giovedì 29 settembre 2016

Piana degli Albanesi. E' in corso la latinizzazione dell'eparchia

VALUTAZIONI CHE SAREBBE BENE SOTTOPORRE ALL'ATTENZIONE DEL PAPA

Cosa riteniamo sia urgente fare:
--il ripensamento immediato dei recenti trasferimenti generalizzati dei papàs.
In esso nessuno scorge l'ordinaria mobilità di clero. Esso riguarda esclusivamente il clero greco ed un solo sacerdote "romano", che peraltro viene lasciato a riposo in ambito diocesano pur essendo cinquantenne con l'onere di celebrare la messa a poche unità di suore.
Tornando ai primi, appare piu' che evidente che il "trasferimento" quasi generalizzato di tutto il clero greco da una localita' all'altra determinerebbe lo sconvolgimento profondo dell'organismo ecclesiastico e con esso la progressiva estinzione dei depositari e diretti testimoni della vita e della prassi istituzionale in sede locale della nostra Chiesa.
La generale atomizzazione della vita ecclesiastica di rito bizantino segnerebbe di fatto l'interruzione di procedure e consuetudini locali e aprirebbe un periodo in cui la prassi istituzionale assumerebbe caratteri d'emergenza adattandosi alle diverse situazioni e al loro evolversi.

--la riammissione in termini adeguatamente rappresentativi del clero greco nella direzione degli uffici di Curia, oggi pieni di vicari e vicarietti (sono più i vicari che i sacerdoti romani, viene da dire)
La Curia e' e deve restare la Curia di una Eparchia chiamata a pensare e diffondere cultura cristiano-bizantina. Deve riprendere a editare pubblicazioni e testi in chiave di cristianesimo bizantino. 

--Riconoscimento  della Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi nella sua specifica identità, evitandone presentazioni riduttive o distorte.
Ne consegue che anche il lessico assume rilievo non secondario.

La presenza nei documenti episcopali di terminologia tipica del rito romano (p.e. l'uso di reverendo rivolto ai papàs) o l'uso di formulari romani per benedire l'inizio dell'anno scolastico diventano  motivo di rammarico per tutti i fedeli.

Sarebbe  oltremodo opportuno che il Vescovo anche nei suoi mezzi di comunicazione, facesse quindi propria la sorvegliata terminologia, motivata non da convenienze di galateo, ma da ragioni ecclesiologiche di fondo: il riconoscimento della precisa identità istituzionale della Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi.


--La Chiesa italo-albanese di Piana degli Albanesi deve poter contare su un ordinamento canonico stabile e coerente alla sua natura di Eparchia. In ogni caso le discipline che valgono per i prelati latini devono valere per quelli bizantini.
Va pertanto caldamente raccomandato alla Congregazione delle Chiese Orientali di evitare modifiche -con letterine inconsistenti di 5 righe a firma dei suoi burocrati-funzionari- di modificare i deliberati dell'ancora recente Sinodo di Grottaferrata -deliberati avallati da Sua Santità il Papa- col solo fine di soddisfare quelli che ai fedeli dell'Eparchia appaiono capricci per il gusto di voler umiliare la Chiesa (non il rito semplicemente) italo-albanese di Sicilia. 

Le modifiche o deroghe su "come si svolge il ruolo dell'Eparca" in ogni caso non vanno fatte all'indomani (uno o due mesi) dall'insediamento di un Vescovo latino, che arriva dall'America, inizia a fare sfoggio di paramenti tridentini e a mostrare dal primo giorno disaggio per quelli bizantini. 
La letterina in sanatoria, in luogo della sanzione disciplinare, la dice davvero lunga su quanto venga tenuta in considerazione la Chiesa italo-albanese da quei burocrati. 
Con chi si è consultata la Congregazione ? Che tipo di istruttoria ha compiuta per alterare/derogare agli atti sinodali ? Quali itinerari ha seguito per  derogare ai deliberati con un pezzo di carta di cinque righe ?
Come mai al Cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires ove insistono parrocchie melkite, non gli fu mai mandata una letterina di cinque righe perchè celebrasse in rito bizantino nelle chiese melkite ?

--Porre fine alla latinizzazione strisciante del territorio eparchiale.
Le Congregazioni religiose operanti sul territorio eparchiale (oggi non riconosciute) devono affiancarsi alla natura bizantina dell'Eparchia, assumendone il rito e inserendosi nella sua azione pastorale in chiave cristiano-bizantina. 
Azione pastorale -peraltro- ad un anno dell'insediamento episcopale avvolta nelle nebbie.


Andrebbe ricordato quanto, in proposito al rito ambrosiano, nel 1577 scrisse in una sua lettera san Carlo Borromeo, impegnato nella restaurazione della propria Chiesa di Milano (di rito ambrosiano) dopo le devastazioni della peste: 
"Tengo più speranza che prima, che i padri di S. Girolamo vengano qui, hora che qul città sta nel pericolo che è; ma a nissun modo consentirei alla condizione d'officiare alla romana, se non per quattro ovvero sei mesi" ».
Il vescovo di Piana al pari del vescovo di Milano deve esigere che le Congregazioni del territorio eparchiale assumano il rito bizantino.

(NOTA: Spunti su quanto sopra sono ripresi da quant accaduto a chiese cattoliche-bizantine nei Balcani).

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