016

Flash sulla nostra storia

Così era allora
In queste ore mi viene agli occhi, mi passa per la mente la figura di un curato,  quella figura di sacerdote il cui ruolo in un territorio, non costituito in parrocchia, esercita tutti i diritti e le funzioni parrocchiali e che gode dei beni di pertinenza della chiesetta assegnatagli. 
Ho pensato in buona sostanza a come Manzoni descrive lo status sociale con poche pennellate di Don Abbondio. Questi non era parroco ma curato e la chiesetta e i beni patrimoniali assegnatigli gli consentivano di avere la perpetua, di leggere romanzi, di avere una casa e di fare la passeggiata pomeridiana.
Si era allora nel seicento e in territorio lombardo.


Ho pensato -mentre continuavo a riflettere- quindi alla vita che nel cinquecento, seicento, settecento fino ai primi decenni del novecento conducevano i papàs del mio paesino, Contessa Entellina. 

In origine arrivarono -esuli- dall'Albania dove la Chiesa Ortodossa possedeva patrimoni terrieri con cui consentire di che vivere in discrete condizioni ai numerosi monaci dei monasteri e ai papàs dei centri abitati.
In Sicilia a concordare i termini degli accordi feudali con i Cardona furono i papàs; essi sapevano leggere e scrivere, avevano famiglia ed erano persone pratiche seppure spirituali e ricche di fede cristiana. Sotto l'Impero Romano d'Oriente, un pò prima che i turchi imponessero le loro regole di vita, essi -i papàs- appartenevano a fasce di popolazione benestanti; sposarsi e divenire papàs era ammirevole e si era tenuti in grande considerazione dal resto della popolazione.
In Sicilia la popolazione arbëresh continuò a stimarli e ad affidarsi alla loro leadership per secoli.
La Chiesa ottenne dei benefici in termini patrimoniali sia dai Cardona che dai Gioeni e poi dai Colonna, ma via via che trascorreva il tempo la figura del parroco predominò sul resto dei papàs e rimase solo lui il vero beneficiato.
E' utile tenere presente che dal cinquecento fino ai primi del novecento i papàs locali erano più che numerosi: erano decine e decine, fino a trenta/quaranta nel settecento. Furono secoli di papàs contadini. Era il tempo in cui l'oscurantismo e l'ottusità della chiesa romana premeva per l'omologazione e furono i papàs contadini che continuarono a tenere viva la fede e lo status delle origini. Lavorare i campi con le proprie mani e ritrovarsi alle 17 di ogni giorno a cantare i vespri in Chiesa non era incompatibile. Celebrare tutti insieme la Liturgia domenicale era il modo di vivere la comunione cristiana. 

I papàs, fuggendo
dall'Albania, rifiutando
nei secoli
l'omologazione
tentata dai
ricchi romani, hanno
sempre immaginato
che la speranza
vale più ...
In quei secoli i papàs non avevano un tenore di vita differente dal resto della popolazione; ci fu chi dal settecento cominciò a fare l'insegnante, chi l'impiegato presso la Signoria feudale, chi l'archivista presso gli uffici dell'Uniiversità (=il Comune) ma le varie decine di papàs vissero col sudore delle proprie mani. Godettero, bisogna dirlo, per secoli, dell'esenzione su quella che con diverse denominazioni fu la tassa sul macinato: fu cosi per tutto il clero sia nel Regno di Sicilia che poi nel Regno delle Due Sicilie.
Completiamo qui la riflessione che potrebbe durare fino ai nostri giorni. 
Nel contesto tratteggiato molto sommariamente vale, e come se vale, il titolo in grassetto ripreso da un carteggio:
 "I papàs da oltre cinque secoli, sposati o celibi, sono dei volontari per Cristo e per il Vangelo, non sono delle reclute di leva".

Per concludere:
Vale ancora questo titolo ?  andrebbe corretto ?

Nessun commento:

Posta un commento